Antonio Troise
Fra poco meno di due settimane, il 12 settembre, Paolo Gentiloni festeggerà i suoi primi nove mesi a Palazzo Chigi. Certo, rispetto al suo predecessore, il gran “rottamatore” Matteo Renzi, lo stile è completamente cambiato. Al posto delle slide, messaggi pacati. Sono diminuiti i tweet ma, nel frattempo, il governo ha continuato a sfornare leggi e decreti. Perfino il tono delle polemiche è cambiato. Questione di stile. Tanto era impetuoso primo, così è calmo, quasi distaccato, il secondo. Una sorta di ritorno alla “normalità” dopo gli scossoni renziani. E le cifre, per la verità, sembrano premiare questa linea. Sarà pure un caso. Sarà pure vero che Gentiloni sta raccogliendo i frutti del lavoro realizzato negli ultimi due anni. Sarà pure fortuna, perché l’economia mondiale ha finalmente cambiato verso e anche quella europea si è rimessa in moto. Eppure, un giorno sì e l’altro pure, l’ex ministro degli Esteri può arricchire il suo portfolio di risultati raggiunti. A cominciare dal Pil che, a fine anno, chiuderà con una ripresa superiore di quasi mezzo punto rispetto alle previsioni. Di solito accadeva il contrario. Questa volta, invece, Gentiloni non solamente ha centrato l’obiettivo del Def (il Documento di Economia e Finanza) ma l’ha addirittura superato. E la musica non cambia neanche sul fronte dell’occupazione: i posti di lavoro continuano ad aumentare. E, non meno importante, sono in crescita anche i contratti a tempo indeterminato, nonostante la fine degli incentivi per i neoassunti. Certo, resta la questione dei giovani. Ma anche su questo fronte il governo si è mossa, non solo promettendo nella prossima finanziari sgravi contributivi per gli under 35, ma anche pensando alle pensioni del futuro, a colpi di sconti fiscali sulla previdenza integrativa, con l’obiettivo di evitare alle generazioni nate negli anni 80 di lasciare il lavoro a oltre 70 anni e, per di più, con assegni da fame. Se a tutto questo aggiungiamo il reddito di inclusione approvato martedì dal governo e il riconoscimento internazionale portato a casa dal premier dopo il vertice di Parigi in materia di immigrazione, il “bottino” di Gentiloni diventa ancora più ricco. Certo, sarebbe un grave errore limitarsi a snocciolare questo “elogio della normalità” dimenticato che da qui a qualche mese il Paese sarà di nuovo sotto pressione, in piena campagna elettorale e con una manovra finanziaria che non offrirà grosse opportunità agli appetiti dei partiti. Senza considerare che il Paese deve fare ancora molta strada per lasciarsi finalmente alle spalle le macerie della recessione. Ma, proprio per questo, il vero valore del governo Gentiloni sta proprio nella sua capacità di andare avanti per la sua strada, quotidianamente, senza strappi e senza proclami. Magari in silenzio e lontano dai riflettori. In sostanza, un esecutivo che, con tutti i suoi limiti, non solo cerca di “governare” ma anche di raccogliere qualche risultato. Quasi un miracolo per la Politica italiana.