Il dna conferma che i figli non sono i suoi, ma per i giudici deve continuare a mantenerli. Anche se di fatto l’uomo è separato. Così ha deciso una sentenza della Corte di Appello di Bologna, mettendo in parte la parola fine a una tormentata vicenda giudiziaria intrapresa dallo stesso marito spinto dal tarlo del tradimento. La vicenda si svolge in un paese di provincia, nella città del cavallino rampante. E’ qui che l’uomo, come riporta la Gazzetta locale, aveva sposato la bella donna straniera, dalla quale aveva avuto due gemelli.
Ma già quando i figli erano piccoli, nel 2009, all’uomo era montato il sospetto di essere tradito dalla moglie. La coppia è scoppiata e l’uomo, in fase di separazione, ha tentato di giocare la carta del tradimento, ma lo ha fatto senza prove convincenti e la sua ricostruzione dei fatti non ha convinto in prima istanza i giudici che nel 2013 gli hanno dato torto.
Il modenese di mezza età, convinto di essere vittima di un doppio tradimento, non ha mollato la presa, neppure quando la moglie ha abbandonato la casa con i figli. E così ha fatto ricorso alla Prima Sezione della Corte d’Appello di Bologna; un tentativo estremo di sistemare le cose, di trovare ascolto a quelle che rivendicava come sue legittime richieste.
Nel 2016 è arrivato l’esito degli accertamenti di laboratorio di analisi genetica: il dna non era il suo, tra lui e i gemelli non vi era alcun rapporto di filiazione. Tutto finito? Macchè. I giudici hanno ugualmente respinto il suo ricorso, spiegando che il fatto che non sia il padre dei gemelli «non può implicare automaticamente la domanda di disconoscimento della paternità. L’interesse superiore dei minori appare contrario alla proposta di disconoscimento. Il provvedimento richiesto li priverebbe di una delle persone tenute al loro mantenimento con un conseguente pregiudizio economico».