Al teatro San Carlo, dove il Consiglio di indirizzo a maggioranza indica come nuova sovrintendente proprio l`uscente Rosami Purchia. Isolato il presidente del Cdi, il sindaco De Magistris, che parla di «frattura istituzionale senza precedenti». Per la Purchia votano compatti quattro soci su cinque: il governatore Caldoro, i designati dal Mibact Michele Lignola e Giuseppe Tesauro, il presidente della Camera di Commercio Maurizio Maddaloni, nonostante alla manifestazione d`interesse aperta dal Cdi fossero arrivate ben 43 auto-candidature, anche da noti compositori o ex sovrintendenti. Di fronte a una rosa definitiva di cinque nomi, de Magistris ha proposto un rinvio, ma i quattro hanno chiuso la partita: «Il San Carlo non può più restare senza guida».
Ecco una lettera inviata alle Cronache del Garantista e pubblicata oggi di uno dei candidati.
di Roberto Race*
Gentile Direttore,
ho deciso di partecipare alla selezione per la scelta Sovrintendente del Teatro San Carlo di Napoli. Per guidare quello che l’Unesco ha inserito tra i monumenti considerati Patrimonio dell’Umanità. E che, stando alla graduatoria di bestfive.it presentata qualche giorno fa, è il più antico d’Europa ma anche il più bello del mondo, seguito dal Bolshoi di Mosca e dall’Opéra Garnier di Parigi.
Sono un giornalista professionista e comunicatore prestato al management culturale da alcuni armi. E da uomo di cultura e di impresa vedo nel rilancio del Massimo un’occasione per un Mezzogiorno che spreca opportunità e non valorizza i suoi beni culturali. Perché il nuovo Sovrintendente dovrà tener conto di un progetto strutturato che sappia partecipare al rilancio della “Capitale del Mezzogiorno” sempre che si voglia continuare ad avere quest’ambizione… e contribuisca a ripensare il ruolo di Napoli nel Paese. E cambiano le cose se si guarda soltanto a un teatro importante di un capoluogo regionale oppure se si vuole aspirare a tornare tra i primi cinque o dieci posti nelle classifiche internazionali dei Teatri lirici per qualità della programmazione.
Nell’economia della gestione d’impresa il termine “Vision” viene utilizzato per indicare la proiezione di uno scenario che un imprenditore vuole “vedere” nel futuro e che rispecchia i suoi valori, i suoi ideali e le sue aspirazioni generali. In parole più semplici, cosa sognano questi imprenditori per il loro futuro, per i loro prodotti, per i mercati che servono e per i loro consumatori? E, soprattutto, cosa fanno per far sì che i loro sogni si trasformino in realtà? Bill Gates, fondatore della Microsoft, aveva sintetizzato il suo sogno di imprenditore con la formula: «Un personal computer su ogni scrivania, e ogni computer con un software Microsoft installato».
La Vision non è un concetto astratto e dovrebbe essere condivisa con tutti gli attori per far comprendere gli obiettivi che si vogliono raggiungere. E a leggere le continue polemiche sul San Carlo con i sindacati, non sembra che questo sia mai stato fatto… Se, la Vision è il “sogno”, l’elemento che la completa sempre restando alla terminologia della gestione d’impresa è la “Mission”, che definisce il ruolo dell’azienda così come gli strumenti e le risorse per attuare la Vision. E poi ci sono gli “Obiettivi”, le tappe intermedie che potranno gradualmente trasformare in realtà il sogno (o l’utopia) rappresentato nella Vision.
Mi sono soffermato su questi aspetti perché, se il Consiglio d’indirizzo convocherà i candidati alla sovraintendenza, spero ci chieda un progetto strutturato per il rilancio del Teatro in grado di coinvolgere tanto i lavoratori quanto il territorio. Che ci indichi il traguardo che l’impresa culturale San Carlo si propone di conseguire. Che chiarisca di quali risorse si potrà disporre. Se avvenisse tutto questo, introdurremo un importante precedente nella programmazione culturale del Mezzogiorno, allargando i livelli i trasparenza e partecipazione.
Chi andrà a guidare il San Carlo avrà un compito non semplice. L’esiguità delle risorse è ormai una certezza ed è chiaro che, se si vorrà dar vita a un progetto di rilancio di lunga durata, bisognerà farlo coinvolgendo gli imprenditori e facendo fare un passo indietro alla politica. Più si darà una prospettiva internazionale al teatro e sarà chiara la governance, più sarà possibile coinvolgere le migliori realtà del territorio e grandi aziende internazionali.
Negli ultimi mesi imprenditori come Marco Zigon della Getra, Luciano Cimmino di Yamamay, il presidente nazionale dei Giovani di Confapi Angelo
Bruscino e il Presidente Nazionale dei Cavalieri del Lavoro Antonio D’Amato della Seda hanno annunciato la loro disponibilità a sopportare il rilancio
con un business plan di visione e un piano di marketing in grado di posizionare il teatro tra i primi dieci al mondo in pochi anni. A loro il nuovo Sovrintendente dovrà dare delle risposte. Dovrà riuscire a coinvolgerli sapendo che da loro non si va solo a bussare cassa, immaginando modelli di sponsorizzazione ormai vecchi, ma dovrà ideare e proporre business virtuosi, sostegni duraturi ed economicamente importante a fronte di
iniziative profittevoli, pur nella specificità di un altissimo prodotto culturale, in grado di apportare un valore aggiunto alle aziende sostenitrici non solo di natura morale.
Gentile Direttore, forse mi sono dilungato e me ne scuso, ma credo che spostando il dibattito dai papabili sovrintendenti al programma di rilancio del
teatro si finisca anche per parlare di come rilanciare l’industria culturale al Sud. E lo si può fare dal “basso”, ravvivando quella partecipazione civile
che negli ultimi anni si sta spegnendo.
*Segretario dell’Associazione Competere