Decidere di muoversi per la città, ma senza comprare una macchina. Godere di un libro, ma senza avere una polverosa libreria in salotto. Fare le vacanze in barca ma senza sobbarcarsi l’acquisto del mezzo. Insomma per dirlo con uno slogan: se ti serve un litro di latte al giorno, non tieni una mucca in cantina! È così che la cooperativa svizzera Mobility pubblicizza il suo servizio di car sharing e ben rappresenta un nuovo stile di vita contemporaneo che all’avere preferisce l’usare, al bene posseduto il servizio erogato e che considera la proprietà non più come un privilegio ma quasi come un peso. “L’epoca della proprietà sta finendo, è cominciata l’era dell’accesso” preconizzava una decina di anni fa l’economista statunitense Jeremy Rifkin immaginando il passaggio da una rivoluzione industriale a una “rivoluzione collaborativa”, in cui i beni sono utilizzati per un breve periodo di tempo e messi in comune. Oggi, per citare le parole della studiosa e teorica del “consumo collaborativo” Rachel Bootsman, “siamo di fronte a una transizione dalla cultura dell’io alla cultura del noi”. Lei lo ha sintetizzato così: What’s mine is yours, titolo del suo libro. La parola d’ordine dei nuovi consumatori dunque non è avere ma utilizzare. Anzi: utilizzare insieme. E senza le “scocciature” che derivano dall’avere. È il caso dell’automobile: non tutti possono permettersela, o vogliono impegnare il proprio denaro nell’acquisto di una prima o seconda vettura, ma non per questo rinunciano a muoversi. Semplicemente lo fanno con un’auto condivisa. Che pagano solo per il reale utilizzo, parcheggiano gratis sulle strisce blu, conducono nelle zone a traffico limitato. E per di più dimenticandosi dell’assicuratore, del meccanico, dell’autolavaggio, perché i costi di mantenimento e gestione non sono di competenza.
“Effettivamente c’è un cambiamento in atto nello stile di vita legato alla mobilità che si intende come servizio flessibile e integrato – spiegano dalla cooperativa car sharing Trentino, attiva da quattro anni a Trento –. Da un lato viene abbandonato il vecchio modello fondato sul possesso e sull’uso esclusivo dell’auto privata. Dall’altro questo viene visto non come una rinuncia ma come un’opportunità visto che rinuncio a un’auto per avere un’intera flotta a disposizione”. A Trento infatti sono diversi i modelli che si possono noleggiare, dall’utilitaria per spostamenti rapidi e quotidiani alla berlina per andare a fare la spesa fino al furgoncino. Altre città, più grandi e con più traffico, invece, si stanno orientando verso soluzioni diverse. È il caso della Capitale dove stanno prendendo piede le Smart di Car2go o le 500 di Enjoy. In questa prospettiva, dunque, non avere significa risparmiare per sé – denaro, ma anche tempo – e per l’ambiente, dato che alcuni studi teorizzano che ogni auto condivisa porta a una riduzione di 8 auto private in circolazione perché è in grado di innescare meccanismi virtuosi di mobilità sostenibile. E così si arriva al paradosso che non avere significa guadagnare, per sé e per la collettività. E se a dirlo è un multimilionario americano c’è da crederci. Steve Case, ex ceo di Aol, ha affidato a un tweett la sua provocazione: “The new status symbol isn’t what you own — it’s what you’re smart enough not to own” cinguettava all’inizio dell’anno scorso.