«Nicolás I. Emperador de Venezuela». Il twitter tristemente ironico di José Guerra, deputato della Mesa de la Unidad Democrática (Mud), la grande alleanza che riunisce l’opposizione al presidente Maduro, ha suonato la sveglia così ieri mattina. L’ultima mossa del regime è di fatto una pietra tombale sul processo di dialogo auspicato dalla Chiesa cattolica: il Tribunale supremo ha esautorato l’Assemblea nazionale — il Parlamento in cui la Mud è maggioranza — assumendone tutti i poteri. «Le competenze parlamentari saranno esercitate direttamente da questa Corte o dall’organo che essa designerà, per garantire lo Stato di diritto», decreta la sentenza. Julio Borges, presidente del Parlamento dominato dall’opposizione venezuelana, strapazza i fogli della sentenza del Tribunale supremo che esautora lui e tutti i deputati dalle loro funzioni. Li lancia in aria, qualcuno ne strappa. Poi grida: «Questo è un colpo di Stato».
Ieri a Caracas l’Alta corte ha chiuso il Parlamento per “oltraggio”, avocando a sé le sue funzioni: è l’autogolpe di cui si speculava da mesi. Per il presidente Maduro, e gli altri eredi di Hugo Chávez, è anche l’ultima spiaggia per afferrarsi al potere dopo che, nelle elezioni parlamentari del dicembre dei 2015, l’opposizione ha ottenuto nelle urne la maggioranza assoluta dei seggi ,112 su 167. L’effetto immediato del provvedimento sono i pieni poteri a Maduro che adesso potrà legiferare senza alcun controllo parlamentare. L’Alta Corte del Venezuela è completamente in mano al partito di Maduro, il Psuv fondato da Chávez, e in questi mesi di violento scontro istituzionale fra presidente e Parlamento ha sempre dato ragione al primo. Ma quello di ieri è, per ora, l’atto finale di una drammatica crisi, sociale e istituzionale, che ha come sfondo l’emergenza economica e la carestia che attraversano un Paese, in altri tempi molto ricco grazie al petrolio, ma ormai sull’orlo della bancarotta. Ii Venezuela “saudita” degli anni Settanta e Ottanta del secolo scorso, quello nel quale arrivarono anche migliaia di migranti italiani in cerca di fortuna, non è altro che un pallido ricordo. Oggi, in uno Stato alla fame, l’unico obiettivo di Nicolás Maduro, ex sindacalista ed ex tranviere, scelto da Hugo Chávez per succedergli poco prima di morire nel marzo del 2013, è quello di impedire che si possa tornare alle urne.