Ufficialmente la pensano tutti allo stesso modo, compreso il premier Giuseppe Conte: «Abbiamo tante cose da fare». E dunque la richiesta di referendum confermativo sulla legge costituzionale che taglia il numero di parlamentari «non influenza e non può influenzare l’agenda di governo». E però, iI rush degli anti-riforma si è concluso intorno a mezzogiorno: e le due firme decisive per il quorum necessario a indire il referendum sul taglio dei parlamentari sono state di altrettanti deputati del Pd, Francesco Giacobbe (eletto in Australia) e Vincenzo D’Arienzo. L’obiettivo dei 64 senatori (un quinto del plenum) è stato raggiunto così, e porta dritto alla sospensione – in attesa della consultazione popolare – della norma approvata a ottobre che farebbe scomparire 345 seggi. Dopo la verifica di legittimità della Cassazione, il referendum dovrebbe essere indetto entro gennaio e svolgersi in primavera. Alla fine ha vinto un fronte trasversale che mette insieme i critici della riforma sin dalla prima ora (fra i quali i radicali, la Fondazione Einaudi che ha lanciato la raccolta delle firme, i tre promotori in Senato Nannicini del Pd, Cangini e Pagano di Fi) e quanti si sono accodati nella speranza di un voto anticipato che, nelle more del referendum, consenta di corerre per un numero di seggi non falciato dalla riforma.