Alessandro Corti
Hanno pagato il prezzo più alto della crisi, insieme ai giovani in cerca di prima occupazione. Sono stati colpiti dalla riforma Forner, che li ha trasformati in un esercito di esodati, brutto eufemismo usato per descrivere coloro che, per effetto delle nuove norme, si sono trovati senza reddito e senza lavoro. E ora che l’economia comincia a uscire dalle secche della recessione, difficilmente troveranno un’azienda disposta a riassorbirli. Insomma per la generazione degli over 55 si presentano tempi durissimi. Per questo la proposta del presidente dell’Inps, Tito Boeri, di erogare un reddito minimo a questa categoria di disoccupati, va non solo esaminata con attenzione ma anche accolta positivamente. Affronta, infatti, uno dei problemi sociali più duri creati dalla grande crisi. Non a caso, ha già avuto un sostanziale via libera da parte del ministro del Welfare.
Certo, bisognerà prima trovare le adeguate coperture finanziarie al provvedimento. E’ vero che, negli ultimi mesi, c’è stato qualche segnale positivo dal fronte dell’occupazione. Il calo delle richieste di cassa integrazione è un ulteriore elemento che rafforza le aspettative di ripresa. Ma è bene non illudersi: il tasso di crescita della nostra economia è ancora fiacco e, in ogni caso, non in grado di creare in poco tempo le centinaia di migliaia di posti bruciati dalla recessione. In questa situazione, se davvero volessimo assicurare un reddito minimo a tutti gli over 55 che hanno perso il lavori, occorrerebbero svariati miliardi. Mentre la dote resa disponibile da Boeri si attesta su 1,5 miliardi. Più o meno la cifra del famoso “tesoretto” trovato da Renzi nelle pieghe del Documento di Economia e Finanza.
Ma forse, il problema principale non è solo di natura finanziaria. Accanto al dossier degli over 55, ci sono altri temi non meno importanti. Basta pensare alle contraddizioni palesi della legge Fornero, che ha innalzato l’età pensionabile di colpo senza considerare gli effetti della misura sulle giovani generazioni. O, ancora, alle pensioni da fame che rischiano di ritrovarsi i lavoratori che per anni hanno tirato avanti con contratti di collaborazione o a tempo determinato. Problemi enormi che la crisi ha aggravato e che la riforma Fornero ha volutamente ignorato, puntando soprattutto a fare cassa.
Oggi la situazione è diversa. Nella prossima Finanziaria potrebbe esserci qualche margine di manovra per introdurre una nuova flessibilità nell’età minima per lasciare il lavoro. Con il Jobs Act si sono creati i presupposti per una ripresa dell’occupazione. Ma oggi é forse arrivato il momento di un intervento organico che tenga insieme il sistema previdenziale e l’enorme rivoluzione che ha ormai investito il mondo del lavoro.Boeri fa bene ad avanzare proposte. Ma da un economista del suo rango (e dal governo) è lecito aspettarsi una riforma organica e non solo a pezzi. Magari per ricostruire quel patto fra le generazioni, fra over 55 e gli under 25, che la crisi ha spazzato via.