Trump attacca la Siria, per la prima volta l’America interviene in una guerra civile che dura da sei anni. È una svolta che può sconvolgere il teatro del conflitto, ed anche la fisionomia di una presidenza che si annunciava isolazionista. Gli Stati Uniti ripetono che si è trattato di un intervento una tantum, deciso per “scoraggiare” ulteriori utilizzi di armi chimiche: non implica un maggiore coinvolgimento americano nella guerra in Siria. Eppure, i 59 missili Tomahawk lanciati dal Mediterraneo all’alba di venerdì contro la base siriana di Shayrat – da cui sarebbe partito l’attacco chimico di martedì scorso sul villaggio di Khan Sheikhoun, più di 70 persone uccise dal satin – sono destinati a lasciare un’impronta profonda.In Medio Oriente, negli equilibri tra l’Europa e un’America tornata interventista, nel legame tra Russia e Stati Uniti ripiombato nel gelo prima ancora di sbocciare. La supposta sintonia attesa tra Donald Trump e Vladimir Putin è già rotta di collisione: i missili americani, ha detto il premier russo Dmitrij Medvedev, sono stati a un soffio dallo scontrarsi con i sistemi militari russi. Trump ha annunciato il ritorno in scena degli Stati Uniti da Mar-a-Lago, in Florida, proprio mentre stava iniziando il summit con il presidente cinese Xi Jinping. «È interesse vitale degli Stati Uniti – ha detto – prevenire la diffusione di armi chimiche letali». Ha ricordato i bimbi rimasti uccisi dal gas: «Nessun figlio di Dio dovrebbe mai soffrire un tale orrore». Alla ritorsione americana contro Damasco – la prima grande decisione di politica estera presa da Trump – la Russia ha risposto minacciando di sospendere proprio quello che chiamano deconfliction notice, lo scambio di informazioni voluto per la prevenzione degli incidenti che, attivato dagli americani prima dell’attacco missilistico, ha preavvertito i russi che – presenti a Shayrat – in questo modo hanno evitato perdite. Senza questo canale di comunicazione, evitare un’escalation sarebbe molto più complicato. È il primo avvertimento di Mosca a Washington, sottolineato in mare – secondo quanto riporta Fox News – dall’ingresso di una nave da guerra russa nel Mediterraneo. Le bombe erano per Bashar Assad ma il messaggio politico era destinato a Vladimir Putin: la Russia non avrebbe più avuto la libertà di manovra di questi ultimi due anni e sarebbe stata responsabile dei comportamenti dei suoi alleati sul campo di battaglia. Ma l’attentato a Stoccolma e nemmeno i prossimi prevedibili in qualsiasi posto fra le coste dell’Atlantico alla catena degli Urali, non trasformeranno la sfida fra Mosca e Washington in sincera collaborazione. lI confronto fra loro continua a essere un gioco a somma zero: uno vince l’altro perde, senza compromessi. Una delle leggende metropolitane di maggior successo è che Vladimir Putin sia l’unico a combattere il terrorismo e che il regime di Assad sia l’unica alternativa al caos del Paese. Solo da pochi mesi i russi si sono applicati un po’ di più nel bombardare i terroristi dell’isis, continuando comunque a colpire come prima gli oppositori al regime di Damasco.