Un museo sommerso: sono circa 150 i relitti dimenticati nel mare calabrese, concentrazione unica al mondo, comparabile, probabilmente, solo con Pearl Harbor
I relitti calabresi sono in ottime condizioni. Soprattutto quelli in acciaio. Resistono maggiormente cannoni, condensatori, eliche e cerniere.
Per anni la Calabria è stata porto di navi e convogli. Molte navi raggiungevano le coste nordafricane ma altre concludevano il loro viaggio inabissandosi nei fondali calabresi.
Il “Team Explorer Arcadia” li ha filmati, fotografati e catalogati.
La provincia calabrese con più tesori sommersi è Reggio Calabria, in particolare la zona di Capo Spartivento, dove aerei, sommergibili e scafi giacciono sul fondale.
Il mar Jonio, negli anni della seconda guerra mondiale, si era trasformato in una rotta bellica, passando lo Stretto di Messina, verso l’Africa e i Balcani.
Navi italiane, greche, turche, anglo-americane e cipriote: molte vennero colpite e scivolarono lentamente nei fondali. Sono circa 150 le imbarcazioni che fra il 1941 e il 1943 hanno subito questa sorte
Fra queste c’è forse il “Pasubio”, un piroscafo italiano di 2.216 tonnellate, lungo 95 metri e largo 13 che il 16 febbraio del 1943, durante la sua rotta da Crotone a Messina, fu silurato al largo di Roccella Jonica dal sommergibile britannico “Unrival led”.
Ad una profondità tra i 34 e 44 metri si trova il piroscafo italiano “Cosala”. Fu silurato ed affondato dal sommergibile britannico “Una” il 10 febbraio del 1943.
Sul fondale sabbioso di Capo Spartivento, tra i 25 e i 30 metri, c’è la torpediniera italiana “Castore”, affondata il 2 giugno 1943 dalla cacciatorpediniere inglese “Jervis”e dalla greca “Queen Olga”.