Dieci persone, nove delle quali gia’ detenute, sono destinatarie di un’ordinanza cautelare in carcere emessa dal gip di Napoli su richiesta della locale Dda nell’ambito delle indagini su due omicidi avvenuti nel 2001 nel Casertano: quello di Ferdinando Latino, commesso a Marcianise il 14 febbraio, e quello di Alessandro Menditti avvenuto a Recale il 14 ottobre.
I due agguati, secondo quanto emerso dalle indagini della Direzione distrettuale antimafia, maturarono nell’ambito della faida per il controllo delle attivita’ illecite nel territorio di Marcianise che vede contrapposte, da decenni, le famiglie Piccolo e Letizia, detti ‘Quaqquaroni’, contro i Belforte, alias ‘Mazzacane’. Quattro dei dieci destinatari del provvedimento cautelare sono ritenuti responsabili dell’omicidio di Ferdinando Latino, gli altri sei dell’uccisione di Alessandro Menditti. L’attivita’ investigativa della Squadra Mobile di Caserta e’ stata supportata dal riscontro delle dichiarazioni di diversi collaboratori di giustizia.
C’e’ il capoclan Domenico Belforte e i suoi luogotenenti (tutti gia’ detenuti da tempo, ndr) tra i destinatari dell’ordinanza di custodia cautelare emessa dal Gip di Napoli per due omicidi avvenuti nel 2001 durante la faida camorristica che insanguino’ Marcianise (Caserta) tra la fine degli anni ’90 e l’inizio del nuovo millennio. Sono state le dichiarazioni dei pentiti dello stesso clan a incastrare il boss e gli altri nove arrestati, tra cui gli esponenti di spicco della cosca Vittorio Musone, Gaetano Piccolo e Luigi Trombetta; il racconto fatto da uno dei primi collaboratori del clan Belforte come Michele Froncillo, e’ stato confermato dai piu’ recenti pentiti, come Bruno Buttone. Gli investigatori della Squadra Mobile, guidati da Alessandro Tocco, hanno cosi’ ricostruito gli omicidi avvenuti nel 2001 a distanza di otto mesi di Ferdinando Latino (14 febbraio, ndr) e Alessandro Menditti (14 ottobre, ndr). La faida di Marcianise tra i Belforte e i Piccolo vedra’ i primi uscire vincitori, ma gli arresti degli ultimi anni, tra cui quelli dei figli e le mogli dei boss Domenico e Salvatore Belforte, e i continui pentimenti, hanno poi indebolito fortemente l’organizzazione