“Un viaggio da Boccadifalco a Gaeta” è il libro scritto dal cappellano militare Giuseppe Buttà nel 1875. Racconta, spesso in prima persona e come testimone oculare, i fatti che avvennero fra lo sbarco dei Garibaldini a Marsala all’assedio di Gaeta. E’ un racconto parziale ma vale la pena di seguirlo, magari anche per confutarlo. Ma, soprattutto, per ricordare quei fatti che sono stati praticamente rimossi dalla memoria storia della nazione. Ecco l’incipit del secondo capitolo:
“Io racconterò fatti incredibili, ma veri. Ora cominciano le diserzioni dei soldati e degli uffiziali, la viltà c le inesplicabili ritirate de’ Generali, ove non si vogliano chiamare vergognosissimi tradimenti. Un’anima nobile e dignitosa rifugge da queste rimembranze: è troppo tristo ricordare come una prode armata di circa 100,000 uomini fosse stata distrutta non già dal nemico, ma da varìi dei capi stessi, i quali disonorarono il proprio paese, e quella divisa gallonata, che con tanta burbanza indossavano. La striscia di sangue che bagnò la via da Boccadifalco a Gaeta sgorgò solamente dalle vene dei soldati, i figli del popolo, e dell’ufficialità subalterna e se non fosse stato per questi, l’onor militare del disgraziato Regno di Napoli sarebbe rotolato nel fango. Gli scrittori garibaldini descrissero pugne omeriche; ma la storia imparziale dirà, che le bande garibaldine sarebbero valse meno delle bande siciliane, se non fosse stata l’ignavia, la viltà, e il tradimento di alcuni duci napoletani. I fatti che racconterò saranno una splendida prova del mio asserto”.