Arie, duetti, recitativi, interludi e perfino una tempesta: i luoghi dell’opera, della sua tradizione. Si affacciano tutti ne Il giudizio di Paride – operetta morale in un atto – libretto e musica di Marcello Panni, in scena venerdì 3 maggio alle ore 21 al Teatro Palladium prodotto dalla Fondazione Roma Tre Teatro Palladium e dal Conservatorio di Musica “Santa Cecilia” di Roma.
Una suggestiva scenografia virtuale, realizzata da proiezioni attraverso motion graphics, accompagna il pubblico nell’affascinante mitologia greca tra immagini di Marilyn Monroe e i teschi dell’Ade in un vortice di capricci, litigi e vanità degli dei, con tratti molto umani e straordinariamente moderni. Prima dello spettacolo – dalle ore 19 – saranno esposti nel foyer del teatro i bozzetti di Sandro Chia per l’edizione originale del Giudizio di Paride all’opera di Bonn, del 1996.
Liberamente tratto da alcuni passaggi dei Dialoghi di Luciano di Samosata, autore greco attivo nel secondo secolo, il compositore romano sceglie latraduzione ottocentesca di Luigi Settembrini, lasciando ben riconoscibili gli arcaismi letterari di quella nostra lingua perduta.
Il giudizio di Paride di compone di quattro episodi. Il filo conduttore è semplice: Mercurio, messaggero degli dei e psicopompo, guida dei morti per regalo di Apollo in cambio della lira, si presenta alla madre Maia come un insonne e affaticato Leporello al servizio di Zeus. Il re degli dei, come ogni Don Giovanni, è infedele e insoddisfatto. Tutto può perdonargli la moglie Giunone salvo il suo ultimo capriccio, l’amore pedofilo per Ganimede, che vediamo da lui ridicolmente corteggiato nel secondo dialogo. L’ira di Giunone (che non vediamo in scena) suscita la contesa delle dee (terzo dialogo) sulla più bella, e Giove lascia a Paride il giudizio, con quel che segue. Nell’ultimo dialogo la conclusione amara sulla “Vanitas” è affidata allo stesso Menippo, a cui Mercurio sulla soglia dell’Infero mostra il miserando teschio della bella Elena, causa di tante sciagure.
“Un lavoro di piena consapevolezza ‘neoclassica’ – è il giudizio di Sandro Cappelletto – dove le ragioni del passato incontrano le esigenze del presente, in una sintesi resa possibile dallo sguardo disincantato del suo autore, molto vicino, evidentemente, alla filosofia di vita di Menippo, mitigata da un invincibile amore per il canto, dal sale saggio dell’ironia”.
“Una trama sonora mobilissima – scrive Gianluigi Mattietti – insieme delicata ed eccessiva, come un caleidoscopio nel quale si mescolano accenni stravinskijani e squarci di lirismo espressioni¬sta, melopee pastorali e citazioni da Petrassi (che è stato maestro di Panni), e poi tempi di valzer, di ciaccona, di siciliana; e continue invenzioni timbriche”.
NOTE DELL’AUTORE – DI MARCELLO PANNI
Ho definito “Il giudizio di Paride” un’operetta nei suoi molteplici significati (intraducibili in tedesco). È breve, di organico da camera, ha molti tratti parlati, anche se maggiormente si tratta di un parlato ritmico, di argomento leggero; non voluto (?) un ammicco alle “Operette Morali” di Leopardi, il cui humour e la cui forma dialogica sono chiaramente ispirate a Luciano.
Se dovessi dare una definizione della musica che ho scritto, cosa sempre difficile per un autore, direi che si tratta di uno stile di “ripiegamento” sul XX secolo che si chiude. Lo specchio, simbolo di vanità e di riflessione potrebbe essere l’attrezzo principale dello scrivente. La preoccupazione maggiore del ‘900, il mito più inseguito, l’originalità assoluta, sembra cedere il passo in questa chiusura del secolo al “Gioco delle perle di vetro”, profeticamente intravisto da Hermann Resse. Come nella Castalia, la chiusa cittadella di Hesse, l’arte eurocentrica, l’unica che ancora pratichiamo, appare sempre più come una celebrazione rituale, con i suoi sacerdoti, le sue congregazioni, le sue parole sacre. Tutto è stato detto e scritto, per questo lo diciamo e scriviamo ancora.
A questo almeno pensavo scrivendo la musica di questa “operetta” e lasciandomi andare al rotolare della memoria, al deposito dei materiali, alla camera dei tesori interiori.