Un Paese per poveri. La più lunga e grave recessione dal dopoguerra ha bruciato risparmi e fortemente alleggerito il portafoglio degli italiani. Ne sanno qualcosa i milioni di italiani che non solo non riescono ad arrivare a fine mese ma si fermano molto prima, forse neanche a metà strada: secondo gli ultimi dati dell’Inps, infatti, il 63% delle pensioni erogate dall’istituto si ferma sotto la soglia dei 750 euro. E, di questi, almeno 4 pensionati su 10 non raggiungono i 500 euro mensili. Dati che misurano, con allarmante precisione, quell’esercito di poveri che, giorno dopo giorno, ingrossa sempre di più le sue fila.
Il calo degli assegni Inps è anche l’altra faccia della grande crisi che ha investito il Paese, bruciando in otto anni il 25% del nostro potenziale produttivo oltre a centinaia di migliaia di posti di lavoro. Un fenomeno che ha lasciato una ferita profonda non solo dal punto di vista economico anche nel tessuto sociale. L’ultima istantanea scattata ieri dall’Istat non lascia margini di dubbio: in duecentomila famiglie sono le mamme che ogni giorno escono di casa per andare al lavoro mentre i papà, disoccupati, restano fra le mura domestiche ad occuparsi degli figli. Un fenomeno in forte crescita rispetto al 2014 e che, comunque, dista anni luce rispetto a un Paese dove da sempre il ruolo di capofamiglia era di esclusivo appannaggio dell’uomo. E c’è anche chi sta peggio, come gli 85 mila nuclei familiari con figli dove a perdere il lavoro sono stati entrambi i genitori.
Certo, rispetto agli ultimi quattro anni, l’economia italiana sembra aver cambiato passo. Dopo aver inanellato una lunga serie di segni negativi, il Prodotto Interno Lordo (l’indicatore che misura la ricchezza di un Paese) nel 2015 ha fatto registrare un +0,8%. Che, quest’anno, secondo le previsioni del governo (peraltro già riviste al ribasso dall’Unione Europa), dovrebbe lievitare fino all’1,5%. Anche così, però, c’è poco da stare allegri. La doppia fotografia scattata ieri dall’Inps e dall’Istat ci consegna l’immagine di un Paese che avrebbe bisogno, per risalire la china e combattere l’incubo povertà, di una dose coraggiosa di riforme. A cominciare, ovviamente, da quella della previdenza, uno dei settori che durante gli anni della crisi, i governi hanno trasformato in una sorta di bancomat dal quale prelevare le risorse necessarie per far quadrare i conti pubblici.
Ma per uscire dalla recessione occorre, soprattutto far ripartire gli investimenti produttivi e accelerare la crescita. Se il Pil continuerà a crescere ad un ritmo così blando e se l’Azienda Italia non si rimetterà davvero in moto, ci vorranno almeno venti anni per tornare ai livelli pre-crisi. Troppi per un Paese che, dal punto di vista dei redditi e del lavoro, ha già pagato un prezzo molto alto.
fonte: L’Arena