Tutto sembra congiurare contro l’agrumicoltura siciliana. Dopo le avversità sanitarie e naturali, i problemi commerciali legati al blocco delle esportazioni di ortofrutta in Russia, il calo dei consumi interni e l’accanimento fiscale del governo nazionale (IMU sui terreni agricoli), l’ultima mazzata per il settore è rappresentata dalla presenza, nei nostri principali mercati nazionali, di arance “tarocco” di origine spagnola trattate con propiconazolo, un fungicida tollerato dall’UE e non registrato in Italia”.
A denunciare questo nuovo “schiaffo” nei confronti di un comparto che, nonostante tutto, risulta essere ancora determinante nel panorama economico ed occupazionale dell’isola è il presidente della Sezione Regionale dell’Agrumicoltura di Confagricoltura, Gerardo Diana.
“Dire che siamo indignati – dichiara Diana – non rende l’idea dello stato di profondo malessere nei confronti di un sistema che ci vuole sempre perdenti e ciò nonostante i notevoli investimenti fatti sul piano della qualità e della salubrità dei prodotti. Il fatto di trovare sul territorio nazionale e sulle nostre tavole un prodotto trattato con una sostanza che le autorità sanitarie non lo hanno registrato ha di grottesco. In questo caso ai produttori spagnoli va dato il merito di aver dichiarato l’uso della sostanza in etichetta. Penso invece – aggiunge il presidente Diana – a tutta quella produzione di origine extracomunitaria che attraversa i confini europei e che arriva sulle tavole dei nostri consumatori. Anche se non vengono contravvenute le norme europee, la vicenda rimane comunque paradossale”.
Il propiconazolo è un principio attivo utilizzato per la formulazione di prodotti fungicidi a contrasto di muffe e marciumi.
Gli agrumicoltori italiani non lo possono utilizzare ma in nostri consumatori lo trovano nel prodotto regolarmente importato.