Parla Michele Cavone, il chirurgo perseguitato dal rimorso per la donna di 71 anni morta al San Carlo in Sala operatoria. Fu lui che confessò a un collega, che lo registrava a sua insaputa, che qualcosa era andato male e che aveva lasciato ammazzare una persona. Un audio finito sul sito di Basilicata24 scatenando la bufera. Ora, in un’intervista a Repubblica, ricostruisce quello che è avvenuto: “Arrivai in ospedale alle otto di mattina e il primario, Nicola Marraudino mi disse che in sala operatoria c’era un collega che aveva fatto la notte. Stavano operando la signora Elisa in quello che per noi era un intervento di routine. Raggiunsi il collega in sala, aveva appena iniziato ad “aprire”. Mi stavo preparando quando un tecnico corse ad avvisarmi che c’era una complicazione: emorragia in corso. Non so cosa fosse successo, questo potrà dirlo solo l’autopsia. Non so neanche se quello che io suggerii, ma non fu applicato, avrebbe potuto salvare la signora”. Cavone, arrivato in sala, ricorda di aver messo in sicurezza la paziente: “Ma c’era da fermare l’emorragia. In chirurgia la prima regola è tappare i buchi. Ma non facemmo così. Arrivò il primario, decise di adottare un’altra tecnica. Ma la paziente non ce l’ha fatta. Non capisco, non vedo una ragione tecnica, per cui non si è fatto quello che io avevo suggerito e che secondo me avrebbe potuto salvare la vita di quella signora”. Perché non si è imposto? “«Non potevo – risponde Cavone – Il primario è un mio superiore, non si può litigare al tavolo operatorio». Dubbi sulla cartella clinica, che sarebbe stata truccata. Da chi? “Non da me. Ho letto dopo qualche settimana in una relazione che ha firmato solo il primario cose non vere: nel ricostruire la vicenda aveva indicato la tecnica che avevo suggerito, ma non quella che avevamo realizzato”.