Domanda: il Mezzogiorno è davvero “una risorsa per il Paese”, come spesso si ripete in ogni occasione in cui si parli di sviluppo economico e di rilancio del sistema Paese? Il sudonline ha girato a Srm, uno dei più autorevoli osservatori sul Mezzogiorno e l’area mediterranea. Ne è nata una conversazione di grande interesse per tutti coloro che hanno a cuore le sorti di un terzo del territorio italiano e della sua popolazione e, al tempo stesso, auspicano che esso diventi uno dei motori di crescita per l’Italia e per l’Europa. Dall’intervista concessa dai Responsabili delle aree Ricerca di Srm Silvio Capasso e Alessandro Panaro emerge una certezza sulle altre: “Il Mezzogiorno non è, non è più un deserto industriale spesso dipinto a tinte fosche…”.
Lo sviluppo stabile del Mezzogiorno è la condizione indispensabile per il rilancio dell’economia nazionale. Non è difficile trovare accordo su questo assunto. Ma come si può raggiungere l’obiettivo di ridurre il divario tra Sud e resto d’Italia.
In questa particolare fase storica, la possibilità che il Mezzogiorno contribuisca alla crescita del paese passa per varie condizioni. In primis un rafforzamento della struttura imprenditoriale, passando poi per una maggiore efficienza della componente pubblica della nostra economia. Oggi la priorità del Mezzogiorno è sostenere l’occupazione perché questa è l’unica via per aumentare quantità e qualità della domanda interna, frenare l’esodo dei cervelli, rigenerare il tessuto economico e sociale creando opportunità di sviluppo. L’occupazione può essere sostenuta con una seria politica di turnover nella pubblica amministrazione, favorendo l’ingresso di giovani qualificati e digitalizzati in sostituzione di personale vicino all’età pensionistica e poco qualificato.
Ma alla componente pubblica deve affiancarsi quella privata, non è così?
A causadegli evidenti limiti che ha il bilancio pubblico, l’unico vero motore occupazionale è e resta l’impresa privata. Si sostiene l’occupazione se si individuano le priorità politiche su cui puntare per rilanciare l’economia del Mezzogiorno e con essa quella Italiana con politiche integrate a livello nazionale, regionale e locale.
Qualè lo stato dell’arte dell’economia meridionale? Più in particolare, quale è l’impatto della crisi sul tessuto imprenditoriale?
Partiamo da un assunto fondamentale: Il Sud non è quel deserto industriale spesso dipinto a tinte fosche. Ha al suo interno forze imprenditoriali ed umane che possono dare la svolta, se messe in condizione di agire e supportate in modo efficace. Volendo soffermarsi solo sull’aspetto manifatturiero (non tralasciando per questo gli altri settori economici e produttivi rilevanti, quali l’edilizia, i trasporti oppure la forza potenziale che può essere espressa dal Turismo e dal variegato mondo dei servizi), la perdita di potenziale produttivo accumulata con la crisi è stata indubbiamente rilevante ma c’è ancora molto, più di quanto si pensi.
Quali sono i settori a vostro avviso più vivaci e reattivi?
Automotive, Aerospazio, Agro-alimentare, Abbigliamento Moda, Bio farmaceutico assumono una rilevanza sia per il peso economico sull’economia interna sia per il contributo al sistema economico nazionale ed internazionale, sia per l’elevato effetto indotto.Le esportazioni dei tali settori nel Mezzogiorno pesano il 57,9% sul manifatturiero (no oil), valore superiore al dato nazionale (35,7%). Sono anzitutto queste le arre produttive in cui il Sud dimostra di saper produrre, innovare ed esportare,
E’da essi che bisogna partire anche per accogliere il nuovo paradigma competitivo dettato dal piano Industria 4.0?
Occorre quindi sostenere l’industria nel Mezzogiorno puntando gli interventi sulle 4 A + Pharma e sulla loro integrazione con le rispettive filiere produttive nazionali. Così facendo si riesce a veicolare I4.0 anche al Sud consentendo l’emersione del vero valore di questa importante area del Paese.
Industria e tecnologia, riqualificazione urbana ed efficienza energetica sono solo alcuni possibili asset di investimento: quali le priorità? Su quali interventi è bene concentrare le risorse?
Inizieremmo citando l’importanza del settore manifatturiero meridionale che poggia sull’attrattività internazionale dei suoi prodotti di eccellenza. L’importanza di tali comparti si misura anche dal fatto che questi sono aree in cui tecnologia, tradizione e sostenibilità rappresentano elementi centrali per la loro competitività e pertanto settori che aiutano il Paese ed il Mezzogiorno a crescere anche sotto gli aspetti di innovazione e efficienza. Inoltre essi sono fortemente integrati ed interdipendenti all’interno delle proprie filiere nazionali e pertanto investire in essi genera per il territorio e per tutto il Paese un effetto moltiplicativo molto interessante.
Investire nel Mezzogiorno: ne vale la pena?
In un recente studio SRM rileva che per ogni 100 euro di investimenti effettuati nel settore manifatturiero del Mezzogiorno, si verifica un “effetto dispersione” a beneficio del Centro Nord pari a 58 euro. Mentre, la domanda endogena è pari a 42€. Ciò significa che c’è un’interconnessione forte tra l’economia del Nord e quella del Sud ma significa anche il fatto – politicamente molto rilevante – che investire nel Sud produce un beneficio diretto anche nelle regioni del Centro-Nord. Questo aspetto, poco noto, dovrebbe essere oggetto di maggiori attenzioni.
Cosa dire a proposito del sistema di collegamenti? Se fosse più efficiente darebbe al Mezzogiorno gli strumenti per avvicinare il Sud all’Europa e superare così una visione di sviluppo localistica?
Senza dubbio occorre puntare sulle infrastrutture marittime, asset imprescindibile. Basti pensare che i 12 porti presenti nel Mezzogiorno gestiscono il 45,4% del traffico dell’intero paese. Il trasporto marittimo si conferma la principale modalità di scambio con una quota di circa il 60% rispetto alle altre tipologie di trasporto (superiore al dato nazionale). In termini assoluti, il valore dell’import-export marittimo del Mezzogiorno nei primi 9 mesi del 2016 è stato di 32,5 miliardi di euro, pari al 20,4% del dato italiano. Anche in termini produttivi il vantaggio del Mezzogiorno è evidente; il valore aggiunto prodotto dalle attività dell’economia del mare (14 miliardi di euro), assorbe 1/3 dell’Italia nel suo complesso (42,6 miliardi).
Quali misure adottare per far crescere il capitale umano di qualità? Quale il ruolo del sistema formativo ed universitario? Come implementare una connessione feconda tra accademia, centri di ricerca e aziende?
Parleremmo piuttosto di come sviluppare le competenze dei giovani. L’autoimprenditorialità è una strada che continua ad attirare la popolazione giovanile andando a riempire una parte di quel vuoto economico e sociale generato dagli elevati livelli di disoccupazione giovanile. I dati mostrano come oltre il 40% delle imprese costituite da giovani sotto i 35 anni sia basata nel Mezzogiorno.Inoltre nel Sudsi contano 1.592 start up innovative (quasi un quarto del totale nazionale) in crescita del 35,5% rispetto all’anno precedente. Campania, Sicilia e Puglia sono le regioni con il maggior numero rappresentando, nell’insieme, il 63,3% del totale della macro area.
Qual è il punto critico da superare?
Il punto di debolezza è però dato dalla scarsità di collegamenti con il mondo universitario e della ricerca applicata in generale. Occorre mettere in campo capacità e risorse per sviluppare il nuovo paradigma competitivo legato all’innovazione, al networking ed alla internazionalizzazione delle attività, elementi che nonostante le maggiori difficoltà, i giovani imprenditori si stanno impegnando ad acquisire. Tuttavia ciò non è ancora sufficiente. E’ necessario creare un efficiente sistema di accompagnamento del nostro sistema Paese e del Mezzogiorno in particolare (economico, imprenditoriale, pubblico ecc.) che consenta di valorizzare al meglio le proprie qualità e le competenze dei giovani imprenditori.
Giustizia, lotta alla criminalità e difesa dei diritti: quali gli strumenti per creare impatti sociali positivi e generare sinergie efficaci tra impresa, istituzioni e territorio? Come evitare l’effetto scoraggiamento e rassegnazione?
L’Efficienza della Giustizia e l’impatto sul contesto economico ed imprenditoriale rappresenta un tema centrale per lo sviluppo del paese e del Mezzogiorno. Peraltro in SRM da più di quattro anno seguiamo questo specifico tema dedicando ogni anno un numero monografico della storica Rassegna Economica del Banco di Napoli.
Come impatta l’efficienza della Giustizia impatta sul sistema economico?
Appare evidente che la presenza di corruzione, di illegalità e di malfunzionamenti nel sano processo competitivo, sono elementi che minano la forza produttiva di un territorio e ne inibiscono la crescita favorendo l’inaridimento imprenditoriale, limitando di fatto il nascere di nuova imprenditorialità e quindi di nuove prospettive per il futuro stesso dei nostri giovani.Corruzione e illegalità quasi sempre si traducono infatti in competizione sleale ai danni di chi opera correttamente sul mercato. E questo vale a maggior ragione per le aziende che operano sui mercati internazionali e si confrontano quotidianamente con la competizione globale. Sconfiggere la criminalità,la corruzione edil sommerso rappresenta la vera grande sfida che tutti noi abbiamo di fronte e che realmente può ridurre l’effetto rassegnazione e scoraggiamento che sono il vero freno per lo sviluppo imprenditoriale ed economico di un territorio.