di Giuseppe Pedersoli
E’ come passare da don Alfonso 1890, menù degustazione euro 150 vini esclusi, al romantico ristorantino con la brocchetta di “bianco della casa”, non i soliti piatti e circa 35 euro a persona. Se poi, proprio mentre mangi al ristorantino, ti affacci nella trattoria con la tovaglia a quadri primo secondo contorno bibita 12 euro, non puoi non sentirti frastornato, con papille e portafogli in gran confusione. Ecco, questa è la mia sensazione di oggi. Dopo il 3 a 1 che ci hanno rifilato al Santiago Bernabéu, sul quale ci sarebbe tanto da dire ma rinviamo tutto al 7 marzo ore 23, quando il match di ritorno sarà terminato (al netto di eventuali tempi supplementari), siamo stati scaraventati al Bentegodi. Per l’esattezza, Marcantonio Bentegodi. Che Giulietta sia una poco di buono ormai è storia nota, oggi quasi non interessava a nessuno e il risultato di 1 a 3 in favore degli azzurri è stato archiviato come atto dovuto. Il dramma personale è che qualche grande organizzatore maranese ha deciso che la gara dei “mini giovanissimi 2003” dovesse giocarsi alle ore 15 di domenica 19 febbraio al campo “Nuovo Grillo” di Marano di Napoli, via Pigno n. 4 cap 8016. Il baretto del Nuovo Grillo aveva la tv sintonizzata su Premium e, come le onde del mare a settembre s’infrangono sulla battigia per poi ritirarsi, un gregge umano transumava tra la partita dei figli e il punto di ristoro del Grillo. Sensazioni indescrivibili. Questa vittoria col Chievo mi resterà in mente per la transumanza oscillante e la volgarità degli astanti. Ne cito solo due. Al bar: “Come si chiamava quello con la barba del Chievo che ci faceva sempre gol”? – “Moscardelli. Avevo una sua foto nel cesso per non dimenticarmelo”. (Ho tradotto, ma in realtà in dialetto suona molto peggio). Al campo dei ragazzi: “Arbitro, ‘a lota a confronto a te è ragù”. Confesso che mi è voltato lo stomaco. E ho pensato che il calcio è così, a tutti i livelli. Cambiano tasca, ceto sociale e titolo di studi dei pastori sul presepe ma ciascuno dei protagonisti dà il peggio di sé, quasi come nelle riunioni di condominio. Insomma: la squadra di mio figlio ha perso, il Napoli ha vinto, col Real Madrid ce la giocheremo tra un paio di settimane. Ma io ho rivalutato Aurelio De Laurentiis. O faccio così, oppure proibisco a mio figlio di giocare a pallone, smetto di seguire il calcio e mi dedico al basket, alla pallanuoto, alla scherma. Un po’ di amarezza c’è, perché so che continuerò a gridare: forza Napoli, sempre.