La guardia di finanza ha bloccato, su ordine del tribunale di Roma, 46 siti internet che diffondevano llegalmente film in streaming, tra cui molti titoli attualmente in prima visione. Dopo aver condotto un’attività di monitoraggio della rete, il Nucleo speciale per la radiodiffusione e l’editoria della guardia di finanza ha denunciato alla procura capitolina la diffusione illegale di opere coperte da copyright, attraverso siti internet, per lo più allocati su server esteri. Il gip Bernadette Nicotra ha emesso un apposito decreto di sequestro, eseguito in collaborazione con il Nucleo speciale frodi tecnologiche, anch’esso appartenente alle medesime Unità Speciali.
La pirateria in Italia, secondo le stime, determina ingenti danni economici per svariate centinaia di milioni di euro all’anno, nonché sul versante occupazionale con la perdita di oltre 22 mila posti di lavoro nell’ultimo triennio, con particolare riferimento alla produzione, al sistema distributivo, alle sale cinema, ai “creativi” ed agli artisti, anche italiani che, con il loro impegno, hanno consentito all’Italia di ottenere eccezionali riconoscimenti internazionali in questo primario settore della cultura, costringendo il sistema pubblico a sostenerlo con ingenti finanziamenti, nazionali, regionali e dell’Unione Europa, che vengono così sottratti ad altre priorità.
L’Unione europea, che appoggia ed integra l’azione degli Stati Membri nel segmento della creazione artistica, compreso l’audiovisivo (art. 167, comma 2, Trattato sul Funzionamento dell’Unione europea), per il nuovo periodo di programmazione finanziaria 2014-2020, mette a disposizione oltre 900 milioni di euro per il settore audiovisivo e cinematografico con il programma “Europa creativa”, che sostituisce il programma “Media”. Infine, la vicenda operativa si caratterizza anche per alcuni elementi di novità rispetto al passato, tenuto conto che sono in corso di approfondimento le posizioni di quelle aziende che hanno sostenuto, con le inserzioni pubblicitarie, l’attività dei siti pirata, provocando anche forme di concorrenza illecita con altri collaudati sistemi di pubblicità, anche tramite la rete – con conseguenze drammatiche per le ulteriori perdite di posti di lavoro – ma che rispettano principi di legalità, alla cui tutela è costantemente diretta l’attività della Guardia di finanza.