DI ALFONSO RUFFO
Una cosa appare chiara: i soldi ci sono, servono i progetti. A ribadirlo è il presidente della Bei Werner Hoyer in questi gorni a Napoli per inaugurare con il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan la 14a conferenza del Facility for Euro-Mediterranean Investment and Partenership (Femip).
Come spiegato dal vice presidente italiano dell’istituzione bancaria europea, Dario Scannapieco, sono 10 i miliardi che la Bei ha deciso di puntare nei prossimi sette anni su iniziative compatibili con la missione della banca e capaci di suscitare sviluppo, in particolare per rinforzare i rapporti tra l’Europa e i paesi frontalieri del Mediterraneo.
Tre le direttrici principali: trasporti, energia, strumenti per le piccole e medie imprese. E se è vero che dove sono le risorse mancano i progetti è anche vero, ha voluto precisare Padoan, che può accadere il contrario e che ci siano progetti senza risorse. Insomma, occorre che i due termini del problema s’incontrino finalmente.
Questo il compito della task force costituita da Bei, Commissione europea che avrà il delicato compito di selezionare le proposte dei paesi membri attese entro il termine del 14 novembre. Una stima indica che sul tavolo dei decisori pioveranno più di mille piani d’investimento tra cui scegliere i migliori.
Non è ancora possibile stabilire quale parte geografica sarà più o meno favorita ma è intenzione dei responsabili muoversi con equilibrio tra settori e territori per evitare l’acuirsi delle differenze. Anzi, uno dei compiti che la task force si è data consiste proprio nel colmare i buchi: intervenire laddove più debole è la capacità competitiva.
I finanziamenti premieranno grandi opere infrastrutturali pubbliche o miste e iniziative private dalle quali ci si attende un contributo alla crescita e all’occupazione di gran lunga superiore a quello finora offerto. Per trasformare l’impegno in realtà la Bei metterà a disposizione non solo strumenti finanziari ma anche consulenza e istruzioni per l’uso.
L’istituzione lussemburghese, pesantemente chiamata in causa dal nuovo presidente della Commissione europea Jean Claud Juncker per farsi assistere nella spesa dei 300 miliardi d’investimenti annunciati all’atto della nomina, dovrà sempre più diventare un “grande fratello” dello sviluppo e della crescita cooperando con i principali attori.
Il tema, declinato in tutti i modi possibili e con la grande varietà dei partner disponibili, pubblici e privati, è evitare a tutti i costi un’imperdonabile dispersione di risorse mentre il Vecchio Continente e l’Italia in particolare perdono terreno nei confronti di paesi concorrenti meglio attrezzati a sfruttare le aperture della globalizzazione.
Tutto dipenderà, dunque, dalla qualità dei progetti proposti, dalla loro attitudine a rispondere ai bisogni, dalla capacità di suscitare scambi e interessi trasformando il Mediterraneo dal mare di dolore che conosciamo al mare di opportunità che tutti ricercano e nessuno sembra in grado di trovare nonostante l’Europa ci sia immersa dentro.