Un passo avanti. Per la Terra dei Fuochi il decreto approvato dal Parlamento e trasformato in legge segna qualche novità positiva. Diventa reato, ad esempio, il rogo dei rifiuti. Ci sono parametri certi per la mappatura, ovvero per definire in tempi rapidi un`area inquinata e “no-food”, ma di conseguenza, anche di un`area non inquinata e coltivabile; lo stanziamento di 600 milioni di giuro per iniziare la bonifica dei siti inquinati.
Ma ci sono anche tante cose che non vanno. Cerchiamo di fare chiarezza.
I numeri
La Terra dei Fuochi interessa 77 comuni tra le province di Napoli e Caserta, per un totale di 1.800 chilometri quadrati. In pratica, il 13% dell`intero territorio della Campania. Non tutta quest`area, per lo più a vocazione agricola, è inquinata. Anzi, solo una minima parte di quest`area – che i Romani chiamavano Campania Felix per la sua fertilità – è contaminata. Ma la perimetrazione prevista dalla nuova legge è necessaria proprio per distinguere le aree “no-food”, dove è proibito coltivare, dalle aree che invece possono continuare a produrre generi alimentari, peraltro pregiatissimi. Tanto più che in Italia e all`estero è in atto una campagna, piuttosto scoperta, contro i prodotti della Campania, genericamente indicata come “terra inquinata”.
Ancora roghi
L`Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale ha già individuato 2.000 siti potenzialmente inquinati – e ancora in atto: nei soli anni 2012 e 2013 sono stati rubricati, secondo Legambiente, non meno di 6.000 roghi sospetti. Nella Terra dei Fuochi si accendono ancora oggi poco meno di dieci fuochi illegali al giorno. Secondo il dossier di Legambiente, dei 2.000 siti inquinati finora individuati, solo lo 0,2% è stato bonificato o è in corso di bonifica. E solo nel 21,5% si è avuta una qualche caratterizzazione. Nel 74% dei casi non si è fatto assolutamente nulla.
Parte dei rifiuti tossici è stata e forse è tuttora sepolta (il cosiddetto tombamento). E parte dei rifiuti tossici liquidi è sversata direttamente nelle fogne, dando luogo ai “tombini fumanti” che, come i roghi, costellano la Terra dei Fuochi.
I ritardi
La bonifica sarà molto lunga e graduale. Ma perché per 15 anni non si è fatto nulla? E dal 1999 che il Litorale Domiziano e Flegreo, l`Agro Aversano e la Terra dei Fuochi sono stati ufficialmente indicati come «Sin», siti di interesse nazionale da bonificare. Perché ora le bonifiche dovrebbero ripartire? Ma di più: come mai con un decreto del 13 gennaio 2013 del governo Monti, quest`area così vasta e intossicata da diventare un caso nazionale di cui si occupano finalmente il Consiglio dei ministri e il Parlamento, è stata paradossalmente declassata a sito di interesse solo regionale?
La mappatura
Mappare con accuratezza e iniziare a disinquinare un`area così vasta è un esperimento pressoché inedito che, se realizzato appunto con efficienza e trasparenza, consentirà di prevenire una serie di morti e di malattie gravi nei prossimi decenni; rilanciare l`agricoltura della Campania Felix e dare lavoro – per la gran parte qualificato – a un grande numero di persone. La posta in gioco umana, sanitaria e anche economica di questo investimento per recuperare il terreno e il tempo perduti è davvero altissima.
Il condono mascherato
Le grandi aziende che hanno inquinato il territorio italiano, spesso violando la legge, creando le cinquanta e più Terre dei Fuochi che costellano la penisola, ottengono un bello sconto su quanto devono alla comunità nazionale in risarcimento del danno. Di più: se saranno così gentili da firmare l`ennesimo “Accordo di programma” col governo per le bonifiche, la collettività pagherà un bel pezzo del dovuto, gli inquinatori avranno un credito d`imposta da 70 milioni e potranno pure costruire nuovi impianti produttivi sui siti inquinati. Cosa prescrive, infatti, l`articolato sponsorizzato dal ministero per lo Sviluppo economico? Che per tutti i Siti di interesse nazionale (SIN) il modello “chi inquina paga”, imposto dalla legislazione europea, non vale se “i fatti che hanno causato l`inquinamento sono antecedenti al 30 aprile 2007”. Basta l`accordino con l`esecutivo e questo “esclude ogni altro obbligo di bonifica e riparazione ambientale e fa venir meno l`onere reale per tutti i fatti antecedenti all`accordo medesimo”.
Trasportato in quel disastro che è la situazione delle bonifiche ambientali in Italia questo significa che dei 39 Sin attualmente riconosciuti ne restano fuori solo due: l`Ilva, che ha già la sua legge ad hoc, e il sito di Bussi sul Tirino, in Abruzzo, dove sono sfortunati e hanno ottenuto il bollino “Sin” solo nel 2008.