La priorità è salvare vite umane». L’Italia trova l’appoggio del segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon nella lotta ai trafficanti che, stime di Amnesty International, nei primi quattro mesi dell’anno hanno mandato a morire nel Canale di Sicilia 1.700 migranti. Un sostegno politico che potrebbe rivelarsi decisivo per l’Italia che dopo avere europeizzato la crisi in seguito alla tragedia di dieci giorni fa al largo della Libia, ora prova a internazionalizzarla per trovare le risposte più efficaci alla tragedia umanitaria nel Mediterraneo. Ban Ki-moon è volato insieme al premier Renzi e all’Alto rappresentante dell’Unione, Federica Mogherini, sulla nave San Giusto, impegnata al largo di Lampedusa. Prima un colloquio tra i tre, poi un briefing con il capitano dell’unità militare italiana. Dopo la missione Ban Ki-moon ha sottolineato che «l’Italia non può fare tutto da sola, dobbiamo trovare una soluzione politica per gli immigrati nel Mediterraneo anche a terra, in particolare in Libia, e per l’instabilità in Nord Africa».
«Ora l’Italia non è più sola», dice Matteo Renzi. E in effetti si può arguire – in assenza di copertura giornalistica, in quanto i giornalisti accreditati all’ultimo sono stati lasciati a terra che qualcosa d’importante dev’essere successo nel corso della visita del segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-Moon, sulla nave militare San Giusto: una presa d’atto di quanto di buono l’Italia fa per soccorrere i profughi in fuga dalla Libia.