Non mi svegliate, ve ne prego
Il sognatore, diceva Flaiano, è una persona con i piedi fortemente poggiati sulle nuvole. E io confesso che ho sognato. Ho sognato, insieme ai colleghi della cooperativa Micromedia scarl, di costruire un notiziario web indipendente in una terra difficile, ostica, impossibile. Ci ho creduto veramente. Così oggi mi tocca l’ingrato compito di spiegare perché le nuvole sono evaporate, il sogno si è interrotto e chiudiamo un giornale che ha fatto nell’ultimo mese un milione di visualizzazioni, e che in quasi quattro mesi di vita (di cui tre sotto la mia direzione) ha scalato il vertice delle classifiche regionali dell’informazione online. È forse la prima volta che un giornale chiude mentre il bacino dei suoi lettori cresce a dismisura. E allora perché?
La ragione, come al solito, è meramente finanziaria. Gli inserzionisti più impegnati, quelli che avevano assicurato il loro sostegno etico ad un progetto di informazione indipendente in Sicilia, attraverso l’acquisto di spazi pubblicitari, all’inizio di quest’anno non hanno più rinnovato i contratti. Ma perché? Per i contrasti interni che hanno afflitto la storia della cooperativa fin dai primi giorni di vita del quotidiano, rendendo “inaffidabile” l’intero progetto? Non ci credo fino in fondo. Chi fa pubblicità su un giornale, a parte la condivisione dell’idea di fondo, non dovrebbe avere a cuore solo il numero di lettori, che sono i potenziali clienti del prodotto reclamizzato? Evidentemente no. È legittimo a questo punto domandarsi le ragioni dell’inatteso dietrofront dei principali sostenitori del nostro progetto e chiedersi se questo non sia legato ai contenuti del giornale che pure in questi quattro mesi hanno incontrato il grandissimo favore dei lettori. Cronaca giudiziaria, innanzitutto. Fuori dal coro, fuori dall’informazione omologata degli altri siti online, al punto da suscitare persino un pubblico intervento dallo scranno più alto di Palazzo Madama. Cosa ha dato fastidio? Cosa non è piaciuto? Troppa Trattativa? Troppo tifo per il pm Di Matteo? Troppi appelli per il bomb jammer? Oppure cosa? Un cronista di politica notoriamente incontrollabile? Una cronaca onesta, attenta e puntuale che non ha mai fatto sconti a nessuno?
Di certo c’è che siamo rimasti soli, “cani sciolti”, poveri e pazzi, con il nostro milione di visualizzazioni mensili, e senza pubblicità sufficiente a coprire le spese di un giornale che ha resistito solo quattro mesi ma che in questi quattro mesi è stato veramente una voce libera, dal giorno del suo debutto, il 20 ottobre 2014, e per tutta la durata della mia permanenza su quella sedia di direttore “senza portafoglio”, con l’unica arma della tenacia e con l’unica certezza di una dedizione assoluta: anche a fronte di divergenze di vedute che non intendo riesumare in quanto già ampiamente pubblicizzate persino sulle pagine di Facebook. Dico solo che i dissapori, pur avendo provocato amarezza e delusione per la rottura di antiche amicizie e di consolidate intese professionali, non hanno mai intaccato la qualità del prodotto, che è rimasto sempre di altissimo livello, come testimoniano i risultati dei report mensili che sono pubblici e disponibili a tutti.
E dunque si chiude. Prima ancora, si potrebbe dire, di avere pienamente realizzato tutte le potenzialità del nostro notiziario. Se ho una colpa, e me ne assumo tutte le responsabilità, è quella di aver guardato in questi mesi solo ed esclusivamente al prodotto giornalistico. Di non aver esplorato abbastanza tutte le potenzialità del mercato che il buon piazzamento del giornale avrebbe forse richiesto, di non essere riuscita a mettere in piedi quella sottoscrizione pubblica che avrebbe potuto far decollare la cooperativa e il giornale, sul piano finanziario, se solo avessi avuto il tempo di pianificarla e realizzarla insieme al direttore editoriale: ma la verità è che non sono una manager, come pure ero stata accusata di essere e di voler essere, e probabilmente non lo sarò mai. Sono una giornalista coi piedi affondati sulle nuvole, e mi ero illusa che l’unico traguardo importante fosse quello della conquista dei lettori e del consolidamento del nostro notiziario nel panorama siciliano dell’informazione web. Era il mio unico punto di arrivo, e posso dire a testa alta di averlo raggiunto. I quattro mesi de loraquotidiano.it, giornale “eretico” che gli imprenditori di Sicilia non hanno più voluto sostenere, sono stati un successone dal punto di vista degli accessi: in pochi mesi, una media di 30 mila visualizzazioni al giorno, con picchi fino a 80 mila, e senza supporto di portali che attirano visitatori raccontando gossip da rotocalco o mostrando immagini che sviliscono il corpo femminile. Per questo ringrazio tutti: la pattuglia dei blogger agguerriti, sempre pronti a regalarci le loro opinioni, le speranze, le visioni di una Sicilia che non si arrende. I colleghi dello storico L’Ora che non mi hanno mai fatto mancare sostegno, incoraggiamenti e suggerimenti. Una redazione meravigliosa di ragazzi appassionati, curiosi e sempre disponibili che hanno fatto squadra, rendendo possibile giorno dopo giorno il miracolo di un giornale fatto di agilità, velocità, creatività. E soprattutto di libertà, leale spirito di gruppo e onestà intellettuale. Che non sono patrimonio di tutti.
Ecco perché chiudiamo: perché è tramontata, ancora una volta, in Sicilia, l’idea di un giornale indipendente che evidentemente non merita il sostegno dell’imprenditoria locale, neppure se diventa un veicolo condiviso da migliaia di lettori. Che dire, dunque, prima di spegnere l’interruttore? Che, in questa terra di palude e rassegnazione, in questo chiacchiericcio social che si spaccia per informazione, che si diverte a sbeffeggiare i pm della Trattativa, e che ha usato gli errori dell’antimafia per liquidare ogni sforzo in direzione della verità come una grottesca caricatura del diritto, noi almeno possiamo dire che ci abbiamo provato: a cambiare il volto di una narrazione della vita pubblica ammorbata di cinismo e disincanto, a riportare al centro della discussione i temi caldi del riscatto dalla violenza mafiosa e di ribellione al conformismo di certe ricostruzioni giudiziarie comode e “compatibili” con gli assetti di potere. Non è molto e non è poco. È quello che la nostra passione civile, una passione con le tasche vuote, ci ha permesso di fare. E che oggi ci impone di salutarvi, con la speranza che il nostro breve esperimento lasci un piccolo segno nell’oceano di parole che vorticano sul web, che forse domani qualcuno più abile e fortunato di noi saprà cogliere e portare avanti.
Sandra Rizza