Di Laura Bercioux
Giancarlo Siani, il giornalista napoletano , fu ammazzato il 23 settembre del 1985 a Piazza Leonardo, a Napoli, sotto casa. Gli spararono 10 colpi alle 20:50. A Giancarlo Siani, diventato simbolo del giornalismo di inchiesta, sono stati dedicati Premi, Festival. Intitolate scuole, strade, piazze. Un simbolo per chi ama questa professione. Era un giornalista che cercava la notizia, la seguiva in strada, andava in giro, aveva fiuto e intuizione. Bruno De Stefano, giornalista e scrittore, qualche anno fa ha scritto un libro che riapre molti interrogativi sulla morte del giornalista campano. “Giancarlo Siani” è il titolo del libro che vince anche il Premio dedicato al giornalista scomparso.
Perché ha scritto questo libro su Giancarlo Siani?
“La spinta a scriverlo me l’ha data il film “Fortàpasc” di Marco Risi che aveva ricostruito la storia di Giancarlo in maniera incompleta. E’ un film pieno di suggestioni e ha il merito di aver reso omaggio alla memoria di un ragazzo perbene, ma non rende l’idea della complessità della vicenda. Dopo averlo visto, ho riflettuto su un dato assai singolare: tutti parlano di Siani, ma la storia di questo giovane giornalista nessuno l’ha mai raccontata. Così ho cominciato a scavare negli archivi del tribunale e rileggendo gli atti del processo mi sono reso conto che il caso Siani era assai più complicato di quanto si potesse immaginare. Per anni ci siamo tutti fermati davanti ad una semplificazione: Giancarlo è un eroe, ed è stato ammazzato dalla camorra per le sue inchieste pubblicate sul suo giornale, Il Mattino. Niente di più inesatto: Giancarlo non aveva mai scritto nessuna inchiesta, si era solo limitato a fare, e bene, il suo lavoro da cronista. E ad ammazzarlo non è stata la camorra, ma la “costola” campana di Cosa Nostra. Quindi a volerlo morto sono stati i mafiosi, non i camorristi. Non direi, dunque, che il mio libro racconti “un’altra storia”; più che altro racconta la vera storia, cioè come sono andate le cose prima e dopo l’agguato del 23 settembre del 1985. Una storia con mille sfumature e con tanti protagonisti ambigui, falsi, reticenti e collusi. Ecco, per tornare alla tua domanda: “un’altra storia” ce la siamo raccontata tutti per decenni, senza andare a vedere cosa c’era dietro l’omicidio Siani. Ci siamo accontentati di celebrare l’eroe, di partecipare alla retorica sulle vittime della camorra e sul giornalisti coraggiosi. Invece dietro la morte di Giancarlo è un grumo di misteri e di omissioni che coinvolge anche ambienti delle forze dell’ordine, della magistratura e del giornalismo”.
Giancarlo Siani rappresenta un eroe per i giornalisti e per chi crede nella legalità
“Mah, io sono contrario all’epica dell’eroe perché anestetizza il desiderio di capire come sono andate davvero le cose, serve solo a gratificare chi partecipa alla celebrazioni e vuole sentirsi in pace con la coscienza. Celebrare Siani come un eroe del giornalismo significa insultare la sua intelligenza: Giancarlo aveva 26 anni, voleva solo fare il giornalista, certo non voleva combattere la camorra. E non lo dico io, lo ha ripetuto fino alla noia il fratello, Paolo. Giancarlo, anzi, era accorto e prudente come dovrebbe essere ogni buon giornalista, l’esatto opposto del giovanotto fanatico che pensa di sconfiggere con una biro e un taccuino fenomeni complessi e secolari”.
Non ci sono tracce del suo scoop o di un libro inchiesta di Siani eppure viene ammazzato? Cosa aveva scoperto?
“Questa è una bella domanda. Purtroppo nessuno è stato in grado di fornire una risposta certa. Anzi, su quel che Giancarlo avrebbe scoperto ci sono voci discordanti. Per quanto riguarda il libro, c’è anche chi ha negato che Siani ne avesse scritto uno, nonostante il giornalista avesse raccontato ad una sua amica di averlo scritto insieme ad un altro collega e che oramai era pronto per andare in tipografia. E non sono mai stati trovati neppure gli appunti su un’inchiesta che stava conducendo e che avrebbe voluto pubblicare su un settimanale a tiratura nazionale. Ad una sua fonte, il professor Alfonso Di Maio, aveva anche detto: “Presto le farò vedere cosa ho trovato”. La stranezza sta nel fatto che né a casa, né al lavoro, né in macchina sono stati trovati gli appunti, neppure un foglietto. Possiamo solo supporre che qualche mano ignota abbia fatto sparire tutto. Tornando alla tua domanda – cosa aveva scoperto? – posso solo amaramente rispondere: forse non lo sapremo mai”.
Nel libro poni molti quesiti, ce ne proponi alcuni con una risposta?
“La vicenda è davvero intricata per poter fornire delle risposta. Posso solo evidenziare un dato che forse pochi conoscono: quasi tutti gli “amici” di Siani non hanno raccontato la verità. Anzi, sono stati proprio gli “amici” a confondere le acque con mezze dichiarazioni, versioni contraddittorie, reticenze. Se il caso Siani è ancora avvolto nella nebbia, la colpa è di chi lo ha tradito: prima da vivo e poi anche da morto”.