Politica interna
Nuova segreteria Pd e “nuovo” Prodi. «Prima il Paese, poi il partito»: Matteo Renzi ha bloccato tutte le iniziative del Pd previste per oggi. Niente segreteria («Saremmo ridicoli se ci occupassimo delle nostre cose in questo momento») e niente banchetti per l’avvio della «campagna d’ascolto». I circoli del Pd sono stati mobilitati per aiutare le popolazioni in difficoltà dopo il terremoto: «Andiamo lì dove c’è il disagio vero e prendiamo anche i fischi, chi se ne importa» è stato il monito del segretario. Renzi farà la sua rentrée sabato 28 alla manifestazione degli amministratori locali del Pd e la settimana prossima si occuperà della segreteria, ma per ora tutto è bloccato. La segreteria, comunque, non è stata ancora definita nei minimi dettagli. Le caselle principali sono state già assegnate (Lorenzo Guerini vicesegretario, Tommaso Nannicini coordinatore del programma, Andrea Rossi responsabile dell’organizzazione), però mancano gli ultimi tasselli, perché le correnti di maggioranza incombono. (…) «Ciao Presidente, benvenuto!», lo abbraccia Paolo Gentiloni ricevendolo a Palazzo Chigi. «Lanceremo un nuovo Romano», si sbilancia la minoranza del Pd. Il Professore torna a unire l’inconciliabile, visto che piace a chi governa nel solco del renzismo e pure a chi combatte il leader di Rignano. La ferita dei 101 sanguina ancora, ma forse inizia a cicatrizzarsi. «Guardate che due o tre nomi per il nuovo Prodi li abbiamo individuati per davvero – ripete agli amici Roberto Speranza – e li tireremo fuori al momento giusto». Ne circolano parecchi, in effetti. Per fare concorrenza ai grillini si punta su Michele Emiliano, mentre inseguendo un profilo istituzionale si pensa a Enrico Letta.
Consulta divisa sull’Italicum. “I due fronti. I ‘govemativi’ orientati a eliminare solo il secondo turno, i ‘falchi’ pronti a smontare l’impianto per puntare a una nuova riforma in Aula. Sentenza il 24 gennaio”. Governativi contro falchi. I primi pronti a dichiarare incostituzionale solo il ballottaggio, i secondi intenzionati a “ferire” l’Italicum molto più in profondità. La legge elettorale per la sola Camera voluta dal governo arriva alla Corte costituzionale martedì 24 gennaio e anche stavolta gli alti giudici sembrano destinati a dividersi, proprio com’è accaduto dieci giorni fa per il referendum sull’articolo 18. All’appuntamento più atteso dalla politica, e che segnerà la sorte della legislatura, saranno presenti solo 13 dei 15 giudici in organico. Proprio com’è avvenuto per il Jobs Act. L’intenzione del presidente della Consulta Paolo Grossi e dei suoi vice Marta Cartabia, Giorgio Lattanzi e Aldo Carosi è di chiudere la partita dell’Italicum martedì stesso. (…) Sulla legge elettorale, così il presidente del Senato, Pietro Grasso: “Al proporzionale servono leader non inclini agli strappi”. <La vita del governo Gentiloni non è legata solo alla riforma del sistema elettorale. E come presidente del Senato mi debbo augurare che la legislatura duri fino al 2018. Gentiloni ha il compito di ricucire il Paese>. Grasso ha poi speigato che <si potrebbe in poco tempo rendere omogenea la base elettorale delle due Camere, concedendo anche ai diciottenni il voto per il Senato, in modo da ridurre il rischio di maggioranze diverse tra le Camere>.
Economia e finanza
Gentiloni: «Situazione eccezionale, la Ue capirà»/Imprese, semplificazione sulla carta. Per l’emergenza immediata, 30 milioni. In previsione, ma d’intesa con l’Unione europea, «altri miliardi» per la ricostruzione oltre «i quattro già stanziati». Paolo Gentiloni convoca il Consiglio dei ministri: ieri ha esteso gli effetti della dichiarazione dello stato di emergenza del 25 agosto 2016. L’atto approvato ieri rende valide tutte le ordinanze firmate dal capo della Protezionecivile, Francesco Curcio, anche per i nuovi territori colpiti dall’ultimo terremoto e per le zone devastate dall’emergenza maltempo. La definizione spetterà a Curcio d’intesa con le Regioni interessate. Ma la partita più grossa è quella degli stanziamenti. «Abbiamo fatto l’urgentissimo» ha spiegato Gentiloni, «soprattutto per la pulizia delle strade. Ma sono convinto che l’Europa capirà l’eccezionalità della situazione». «Tutte le richieste delle Regioni saranno esaudite» assicura il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Anna Finocchiaro. (…) “Varate le ordinanze per ripartire ma sono in ritardo uffici sul territorio e piattaforme web”. Si chiamano “uffici speciali per la ricostruzione”, ma di speciale finora hanno ben poco. In qualche caso non si possono neanche chiamare uffici, perché non sono strutturati o non esistono proprio. Quelli che esistono – formalmente – non hanno ancora raggiunto la “dotazione organica” già individuata; in metà dei casi non è stato neanche nominato il responsabile. C’è poi il caso limite dell’Abruzzo, dove l’ufficio speciale è ancora tutto da avviare. L’ufficio speciale della ricostruzione – da attivare in ciascuna delle regioni colpite dal terremoto (Abruzzo, Marche, Lazio e Umbria) – è il front office indispensabile per la ricostruzione privata. Cioè per tutti coloro che hanno necessità di riparare danni, lievi o gravi, a case, capannoni, aziende agricole, hotel, uffici; oppure intendono delocalizzare l’attività produttiva, ricostituire scorte, comprare macchinari.
Deficit, Dombrovskis chiede impegni vincolanti/Ombudsman Ue, faro su Draghi. Più che sulle misure per correggere conti, la Commissione Ue e il Tesoro stanno negoziando in queste ore qualcosa che risulta loro anche più arduo: un accordo su come rendere noti gli impegni in proposito. Bruxelles chiede che l’annuncio sia così chiaro e preciso che il governo italiano non possa permettersi di lasciarlo cadere tra qualche mese. Più che la qualità della manovra, Il carattere immediato e vincolante dell’intervento sul bilancio è ciò che oggi sembra dominare i colloqui almeno con i negoziatori europei. E’ possibile che questa piega nei rapporti fra Roma e Bruxelles sia il prodotto di un residuo persistente di scetticismo e sfiducia reciproca. Di certo in questo momento Valdis Dombrovskis, vicepresidente della Commissione Ue incaricato per l’euro, appare concentrato soprattutto su un obiettivo politico: ottenere certezze dall’Italia subito, anche se l’esecuzione della manovra di bilancio potrà poi arrivare nei prossimi mesi. La lettera che la Commissione Ue ha inviato a Pier Carlo Padoan, il ministro dell’Economia, chiede una riduzione del deficit per il 2017 da 3,4 miliardi (0,2% del reddito nazionale) e indica la scadenza di fine mese per assumere impegni a questo scopo. (…) L’Ombudsman dell’Unione europea, l’organo che vigila sull’etica delle istituzioni europee, ha aperto un’indagine sull’appartenenza del presidente della Banca centrale europea, Mario Draghi, al Gruppo dei Trenta, un foro di discussione di temi economici internazionali di cui fanno parte altri banchieri centrali e alcuni ex policy makers oggi attivi nel settore finanziario privato. Un paio di queste istituzioni finanziarie ricadono, dal 2014, sotto la vigilanza della Bce. L’ufficio dell’Ombudsman ha deciso di aprire un’altra indagine – su richiesta della stessa organizzazione, Corporate Europe Observatory, che aveva promosso l’inchiesta precedente – sulla base del cambiamento delle responsabilità della Bce sulle banche
Politica estera
Trump: «Compra e assumi americano». Dicono che l’abbia scritto di proprio pugno, anche se avrebbe consultato precedenti illustri quali Ronald Reagan. C’è da credere alla prima affermazione. Qualunque traccia di ottimismo reaganiano, se c’era, è rimasta sulla carta. Dai microfoni è risuonata invece un’invettiva economica e sociale ispirata apertamente all’American First, l’America prima di tutto, e forse tra le righe all’America contro tutti. Una promessa di rivalsa del cuore del Paese contro chi l’avrebbe fermato, impoverito e dimenticato – un asse del male che comprende l’élite di Washington come imprese traditrici e Paesi esteri – al posto di appelli o progetti per superare divisioni, ferite e sperequazioni. Donald Trump spende pochi secondi per ringraziare «il presidente Obama e Michelle per il loro prezioso aiuto in questa transizione». Ma poi strattona «l’establishment» di Washington, senza distinguere tra democratici e repubblicani. Ci sono tutti gli slogan della campagna elettorale: «America First», l’America prima di ogni cosa e, naturalmente, «Make America Great Again». Nel discorso sottolinea: «Oggi non si celebra il passaggio di poteri da un presidente all’altro; ma il passaggio di poteri da Washington al popolo». Scandisce: «Per troppo tempo i politici hanno prosperato, mentre la gente soffriva per mancanza di lavoro e le fabbriche chiudevano. I politici fiorivano e le famiglie lottavano per avere lavoro, scuole decenti. La ricchezza della classe media veniva rubata e distribuita in altri posti del mondo. Questo “massacro americano” finisce qui».
Tajani, nuova garanzia per l’Italia. Per cinque anni è stato il capro espiatorio di tutti i nostri mali e delle tante debolezze che continuano a perseguitarci nel vecchio continente. Martin Schulz, il socialdemocratico tedesco considerato alleato della Merkel (ma adesso diventa il suo avversario principale nella corsa elettorale in Germania) ci ha lasciato un grosso vuoto. Da presidente dell’Europarlamento era infatti diventato per noi una specie di parafulmine. A parte Juncker, con chi ce la potremo adesso prendere quando dovremo inveire contro gli eurocrati di Bruxelles e di Strasburgo? Non certo con il suo successore, l’italianissimo Antonio Tajani, che avrà sempre un occhio di riguardo per il Belpaese: non è un caso che il primo pensiero del «romano de Roma» è stato quello di programmare una visita ad Amatrice e dintorni dopo le nuove scosse sismiche di mercoledì. L’elezione di Tajani dimostra il fatto che anche l’Italia. (…) Dopo Draghi, Tajani. Nessun altro Paese vanta in Ue una tale concentrazione di potenza. Eppure nessuno crede che questo awento muterà di un filo i destini del mondo o dell’Unione Europea. E’ proprio così: siamo padroni d’Europa, ma non contiamo niente. Siccome tanti proprio neppure lo sanno, hanno recepito la cosa come un fatto folkloristico, conviene riassumere. Da qualche giorno, Antonio Tajani è stato eletto presidente del Parlamento europeo. Non è una carica formale e rappresentativa, ma ha un peso politico enorme. Da quello scranno e da quegli uffici, Tajani e il suo staff dirigeranno il cammino legislativo e la tempistica di mozioni ed editti dei politici eletti in 28 e tra poco 27 Paesi. Quelle decisioni, in combinato disposto con la Commissione, sono state – ce lo ricordiamo bene – la causa di tanti nostri mali.