A rischio riduzione non ci sono soltanto i vitalizi dei parlamentari. Pensioni d’oro o no, secondo il presidente dell’Inps, Tito Boeri, infatti, la differenza vera è fra assegni pagati o non pagati dai contributi. Attualmente solo il 4,1 %delle pensioni pagate è interamente coperto dai contributi. Con un ricalcolo contributivo generalizzato, e soltanto teorico per il momento, a perdere sarebbero innanzitutto i dipendenti dello Stato, della scuola, dell’università e le forze armate, iscritti alla Cassa trattamenti pensionistici dei dipendenti dello Stato (Ctps), per un totale di 1.581.000 interessati. Tuttavia il governo sta pensando a un ricalcolo con il metodo contributivo (l’assegno viene definito il base ai contributi versati e non in base alle ultime retribuzioni) limitatamente alle pensioni oltre i 4.000 euro mensili netti. Il taglio finirebbe comunque per essere compensato dall’introduzione della flat tax che riduce il prelievo fiscale soprattutto sui redditi alti. Ma al di là della flat tax e degli assegni ricchi, il 90% di tutte le figure del settore “Difesa, sicurezza e soccorso” percepisce una pensione più alta di quanto giustificato dai contributi versati. Basandosi solo su questi subirebbe una riduzione compresa tra il 40% e il 60%. Per esempio, un ufficiale della Marina andato in riposo a 52 anni nel 2010, in base ai piani del governo, vedrebbe il suo assegno passare dagli attuali 5.730 euro mensili a 2.750. Guai anche per il personale della carriera prefettizia, che perderebbe il 40% sulla pensione lorda annua e per i diplomatici, che dovrebbero rinunciare in media al 29%. Per i docenti universitari il calo medio è di circa l’11%, con il 28% degli assegni che verrebbe tagliato di più del 20%, mentre per i magistrati si avrebbe una riduzione media del 12%. Ma con casi molto alti. Un magistrato di Cassazione, ritiratosi nel 2008 con 64 annidi età e 37 di anzianità, con una pensione lorda mensile 2015 di 9.755 euro, con il ricalcolo avrebbe un taglio di 2.735 euro mensili