Prosegue su Twitter la polemica scoppiata in Svizzera, riportata dal quotidiano Le Matin, scatenata dalla maglia a righe per bambini messa in vendita da Zara con una stella gialla sul petto. L’indumento, subito ritirato, ricorda il pigiama usato dai deportati. La risposta dell’azienda in un tweet per giustificarsi sostenendo che la stella si rifà a quella dello sceriffo nei film western. Una replica che non accontenta gli utenti anche perché, tra l’altro, il simbolo citato ha cinque punte e non sei. Ma su Zara si rovescia una bufera universale: «Un oltraggio alla memoria dell’Olocausto », esplode la polemica su Twitter. In effetti, a esaminarle bene, quelle righine bianche e azzurre stampate sul jersey della multinazionale (più di 2mila negozi in 88 Paesi, oltre 90 milioni capi d’abbigliamento venduti l’anno), malgrado i tre bottoni sulla spalla fanno più divisa da carcerato che “vestivamo alla marinara”. E poi, il distintivo giallo a sei punte: come può essere sfuggito il parallelo con l’odioso marchio imposto agli ebrei dal Terzo Reich?
A poco valgono -s crive Repubblica – le flebili discolpe di Zara: «ma no, che non è una stella nazista», si scherma la corporation spagnola. L’intento era tutt’altro, si scusa «sinceramente per ogni offesa provocata ai nostri clienti»: il disegno voleva rappresentare il distintivo dello sceriffo in una linea per bambini ispirata al Far West. Ed è vero che le prime guardie dell’ordine nel Vecchio West americano s’erano rifatte ai medaglioni degli ordini cavallereschi inglesi: dal fondo di una lattina ritagliavano una stella, ora a cinque ora a sei punte, come lo storico “badge” di Jeff Carr, nell’800 capo della polizia a Cheyenne nel Wyoming, il quale arrestò e poi impiccò un assassino di nome Jack McCall. Quei distintivi vanno a ruba nelle aste storiche.