Antonio Troise –
Ci risiamo: ancora una volta è l’economia il banco di prova del governo Renzi, l’unico fronte dove non può commettere errori. Con un Paese in ginocchio dopo cinque anni di recessione che hanno bruciato 9 punti di Pil e 135 miliardi di ricavi aggregati (oltre a centinaia di migliaia di posti di lavoro), è davvero difficile pensare di poter navigare a vista. Non a caso, il premier incaricato, ha già annunciato una serrata tabella di marcia che prevede una riforma al mese per ridare ossigeno al Paese: a marzo il lavoro, poi la burocrazia e, infine, a maggio, il fisco. Al momento, però, sono solo scatole vuote che hanno bisogno di due elementi per essere riempite: un programma condiviso dalla maggioranza e, soprattutto, un ministro dell’Economia in grado di realizzarlo.
Renzi, nelle difficili trattative per la nascita del suo primo governo, non ha mai nascosto l’idea di una discontinuità con il recente passato, puntando su un “politico” dopo tre ministri “tecnici” consecutivi graditi a Bruxelles e, ancora più, alla Bce. Fra i nomi che circolano, c’è quello di un renziano della prima ora, l’attuale responsabile del dicastero degli Affari Regionali, Graziano del Rio. Per carità, nessun pregiudizio: si tratta di una strada legittima per un premier che ha sostituito il suo predecessore, Enrico Letta, proprio per imprimere un cambio di passo al Paese, sgombrando il campo da quella patina di anti-europeismo che la lunga stagione del rigore ha ormai steso sull’opinione pubblica. Non dimentichiamo che, fra poche settimane, i cittadini saranno impegnati nell’elezione del nuovo Parlamento di Strasburgo, con il rischio concreto che possa prevalere il partito trasversale anti-moneta unica.
Ma l’arrivo di un politico in via Venti Settembre dovrà sicuramente fare i conti con due fattori non secondari. Primo, il rispetto di quel vincolo del 3% che, al momento, appare difficile da rispettare vista la debole performance della ripresa economica. Secondo, le valutazioni dei mercati, pronti a punire l’Italia nel caso in cui deviasse dalla strada dei risanamento. Da questo punto di vista, l’arrivo in via Venti Settembre del quarto ministro tecnico, che si chiami Reichlin, Padoan, Bini Smaghi o Visco, potrebbe sicuramente tranquillizzare Bruxelles e Francoforte.
Eppure, è proprio nel difficile equilibrio fra rigore o crescita che Renzi deve giocare la sua partita più difficile. Sapendo fin da subito che il tempo è scaduto. Il ministro, tecnico o politico che sia, dovrà rispettare due caratteristiche: essere credibile a livello internazionale ma, soprattutto, avere la forza per attuare quelle riforme non solo necessarie per restare in Europa ma anche per imboccare il sentiero della crescita.
Fonte: L’Arena, il Giornale di Vicenza