In Campania i consiglieri regionali possono andare in pensione a 60 anni. Ma, con una piccola detrazione, possano lasciare anche a 55 anni. Stesso discorso in Puglia e Calabria. In Sicilia e Basilicata, invece, resta il limite dei 65, in ogni caso inferiore alla riforma Fornero
Ogni anno i quasi 3.200 vitalizi pesano sui bilanci regionali per circa 170 milioni. Solo un po’ meno di quanto costi (circa 200 milioni) al Parlamento nazionale sostenere gli ex onorevoli che contro qualche recente ritocco ai vitalizi hanno peraltro presentato più di venti ricorsi per nulla destinati all’insuccesso. Ormai ci sono Regioni in cui le uscite per pagare i vitalizi agli ex consiglieri (o agli eredi) superano il costo dei consiglieri in carica. In Veneto, per esempio, servono 11,2 milioni per erogare i 226 vitalizi, compresi quelli di reversibilità, contro i 9,1 milioni per le indennità dei consiglieri attivi. Tra gli ex consiglieri ci sono Giancarlo Galan (3.749,63 euro netti mensili), Massimo Cacciari (1.935,30), Flavio Zanonato (1.934,84).
È una spesa che si è impennata negli ultimi anni, se si pensa che nel 2005, quella veneta era intorno agli 8,5 milioni. Una dinamica inarrestabile, che fa paura perché effettivamente le assemblee hanno esagerato. Solo nel Lazio (la Regione che permette ancora il pensionamento a 55 anni e di calcolare l’indennità considerando anche la diaria, cioè la spese per i trasferimenti quotidiani) si stima che i vitalizi passeranno dagli attuali 270 a 314 nel 2016. È quasi impossibile fare una media nazionale delle indennità. Ne “La casta invisibile delle Regioni”, Pierfrancesco De Robertis scrive che in media, con una consiliatura, si prendono 2.500 euro al mese, che salgono a 4.500 con due. Per gli ex governatori si superano i 5 mila euro.