Un Italia duale, con un Nord per il quale si intravede l’uscita dal tunnel e un Mezzogiorno che ancora soffre. E’ la fotografia scattata da Pietro Busetta, presidente della Fondazione Curella, in occasione della 28esima edizione dell’Osservatorio congiunturale sull’economia, organizzato dalla Fondazione e presentato oggi a Palermo. Da un lato un Sud che arranca e che avrà ancora bisogno di un altro anno per intravedere qualche timido segnale di ripresa, dall’altro un Nord in lenta risalita. A confermarlo ci sono i dati sull’occupazione, che vedono , ad esempio, un rapporto di uno a due in Emilia Romagna, a fronte di una situazione, in Campania e Sicilia, in cui su quattro persone solo una è occupata. “Ormai da otto anni siamo in una crisi recessiva paragonabile solo alla seconda guerra mondiale – ha detto Busetta -, ma siamo vicino all’uscita dal tunnel. Dopo il profondo rosso, che è stato toccato, ora è finalmente possibile prevedere una risalita, un percorso di fiducia e di sviluppo. Ma il Mezzogiorno arranca perchè su quest’area del Paese non si è lavorato e le criticità restano tutte”.
Un esempio? L’ alta velocità Bari-Napoli, che “taglia lo Stivale – dice il presidente della Fondazione Curella -. Non mi pare che ci sia un progetto di sviluppo del Mezzogiorno e io credo che sia un errore fondamentale, perchè se non cresce il Sud l’Italia non potrà ripartire”
Occorre che il Mezzogiorno faccia la propria parte, non basta attendere la ripresa – ha detto il sindaco di Palermo e presidente di AnciSicilia, Leoluca Orlando, intervenendo ai lavori -. Oggi il Comune di Palermo è all’uscita del tunnel, abbiamo messo a posto il bilancio dopo due anni durissimi e siamo nelle condizioni di immaginare politiche di sviluppo e di internazionalizzazione. Dopo aver messo i conti in ordine ci aspetta la seconda fase: quella dello sviluppo economico e della crescita di attività imprenditoriali. I sindaci siciliani, a differenza di qualche politico nazionale, hanno capito che occorre pensare allo sviluppo e progettarlo e non solo avere i conti in ordine”. Alla base della mancata ripresa del Sud e della Sicilia, in particolare, la difficoltà ad attrarre investimenti. “Perchè un’area del Paese sia appetibile – ha detto ancora Busetta – occorre una fiscalità di vantaggio, un costo del lavoro competitivo, un’infrastrutturazione adeguata e l’assenza della criminalità organizzata. Tutti aspetti su cui ancora poco si è investito”.
Se il Sud resta ‘cenerentola’ d’Italia, il Paese è fanalino di coda in Europa. Almeno a confronto con i propri diretti ‘competitor’. “Rispetto a Germania, Gran Bretagna e Francia, dove il rapporto di occupati è di uno a due, l’Italia con 60 milioni di abitanti e poco meno di 22 milioni di occupati – denuncia Busetta – si colloca in basso alla classifica. Una condizione a cui si deve aggiungere il progressivo invecchiamento della popolazione. Non è pensabile, allora, un’Europa in cui vi sia una moneta unica ma non una politica economica comune, con una Germania locomotiva solitaria del continente. L’Europa ha un senso solo se è possibile immaginare una crescita complessiva”.