Un miniesercito di poco meno di mille e cinquecento. «Soldati» con le armi spuntate. Disarmato dalla mala che fa agguati senza tregua. E dai salari che dimagriscono, ogni volta di più, assieme alle tutele contrattuali. I lavoratori della vigilanza privata hanno deciso di togliere il tappo alla pentola dei disagi che da anni comprime salari e diritti: lunedì due novembre si fermeranno e renderanno visibile la protesta.
Sciopero. «L’adesione sarà consistente», annunciano Maria Ruta, della Fisascat Cisl, e Antonio Miccoli della Filcams Cgil. E non solo perché il cartello sindacale impegnato nella vertenza-vigilianti è largo, visto che aderiscono allo sciopero anche Uiltucs e Ugl. Ma anche perché la rivendicazione è unica: no alla disdetta del contratto integrativo provinciale decisa da quasi tutti gli istituti di vigilanza di Bari e Bat. Sono 39 gli istituti autorizzati dalla Prefettura, solo tredici hanno sede legale nel Barese e la maggior parte ha dimensioni
piccole, cioè meno di dieci unità. È variegato il settore, non c’è soltanto il servizio di trasporto valori. C’è il piantonamento, il servizio ispettivo, il lavoro in sala conta, la custodia beni e valori, la localizzazione
satellitare, il controllo del teleallarme, la videosorveglianza e il telesoccorso.
A parte quest’ultimo segmento, si può dire che le mansioni svolte espongono a grossi rischi. Compensati da
una serie di concessioni economiche Il «mercato» della vigilanza privata di Bari e Bat è tale percui l’ottanta per cento della manodopera è assorbita da un numero ristretto che si contano sulle punte della dita.