Politica interna
Primarie Pd. II 9 aprile, la data che vuole Matteo Renzi per le primarie. Oppure a luglio, il mese che propone Gianni Cuperlo, rilanciando l’idea di Michele Emiliano, mentre Andrea Orlando auspica che non si anticipi rispetto all’ipotesi già circolata del 7 maggio. Una data che ha una controindicazione però: pochi giorni dopo scadrà il termine per la presentazione delle liste perle amministrative. Un ingorgo. Se qualcuno pensava che la scissione avrebbe fermato lo scontro sul calendario, è stato subito smentito. Lo scontro continua, eccome. La proposta che ieri mattina Lorenzo Guerini, il vice segretario dem, ha presentato alla commissione congresso ha esacerbato gli animi. E’ sembrata un blitz. «II 9 aprile è solo una delle ipotesi», getta poi acqua sul fuoco Guerini. <Sarebbe troppo presto>, è lo stop di Emiliano. (…) Sarà la direzione, che si riunirà tra domani e sabato, a decidere i tempi di svolgimento dei congressi locali del Pd e la data delle primarie, quelle che vedranno sfidarsi i candidati alla segreteria del partito. «Tanto deciderà íl capo quando torna…», ironizza polemicamente Michele Emiliano, ma l’insistenza con cui i renziani premono per primarie in tempi strettissimi fa pensare (o temere) a più d’uno nel partito che l’ex premier non abbia affatto abbandonato l’idea delle elezioni anticipate a giugno, per celebrare un election day con la tornata amministrativa di primavera. E resta caldissimo il clima mentre si delineano le candidature: oltre a quelle di Renzi e di Emiliano, oggi a Roma sarà annunciata quella del ministro della Giustizia Andrea Orlando.
Tensioni Pd e tenuta del governo. Il giorno dopo che Matteo Orfini ha provato a dettare la nuova agenda al governo, e in cima a tutto ha messo le privatizzazioni da bloccare e lo “ius soli” da sbloccare con la fiducia, la maggioranza si spacca immediatamente. Se c’è un pezzo di Pd che esulta, dalle parti di Ncd si alza una selva di altolà. Maurizio Lupi gli risponde a brutto muso: «Orfini si guardi allo specchio e se li voti lui certi provvedimenti a suo avviso prioritari. Se pensa che in questi otto mesi le priorità siano l’approvazione dello ius soli, l’aumento delle tasse, la dichiarazione anticipata fine vita e l’interruzione del processo di liberalizzazioni, allora si faccia il suo bel partito di sinistra con Sel e con altri». Da dentro il governo, un po’ se l’aspettavano che le dinamiche congressuali del Pd avrebbero scosso gli equilibri. Sebbene cifrati, i messaggi successivi alla scissione del Pd fanno temere che il governo di Paolo Gentiloni diventi il parafulmine dello scontro a sinistra. L’esigenza di dettare a Palazzo Chigi un’agenda «progressista», viene espressa sia dai seguaci di Matteo Renzi che da quelli di Pier Luigi Bersani; e questo mentre la Commissione europea avverte che se entro aprile non ci sarà una manovra correttiva, scatterà la procedura di infrazione contro l’Italia sui conti pubblici: con un piccolo rinvio che non deve creare illusioni. La domanda che aleggia è se quanto accade nel partito di maggioranza puntelli o saboti la stabilità.
Economia e finanza
La Ue all’Italia: manovra entro aprile. “La Commissione invita il governo ad adottare subito soluzioni credibili per ridurre il debito – Padoan: «È nel nostro interesse»”. L’Italia presenta squilibri macro-economici eccessivi: nella stessa situazione altri sei Paesi, tra cui la Francia; se il governo non attuerà le misure per la correzione dei conti «di almeno lo 0,2% del Pil» entro aprile, scatterà una procedura d’infrazione. E’ il verdetto della Ue, che sottolinea inoltre il allentamento delle riforme e i rischi dai costi per ri-capitalizzazione e garanzie delle banche. Nel mirino anche la Germania per il disavanzo record tra export e importazioni egli scarsi investimenti. «L’Italia farà la correzione» per far scendere il debito, «ma senza manovrine depressive» e dentro un percorso riformatore. Ecco il primo messaggio, tutto politico, recapitato dal premier Paolo Gentiloni ai funzionari di Bruxelles. E proprio quando sarà massima l’attenzione sui 3,4 miliardi di euro che l’Italia deve limare dal deficit, l’essenziale accadrà altrove. Ad aprile il governo presenterà la manovra per evitare una procedura a Bruxelles, ma in quegli stessi giorni lo attende un altro esame europeo più sottile e insidioso: a Malta, i ministri finanziari dell’Unione parleranno per la prima volta dei crediti in default delle banche. Sul tavolo al Grand Master’s Palace della Valletta, il 7 e 8 aprile, i ministri troveranno un rapporto sugli oltre mille miliardi di prestiti deteriorati che inceppano buona parte del sistema finanziario nell’Unione Europea. Lo prepara in questi giorni il Comitato di stabilità finanziaria, una costola del club dei più alti dirigenti dei dicasteri finanziari in Europa.
Mattarella, alleanza cinese/ Politica industriale da rilanciare. “Il presidente ai cinesi: <Investite in Italia, Paese sicuro>”. Per dimostrare a Sergio Mattarella la sua grande ammirazione verso l’Italia, il numero uno cinese Xi Jinping ha lodato in sua presenza l’opera di un altro siciliano, che però quasi nessuno conosce, di nome Prospero Intercetta. Chi fu costui? Un gesuita del Seicento, morto e sepolto a Hangzhou, studioso di Confucio del quale fece conoscere l’opera in Europa. La notizia positiva è che Xi Jinping mira a rendere ancora più fruttuosi questi legami antichi. Anzi, per dirla con le sue parole, nei rapporti con l’Italia «è il momento di ulteriori conquiste», serve un balzo in avanti perché agli occhi del Presidente cinese noi siamo un «ponte» ideale tra la Cina e l’Europa.(…) Rilanciare una «robusta politica industriale europea». E sottolineare la necessità di mettere al centro dell’agenda Ue la crescita e l’occupazione, in un’idea di Europa che sia più attenta all’economia reale. Il prossimo 25 marzo ci sarà l’anniversario, il sessantesimo, della firma dei Trattati di Roma, considerati l’atto di nascita dell’Europa. In vista di questa prossima scadenza il Comitato di Presidenza e l’Advisory Board di Confindustria hanno incontrato il presidente del Parlamento Ue Antonio Tajani. La discussione si è concentrata sulla necessità di mettere al centro dell’agenda la crescita e l’occupazione. «Oggi più che mai abbiamo bisogno che l’Europa eserciti un ruolo forte sulla scena mondiale», ha detto il presidente di Confindustria Vincenzo Boccia.
Politica estera
Fronte del Centro contro Front National. Finalmente una buona notizia da Parigi, non a caso immediatamente festeggiata dai mercati. II leader centrista François Bayrou porta la sua acqua al mulino dell’ex ministro dell’Economia Emmanuel Macron: un po’ di voti e il contributo al rilancio di una campagna che negli ultimi giorni aveva bruscamente rallentato. (…) Certo, tutti i sondaggi dicono che la presidente del Front National comunque alla fine non vincerà. Ma intanto, giorno dopo giorno, rosicchia punti anche al secondo turno. Proprio su Macron, inciampato in un paio di sfortunate dichiarazioni sul colonialismo e sui matrimoni omosex. Ecco perché, tralasciando i processi alle intenzioni, Bayrou ha ragione quando parla della prospettiva di una vittoria della Le Pen come di «un rischio immenso per il Paese e per l’Europa». O del «disorientamento» degli elettori di fronte a una situazione politica «estremamente confusa», che potrebbe spingerli nelle braccia dell’uomo (in questo caso della donna) forte. (…) Marine Le Pen ancora nei guai per lo scandalo dei fondi del Parlamento europeo usati per pagare il suo personale al lavoro a Parigi e non a Bruxelles e Strasburgo, come invece impongono le norme dell’Assemblea per evitare frodi e abusi ai danni dei contribuenti. Le Pen ha reagito accusando la magistratura di complotto: «C’è un rischio molto pesante di strumentalizzazione della giustizia», l’accusa pronunciata durante il telegiornale delle 20 di Tf1.
Quel motto contro Trump – «La democrazia muore nell’oscurità». Scosso dal languido torpore del lungo addio alle glorie passate, il grande giornalismo, quello che Trump chiama “notizie false”, proclama una nuova missione che suona come una “missione da Dio”: combattere le tenebre del trumpismo con la luce dell’informazione. Un po’ nello spirito di Batman, il vendicatore dell’oscurità, e un po’ nel rimpianto delle luminose giornate del Watergate, il Washington Post issa sotto i caratteri inglesi della sua testata un nuovo motto leggermente retorico per la sua nuova missione: “La democrazia muore nell’oscurità”. La scritta è apparsa nel giorno in cui Donald Trump, il “cattivissimo me” del nuovo blockbuster politico americano, ha scaricato in pubblico, nei caratteri di Twitter e nelle sue rancorose apparizioni televisive le accuse a pallettoni contro il giornalismo dei grandi media, promossi al rango addirittura di “Nemici del popolo”. «Democracy dies in darkness è una cosa che ci dicevamo tra noi e ne aveva parlato anche Bezos in un convegno, l’anno scorso», racconta la portavoce del Post, Kris Coratti. «Perché non farla diventare addirittura il nostro motto?». Motto che di certo non piacerà al «principe delle tenebre», quello Steve Bannon, ideologo di Trump, che ama muoversi nell’oscurità: lo chiamano Darth Vader e lui lo considera un complimento. Arriverà una reazione ancor più violenta contro la stampa? Forse.