di SIMONA D’ALBORA
Il 2015 dovrebbe segnare una svolta per ridisegnare l’Italia, mentre sempre più presidenti delle Regioni italiani si dicono d’accordo con la riforma del capitolo V che prevede proprio l’assetto delle autonomie locali quali comuni, province e regioni. Nei prossimi giorni le loro proposte saranno al vaglio di una commissione apposita istituita dal ministro Lanzetta che avrà due mesi di tempo per formulare una base tecnica di discussione che permetta un confronto sulle proposte, dopo di che toccherà alla politica dare le risposte. Gli ultimi in ordine di tempo a chiedere la riduzione e la riorganizzazione delle regioni italiane il presidente della regione Lombardia, Roberto Maroni e il presidente della Campania Stefano Caldoro, che in una conferenza stampa che si è tenuta a Milano, hanno ribadito la necessità di un ridisegno del territorio e hanno annunciato la presentazione di emendamenti alla legge di riforma costituzionale presentata in Parlamento. In questo clima si inseriscono i problemi di un sud che non riesce a decollare, con un tasso di disoccupazione preoccupante e un’arretratezza nelle strutture. Ne abbiamo parlato con Marco Esposito, giornalista, esperto in economia e segretario di Unione Mediterranea.
Se lei fosse il sindaco della città, quali sono le tre priorità su cui concentrerebbe l’azione della sua giunta?
Sono stato assessore nella mia città, esperienza che mi onora, e ho provato a dimostrare che la correttezza paga. Oggi ci sono mille mercatali in regola in più e migliaia di famiglie che pagano le tasse e hanno risparmiato sulla Rc auto. Ecco, a Napoli la priorità è capire che cambiare si può e dipende da noi.
E quali sono le cose che non farebbe mai?
Aggiungere un semaforo e risparmiare sui mezzi pubblici.
I dati del Rapporto Mezzogiorno di Svimez 2014 evidenziano che l’economia italiana è ancora in difficoltà e si allarga la forbice con l’Europa, ma al Sud la recessione è più accentuata. La crisi non risparmia al sud nessun settore. Nel Mezzogiorno si consuma sempre meno e non si investe più. Il crollo è particolarmente marcato negli investimenti pubblici: appena un quinto rispetto a 20 anni fa. Eppure il mezzogiorno continua ad essere fuori dalle priorità del Governo, ai margini dell’agenda Renzi. Non è così?
Eccome se è così. Non c’è un precedente simile dal 1861. E il governo Renzi, alle prese con una crisi non facile, ha deciso di concentrare le risorse al Nord e le chiacchiere al Sud. Quello che sta accadendo sugli investimenti ferroviari (98,8% al Nord) e sui tagli ai finanziamenti per il Sud (3,5 miliardi, ripeto miliardi!) tolti al Sud al comma 124 della legge di Stabilità 2015 senza dire nemmeno perché. Sottrarre risorse al Sud agli asili nido alle Università significa minare il futuro di un territorio. Inaccettabile. Con i parlamentari meridionali che giocano alle belle statuine.
Il Sud ha perso quasi 600 mila posti di lavoro tra il 2008 e il 2013. E i giovani sono quelli che soccombono: nel Sud solo un giovane su quattro è al lavoro. Il tasso di povertà assoluta è al 12,6%: un terzo delle famiglie meridionali è nella fascia più povera. Insomma, il Mezzogiorno si conferma il malato d’Italia e d’Europa. Qual è la terapia d’urto secondo lei?
Togliere il governo a chi ha dimostrato di avere a cuore solo metà del Paese e neppure quella più interessante dal punto di vista delle potenzialità. Se non ci liberiamo da chi sta massacrando il Sud non c’è terapia che possa avere effetto: ci bastonano e noi mettiamo la cremina sui lividi. Non esiste sviluppo finché sei in condizioni coloniali.
Una possibile ricetta per una ripresa dello sviluppo nel Sud nel medio periodo su quali pilastri dovrebbe basarsi? Infrastrutture, logistica, portualità, riforma aree asi, energia, tecnologia e brand, più capitale sociale?
Il Sud Italia ha in sé tutte le risorse per emergere. Ma non ci crede perché è lasciato in condizioni di inazione ed è denigrato dall’informazione nordcentrica allo scopo di giustificare nuovi tagli di risorse. Ripeto: finché i meridionali non avranno la possibilità di decidere da soli il proprio destino non c’è ricetta che possa funzionare.
Quale opportunità potrebbe rappresentare per il Sud la riforma del Titolo V della Costituzione e soprattutto, secondo lei il nuovo disegno con le macroregioni, così come concepito dalla riforma sarà in grado di garantire al sud una razionalizzazione dei costi e diventare un volano di sviluppo?
Il Sud è stato unito per oltre otto secoli. Le regioni attuali hanno confini artificiosi. Un’unica macroregione del Sud continentale con forti poteri di programmazione darebbe ai meridionali una prima opportunità di autogoverno dopo 155 anni. Limitarsi invece a ridurre il numero di regioni magari spezzando in due la Lucania e assegnandola un po’ qui e un po’ lì non risolverebbe nulla.
Cosa garantirebbe il rilancio del Mezzogiorno, la Macro regione meridionale al posto delle Regioni? O un coordinamento delle Regioni del Sud a costituzione invariata?
Non possiamo aspettare. Le sei Regioni del Sud continentale dovrebbero da subito lanciare un segnale riunendo i consigli regionali (200 persone in tutto) e lavorando a una legge unica per lo sviluppo, puntata per esempio sul turismo. Tale legge andrebbe poi approvata, magari lo stesso giorno, identica nei sei consigli regionali. Sì può fare, oggi. E farebbe capire intanto a noi stessi che abbiamo ritrovato la nostra strada.
Le strategie macroregionali non sono altro che delle strategie politiche integrate che riguardano l’economia, il paesaggio, l’ambiente, la gestione dei trasporti, strade, infrastrutture, turismo, ma, ad oggi l’accorpamento disegnato non sembra garantire quella omogeneità e integrazione sperata, pensiamo a un territorio già disomogeneo in sé come quello della Campania, in cui ad oggi è chiaro il fallimento delle componenti che invece dovrebbero creare integrazione, in che modo ritiene sia possibile superare queste difficoltà?
Quando sento parlare di Sud disomogeneo mi chiedo: ma esiste forse un territorio al mondo perfettamente omogeneo? E l’omogeneità è un valore? Guardiamo alle nostre terre così diverse come a uno straordinario valore e la smetteremo di considerarci dei paria. Noi abbiamo insegnato il senso del bello al mondo.
L’opinionista Enrico Cisnetto, afferma che si dovrebbe prendere a modello i Lander tedeschi creando sette macroregioni. E’ d’accordo e perché?
Ogni paese ha la sua storia. Per una volta vorrei ispirarmi alla nostra di storia, visto che quando ci governavamo da soli stavamo meglio.
Per quale motivo, a suo parere, il governo che bacchetta le Regioni del Sud perché incapaci di spendere i fondi europei, da 7 mesi non mette in campo l’Agenzia per la Coesione immaginata da Trigilia? E a suo avviso, cosa potrebbe fare e a quali condizioni?
Il livello di spesa delle Regioni del Sud è identico al livello di spesa dei ministeri al Sud. C’è una evidente strategia tesa a dirottare i fondi per lo sviluppo altrove. Se la spesa dei fondi europei del Portogallo fosse decisa da Madrid e quella della Polonia da Berlino non credo che Portogallo e Polonia avrebbero conseguito risultati brillanti. Noi siamo l’unica grande area in ritardo di sviluppo d’Europa che non ha la facoltà di scegliere e magari sbagliare da sola. Guarda caso siamo anche quelli con le peggiori performance di utilizzo, non solo in quantità ma soprattutto in qualità.
L’economista Gianfranco Viesti sottolinea che la spesa dei fondi strutturali in Italia è lenta non per colpa del Mezzogiorno, ma per la lentezza nella realizzazione di opere pubbliche in tutto il Paese e ricorda che secondo la Banca d’Italia il ritardo “è riconducibile a una pluralità di cause: nuove e più complesse regole operative per l’attuazione dei programmi comunitari; una maggiore incidenza di grandi progetti infrastrutturali, la cui gestione è particolarmente complessa; i vincoli di bilancio che hanno ostacolato la capacità di cofinanziamento statale e regionale”. Cosa ne pensa?
Siamo di fronte alla conferma che si tolgono soldi al Sud e poi si accusa quest’ultimo di non saperli spendere. Siamo cornuti e mazziati.