di SIMONA D’ALBORA
I latini dicevano: “nome omen”, e chissà se quella piazza, progettata per ospitare grandi eventi a nord della città, si sarebbe mai immaginata di ricevere non una, ma ben due visite di due pontefici. Stiamo parlando di Piazza Grandi Eventi, ribattezzata nel 2009 Piazza Giovanni Paolo II, dopo che alcuni cittadini iniziarono una raccolta firme affinché quel nome anonimo per una piazza che fino al 10 novembre del 1990 era rimasta anonima, fosse cancellato per ricordare l’unico grande evento, anzi forse il più grande evento che una piazza possa accogliere: la visita di un pontefice.
LA VISITA DI WOJTYLA
Organizzare la speranza, fu lo slogan di quell’incontro tra Karol Wojtyla e la popolazione di Scampia, un messaggio che in un’anonima piazza di una degradata periferia, il pontefice volle lanciare, e da allora per anni, i fedeli di Scampia hanno raccontato quella giornata dalla quale, pensavano davvero, sarebbe ripartito il loro riscatto. Anni di abbandono che si notano in strade che, per una beffa hanno nomi come Viale della Resistenza o piazze che si chiamano Piazza della Libertà. Lunghi stradoni costeggiati da parchi anonimi, ognuno dei quali ha le sue storie di criminalità, degrado, violenza arresti . Ma forse quei nomi non hanno importanza perché proprio a Scampia arrivano i tossicodipendenti che cercano la piazza dello spaccio e allora sparisce ogni riferimento storico alla Resistenza o alla Libertà.
CIRO ESPOSITO
Rimasta nel suo anonimato, nonostante le ambizioni di chi l’ha costruita per i grandi eventi a nord della città e in funzione della metropolitana collinare e viceversa, quella grande piazza, sulla quale si affacciano i palazzi delle Vele di Secondigliano, è tornata protagonista, questa volta per un evento negativo: ha ospitato i funerali di Ciro Esposito, il 28 giugno scorso. Un intero quartiere, anzi una gran parte della città, in quel pomeriggio estivo ha raggiunto, in auto o con la metro proprio quella grande piazza per rendere l’ultimo saluto a Ciro. La morte del tifoso napoletano ha lasciato dei segni inconfondibili su quella piazza: proprio nella parte alle cui spalle troneggiano le Vele, un grande murales ricorda il giovane che ha perso la vita a Roma negli scontri tra tifosi. E poi scritte da stadio e quel ricordo di una targa, posta il giorno dopo, per quella piazza nella quale convivono il ricordo di un santo e quello di un tifoso, cose che possono succedere solo a Napoli.
LA FELICITÀ
All’estremità della piazza opposta alle Vele c’è un colonnato sul quale capeggia una scritta: quando la felicità non la vedi cercala dentro. E in quel degrado è un po’ difficile vederla, può sfuggire nella bruttura di un quartiere lasciato in balia di se stesso. Il palco del Papa sarà sistemato proprio di fronte a quella scritta, sotto le costruzioni ideate da Franz Di Salvo, che ispirandosi a cìpi delle unités d’habitation di Le Corbusier e alle strutture «a cavalletto» proposte da Kenzo Tange, realizzò un quartiere che nelle intenzioni doveva essere il simbolo della modernità ma che nel tempo si è rivelato solo il segno di un degrado senza fondo. La felicità e la speranza dei fedeli ritornerà in quella piazza, che nel nome già aveva scritto un destino al quale forse nessuno credeva, ma che, nel bene o nel male in tre eventi ha alternato masse di fedeli e masse di tifosi, accomunati da un unico fattore: la preghiera, per la vita e la speranza con Papa Giovanni Paolo II e sabato con Francesco e il dolore e la morte con i funerali di Ciro Esposito.