Anche nel 2013 si conferma il fenomeno già emerso nel Rapporto SVIMEZ dello scorso anno, secondo cui al Sud i morti hanno superato i nati: un risultato negativo che si era verificato solo nel 1867 e nel 1918. Anzi: nel 2013 il numero dei nati ha toccato il suo minimo storico, 177mila, il valore più basso mai registrato dal 1861. Pericolo da cui il Centro-Nord finora appare immune: con i suoi 388mila nuovi nati nel 2013 pare lontano dal suo minimo storico di 288mila unità toccato nel 1987. Il Sud sarà quindi interessato nei prossimi anni da un stravolgimento demografico, uno tsunami dalle conseguenze imprevedibili, destinato a perdere 4,2 milioni di abitanti nei prossimi 50 anni, arrivando così a pesare per il 27% sul totale nazionale a fronte dell’attuale 34,3%. Nel 2013 occupati al Sud come nel 1977 – Tra il 2008 ed il 2013 delle 985mila persone che in Italia hanno perso il posto di lavoro, ben 583mila sono residenti nel Mezzogiorno. Nel Sud, pur essendo presente appena il 26% degli occupati italiani si concentra il 60% delle perdite determinate dalla crisi.
Nel solo 2013 sono andati persi 478mila posti di lavoro in Italia, di cui 282mila al Sud. La nuova flessione riporta il numero degli occupati del Sud per la prima volta nella storia a 5,8 milioni, sotto la soglia psicologica dei 6 milioni; il livello più basso almeno dal 1977, anno da cui sono disponibili le serie storiche basi di dati. Il mercato del lavoro italiano continua comunque a deteriorarsi: ancora nel primo trimestre 2014 il Sud ha perso 170mila posti di lavoro rispetto all’anno precedente, contro -41mila nel Centro-Nord. A fronte di una quota di occupati pari a circa un quarto dell’occupazione complessiva, tra il primo trimestre del 2013 e il primo trimestre del 2014 l’80% delle perdite di posti di lavoro in Italia si è concentrata al Sud.