di LAURA BERCIOUX
Ha la cronaca e l’inchiesta nel sangue. Sempre in prima linea sulla notizia, dalla Rai alla 7, Sandro Ruotolo, napoletano doc, ha portato sugli schermi inchieste scottanti: dal camorrista Schiavone alla Terra de Fuochi fino alla redazione di Charlie Hebdo a Parigi. Un inviato davvero molto speciale.
Qual è il tuo rapporto con Napoli?
“Per questioni di lavoro ho lasciato Napoli nel 1991. Ma la mia identità rimane quella napoletana: sono un napoletano che vive a Roma, ospite di una bellissima città.”
Hai ricordi belli e positivi di Napoli, del Sud?
“Per lavoro ci torno spesso. Vado in albergo pur avendo la mia famiglia a Napoli: ho il fratello, i cugini le zie e mantengo i miei rapporti di amicizia con Napoli”.
Che percezione hai sulla reputazione di Napoli nel tuo ambiente lavorativo?
“Non è tanto questo il punto. Penso che ci sia un imbarbarimento complessivo dell’immagine della città. Ci sono stati due eventi choc: la morte di Ciro Esposito e la morte di Pino Daniele. Non possiamo limitarci a dire, con una punta di orgoglio, che in questi due elementi si scopre cos’è Napoli e qual è la sua complessità. Ho sempre contestato i miei amici napoletani che ce l’hanno con i mass media che maltrattano Napoli, identificandola con la camorra. Quando sulla vicenda del Rione Traiano abbiamo fatto vedere che circolavano i ragazzi senza casco, siamo stati attaccati. Ovviamente io, e non per ragioni di bottega, ho difeso il mio collega, che ha fatto un pezzo vero: forse, con la carta stampata, puoi manomettere e puoi interpretare. Ma quando si vedono le immagini, questo non è possibile. Ha poco ragione chi indulge nelle giustificazioni. Non le accetto più. Ricordo che quando fu uccisa mia cugina, accusai quella borghesia napoletana che faceva finta di “non vedere”. Non chiedo ai cittadini di sostituirsi alle forze dell’ordine o alla magistratura. Ma c’è sicuramente un problema di educazione civica, di cultura, di legalità. Il ruolo delle scuole è fondamentale”.
Domenico Rea parla di due Napoli, da una parte i lazzari e dall’altra la borghesia, che non fanno “popolo”: è una chiave di lettura attuale?
“Io che ho lavorato alla Rai di Napoli, ho avuto come collega Domenico Rea e ho avuto anche come amico Luigi Cmpagnone. C’era un’altra definizione molto bella che diceva Luigi di questa città “dove ci sono tante isole ma non c’è il connettore”. Io dico che oggi la battaglia è rimettere il connettore per far dialogare questi due mondi. Oggi le periferie sono sempre state sono lasciate fuori. La questione Napoli e lo dico da sempre la risolvi se risolvi la questione Scampia, non se fai l’isola pedonale di Chaia, che va pure bene. Napoli non è soltanto quella che vedi nei filmati che va da Castel dell’Ovo a Mergellina: Napoli passa da questa periferia e non devi considerarla esterna a Napoli”.
Nella Terra dei Fuochi si continua a morire…
“Aldilà dei dati scientifici, non c’è ombra di dubbio. Sono stato di recente per un’inchiesta che tra poco andrà in onda su Servizio Pubblico e dal primo momento ho capito qual è la prima battaglia da fare. E’ indubbio che la qualità della vita passa per le bonifiche, per l’ambiente. Noi siamo ancora nel pieno della crisi economica, ma un piano di investimento lo dovresti fare sul territorio: l’assetto idrogeologico, la ristrutturazione, la riqualificazione delle periferie e dei centri urbani. Sono interventi necessari per rimettere in moto anche l’economia perché si crea lavoro. Per l’edilizia non hai bisogno di costruire nuove case, hai bisogno di riqualificare l’edilizia pubblica e popolare. Magari con un occhio alle giovani coppie. Un governo dovrebbe rispondere a queste questioni e non alle mega opere”.
Milioni di euro per operazioni di immagine mentre non si fanno gli impianti, né le bonifiche…
“Fa molta rabbia. Quello che più mi colpisceè la sottovalutazione del problema. Ci sono due questioni: uno riguarda gli intombamenti e lì le responsabilità sono delle imprese del centro nord, l’altro è la questione dei roghi, responsabilità delle imprese che lavorano al nero. Allora, bisogna far emergere il sommerso, realizzare una battaglia contro l’evasione fiscale. Voglio la tracciabilità dei rifiuti prodotti dalle aziende. Voglio vedere i loro libri contabili per conoscere quanto spendono per lo smaltimento”.
E l’inquinamento della falda acquifera?
“Una serie di malattie sono collegate sicuramente a questo fenomeno. Sono stato una settimana in quelle zone e non ho visto neanche un soldato. C’è un problema di controllo del territorio. In questo mio viaggio ho scoperto tante terre dei fuochi: ce l’hai dovunque in Italia. Il tema qualità della vita, della salute e dell’ambiente non sono una parentesi: sono la questione di oggi. Il modello di sviluppo sono fondamentali”.
Se tu fossi il Sindaco di Napoli, cosa faresti?
“Intanto ascolterei le realtà vive della società civile. Sono sempre più colpito da questa separazione tra quello che succede sul territorio e quello che succede nel mondo della politica. Credo che l’informazione sia fondamentale: occorre la trasparenza. Oggi convinci la gente, non devi importi. Ma questo non significa non decidere. L’assunzione di responsabilità c’è tutta da parte di chi vince un’elezione. Se poi il bilancio è negativo alle prossime si cambia. Quindi chi sta alla guida di una città e di un governo deve prendere delle decisioni , con trasparenza e coinvolgendo i cittadini: la gente non chiede la luna. Devi decidere con la democrazia, con il consenso e non con l’imposizione”.
Quando leggo che ci vorrebbe una scossa di civiltà mi domando sempre cosa significa?
Una bella frase ad effetto che in realtà non serve a null’altro se non a sottolineare in modo vagamente razzista, tipico di chi vuole prendere le distanza da Napoli, che qui siamo incivili.
Sarebbe molto più sensato e realistico dire semplicemente che si deve investire sull’istruzione, a partire dagli asili per finire alle università.
Ma guarda caso… Napoli e tutto il sud sono stati derubati dei fondi per asili ed università proprio dall’ultima legge sblocca Italia.
Ma è una storia vecchia di 154 anni