di CLAUDIO D’AQUINO
Se il buongiorno si vede dal mattino, da dove comincia una promettente carriera artistica? Ma che domanda, comincia dal nome, ovvio. “Nomina sunt consequentia rerum”, dicevano i latini. E allora?
Allora Noemi Belfiore, nome e cognome al servizio di una carriera che si va dispiegando, come l’involucro di carta argentata che avvolge un confetto prelibato. Nata a Napoli sotto il segno dell’Ariete, un metro e sessantanove di altezza, un bel fiore di nome e di fatto. Attrice, conduttrice televisiva e, prima ancora, modella e fotomodella, con il canto e la danza ha una certa dimestichezza, in curriculum ha persino una spruzzata di arti marziali e boxing, oltre che nuoto, inglese e francese sotto controllo.
Noemi è nome che viene dall’ebraico. Sta per “dolcezza, gentilezza, gioia e delizia”. Ancora: è sinonimo di “essere paicevole”, “essere gradito”. Del cognome si è detto, di nome e di fatto. Ma il nome andrebbe completato con un altro paio di attributi fondamentale: determinazione e duttilità. Noemi Belfiore, training all’accademia Artisti di Rita Statte e Carlo Principini, poi un masterclass con Ivana Chubbuck e un workshop con Roberto Bigherati, ha inanellato una serie di esperienze. Vanno dal cinema (figurazioni in “Malanapoli” con Enzo Morzillo, “Colpi di Fulmine” con Neri Parenti, “Il giovane favoloso” di Mario Martone, fino al recente “Si accettano miracoli” di Alessandro Siani) alla tv (qui l’elenco delle conduzioni è lungo, da rimarcare l’intesa con Raffaele Auriemma in suoi alcuni programmi come “azzurro”, “Tifosi” e “In casa Napoli”. Dai corti come “Ritornerai” con Mimmo Orlando a “Curriculum vitae” con Sergio Scoppetta ai videoclip con Sal Da Vinci (coprotagonista in “Perdono”), Martino Nacca (protagonista in “L’amour Toujours” e “Magicsexual”). Non le manca una prima, fondamentale, gavetta teatrale tra il 2009 e il 2013, a partire dai musical tratti dai romanzi di Federico Moccia (“Tre metri sopra il cielo” e “Ho voglia di te”) fino ad “Arteriosclerosi” di e con Dalia Frediani, dove interpreta diverse parti come giovane attrice.
“Il mio metodo non sta in nessuna specifica esperienza e in tutte. Non si esaurisce in alcun passaggio fondamentale, perché tutti servono a strutturare il mio profilo professionale”. E’ figlio, insomma, dell’ars combinatoria. E’ postmoderno. Racconta però da dove nasce. Viene da un incontro decisivo che ha segnato la svolta verso la carriera di attrice che, come lei stesso definisce, è all’americana, perché mette sullo stesso piano il teatro d’essais e la pubblicità che non a caso ispirò i capolavori di Andy Warhol, Jodorowsky e gli spot o la cartellonistica per una campagna di lancio di una nuova marca di gelati. Senza fermarsi alla prima né alla seconda stazione del percorso. Così tra i concorsi di bellezza e i galà anche all’estero (Miss Eleganza in un confronto europeo), l’incontro che le ha rivelato le più profonde e autentiche inclinazioni. “Avviene a Roma – dice celando a malapena un tocco di emozione – quando la mia strada incrocia quella di Fioretta Mari, attrice nota al pubblico di Canale 5 come docente di dizione e recitazione degli allievi di “Amici” di Maria De Filippi. “Un training durato un anno e di fondamentale importanza per chiarire chi sono e che voglio fare, soprattutto come farlo”.
Noemi appartiene alla generazione 2.0, se così possiamo dire, anche in tutto il resto. Ha per stella polare l’interculturalità, che solo una città come Napoli sa rappresentare alla stregua delle grandi metropoli moderne, New York per prima. Nata a Napoli, tiene la sua la città come il luogo a cui tornare, ma senza nostos. Senza nostalgia. Perché si trova “a suo agio” nel quartiere in cui vive, in un cardine tra due decumani della centro antico, come a Roma o a Praga, purché si tratti di città vive, con una identità culturale marcata e riconoscibile.
In fondo il suo soma è mediterraneo a metà, perché lo assiste una fisicità possente, ma colore di occhi e capelli tradiscono ascendenze marchigiane e, salendo ancora più su per le volute del dna, balcaniche per aver avuto nonni bosniaci. “A Napoli vivo bene – dice – è una bella città d’arte come Roma, di una bellezza insopprimibile. Napoli è una città calda come Bologna, per esempio, altra città che amo…”.
Ma il suo accordo magico la porta a confrontarsi con l’altrove e a misurarsi con il diverso come fonte di umoralità che la alimenta e la distingue come persona, prima ancora che come artista in fieri. Il corpo è il suo linguaggio, e lo ha dimostrato in un progetto che si intitola “Nudo architettonico” di Francesco Scardaccione. Ma è un linguaggio che è frutto di un melting pot che ne fa quasi una replicante, una figura misteriosa, straniera in casa e napoletana per caso. Incarnazione dell’atopos di cui parla Roland Barthes in “Frammenti di un discorso amoroso”?
Può darsi. Indecifrabile, enigmatica, intensa quanto sfuggente, la sua facies. Motivi per cui è stata scelta per interpretare un personaggio borderline in una fiction che si ispira alle vicende recenti della mafia romana – coi suoi intrecci internazionali – ora in corso di produzione tra Andria, in Puglia, e la capitale. Vestirà i panni di una ragazza che vive sulla linea di confine tra collaborazione con le forze dell’ordine e organizzazioni del crimine, un piede nella legalità l’altro nel delitto. Una esperienza che le farà vivere un po’ l’aria di casa. Noemi è figlia di un ispettore di Ps molto amato nel suo quartiere. “Donna sono e attrice – conclude – tutto quello che mi serve per esprimermi è la pasta umana. Niente che appartenga all’uomo mi può essere estraneo”.