“E allora organizziamola questa cosa! Facciamola grossa e non ne parliamo piu'”. Sono le 9.30 del 16 novembre 2013 e il boss mafioso Toto’ Riina parla con il boss della Sacra Corona Unita Alberto Lo Russo durante l’ora della cosiddetta ‘socialita’ nel carcere milanese di Opera. I due parlano del pm antimafia Antonino Di Matteo, che rappresenta l’accusa nel processo per la trattativa tra Stato e mafia che vede tra gli imputati proprio il boss corleonese. Mentre Riina dice “organizziamola questa cosa”, tira fuori la mano dal cappotto e gesticolando mima il gesto di fare in fretta, come scrivono gli uomini nella Dia nell’intercettazione depositata questo pomeriggio dai pm nel processo per la trattativa. Riina dimostra di non avere paura di Di Matteo: “vedi, vedi – dice – si mette la’ davamti, mi guarda con gli occhi puntati ma a me non mi intimorisce…”. Poi sul progeto di attentato: “Questo Di Matteo non se ne vea, gli hanno rinforzato la scorta e allora, se fosse possibile, ad ucciderlo… Una esecuzione come eravamo a quel tempo a Palermo con i militari”. E parla del fallito attentato al vicequestore Rino Germana’, nel trapanese. Il poliziotto si salvo’ solo perche’ si era gettato in mare mentre il boss Bagarella gli sparava.
Riina ricorda quindi l’attentato al vicequestore Germana’, avvenuto il 14 settembre del 1992, pochi mesi dopo le stragi di Capaci e di via D’Amelio e della presenza della scorta: “Partivamo la mattina da Palermo a Mazara. C’erano i soldati poverini a fila indiana q eual tempo… Era pomeriggio, tutti i giorni andare e venire, da Mazara, A chi hanno fatto spaventare, a nessuno, che poi quello si e’ buttato a mare. Loro facevano avanti a indietro e glil’hanno fatta la’ a Germana'”.