Lucia De Sanctis
Vincenzo Musacchio, docente di diritto penale presso la Scuola di Formazione della Conf.sa di Roma e direttore della Scuola di Legalità “don Peppe Diana” a Roma ed in Molise, risponde alle nostre domande sull’attuale situazione italiana e sui suoi effetti nella società civile.
Professor Musacchio cosa sta accadendo nel nostro Paese in questi giorni?
Il capitolo più preoccupante, e penso lei si riferisca a questo, è la legge elettorale. Siamo di fronte a fatti davvero incredibili. Di tutte le leggi possibili ed immaginabili, la legge elettorale è quella che più appartiene ai cittadini e meno ai loro rappresentanti. Sono esterrefatto dalla sfrontatezza, con cui è trattata questa materia delicatissima per gli equilibri democratici di una Nazione. Sembra sia un settore di esclusiva pertinenza del Governo, invece, non lo è affatto. La legge elettorale appartiene a noi cittadini. Il modo in cui si agisce in questi giorni fa pensare a tristi presagi. Spero, ovviamente, non sia così.
E’ un’intimazione al sistema parlamentare?
I nostri padri costituenti hanno conosciuto il fascismo, pertanto, la Costituzione ha perseguito un equilibrio tra autonomia del Parlamento e compiti del Governo, aggiungendo l’elemento che i totalitarismi avevano disprezzato e deriso: la libertà. Questo è un punto molto importante. Una società equilibrata e realmente democratica vive di ideali, di progetti e di speranze comuni evitando di creare una frattura fra ricchi e poveri. Le libertà fondamentali contenute nella Carta Costituzionale sono un fattore aggregante. L’elemento essenziale per la vita sociale è che queste libertà non siamo mai messe in secondo piano. La nostra Costituzione, ma anche Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo, ha perseguito questo obiettivo. Allontanarsi da quest’ultimo è sempre un rischio.
La nostra Costituzione non è mai stata così impopolare presso la nostra classe politica quanto in quest’ultimo periodo, come mai?
Purtroppo non siamo di fronte ad un fenomeno un solo italiano. Quello che accade da noi è soltanto un effetto di ciò che sta succedendo nel resto del pianeta. La grave crisi economica che stiamo vivendo ha evidenziato un dato finora occulto: la supremazia assoluta della finanza. Questo ha fatto in modo che lo Stato si trasformasse nel tempo in una impresa commerciale che, in caso di difficoltà, può essere commissariato o addirittura completamente gestito da un curatore fallimentare. Stiamo vivendo sotto il dominio, ormai non più tanto velato, della grande finanza mondiale che gestisce in buona parte anche la politica. Assistiamo ovunque ormai a Governi che gestiscono i Parlamenti e uomini di finanza messi nei posti-chiave dove rappresentano gli interessi del mondo finanziario. La Politica – quella vera – ha perso il suo primato.
Il popolo può fare qualcosa in questa situazione?
Le elezioni ormai non cambiano nulla e servono semmai solo a promuovere avvicendamenti di persone. Viviamo un immobilismo spaventoso. Le riforme servono ormai solo a pochi eletti. Il nuovo sistema elettorale, ci darà l’elezione dei nominati dai segretari dei partiti ove non vige più neanche il dibattito e la democrazia. Non parliamo poi della corruzione e della profonda crisi della giustizia. Il popolo è totalmente esautorato della sue prerogative costituzionali, quindi, o si ribella realmente o subirà come ha sempre fatto in questi ultimi anni.
Ma allora non c’è speranza? Non si può fare più nulla?
Un rinnovamento epocale, che dovrebbe spronare un dibattito sui principi fondamentali della democrazia e una presa di posizione da parte di ciascuno di noi, soprattutto da parte di chi subirà questi effetti deleteri: i giovani. Non vedo in giro persone che occupano posti di responsabilità che si pongano la domanda fondamentale: stiamo agendo per il bene comune?
Che ruolo in tutto questo può avere il terzo potere dello Stato: la magistratura?
Innanzitutto partirei dal presupposto che la magistratura non sia un potere ma una funzione. Premesso questo, direi che anche in questo settore, i problemi sono tanti e noti: lunghezza dei processi che si trasformano in pretesti per impedire che si giunga alla fine, l’abuso della prescrizione in materia penale, il correntismo della magistratura nel CSM, e tanti altri problemi soprattutto di ordine strutturale. Se si parte garantendo e fortificando le garanzie d’indipendenza dei giudizi, l’uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge, l’accesso alla giustizia da parte dei più deboli, allora, la magistratura potrà avere un ruolo determinante verso tutti i cittadini e garantire la supremazia della legalità.
Sappiamo che lei ha inviato il suo progetto di riforma sulle strategie di lotta alla corruzione al Ministro Boschi e al vice presidente della Commissione Giustizia della Camera Bonafede, ha avuto risposte?
Il Ministro non mi ha risposto. Può darsi che non meritassi attenzione. L’on. Bonafede dopo un iniziale entusiasmo non si è fatto più sentire. In compenso si è fatta sentire la Spagna che ha finanziato il progetto sulla lotta alla corruzione dell’Università di Siviglia con ben 340mila euro, nel quale c’è anche il mio progetto e per il quale in maggio mi recherò a Siviglia essendo il coordinatore del medesimo insieme alla prof.ssa Carmen Gomez Rivero.
Tornando al contesto generale, ritiene opportuno un intervento del Presidente della Repubblica ?
Onestamente si. Dopo gli allarmi e gli scontri durissimi avvenuti in Parlamento sarebbe auspicabile una sua presa di posizione. Basterebbe già che citasse semplicemente l’articolo 138 Cost. ricordando ciò che si può fare e ciò che non si può fare. In fondo il Presidente della Repubblica è il garante della Costituzione e quindi dovrebbe essere il tutore della rappresentanza democratica, della centralità del Parlamento, dell’autonomia della funzione politica e soprattutto della legalità.
Insomma alla fine cosa si può fare per tornare alla normalità?
Non sarà qualche uomo politico a poterci curare. Come abbiamo detto in precedenza, la soluzione non passerà questa volta attraverso l’istituto della delega. Affidare la fuoriuscita dalla crisi a politici vecchi in corpi giovani, o a politici dalla mente giovane e brillante in corpi stagionati, rischia di portarci nuovamente fuori strada. Dalla politica e dall’economia, dunque, non arriveranno ricette miracolose. Sono i cittadini che dovranno essere gli artefici del proprio prossimo futuro, soprattutto i giovani. Occorrerà uscire da questa narcolessia pericolosissima e riprendere le redini del proprio cammino. Come diceva Giovanni Falcone: “che le cose siano così, non vuol dire che debbano andare così. Solo che, quando si tratta di rimboccarsi le maniche e incominciare a cambiare, vi è un prezzo da pagare, ed è allora che la stragrande maggioranza preferisce lamentarsi piuttosto che fare”.