Politica interna
Vaccini, scontro nel Governo. Il Corriere della Sera: «Pericolosi, inutili e talvolta dannosi i dieci vaccini obbligatori fissati dalla legge Lorenzin», secondo il ministro dell’Interno Matteo Salvini. «Fondamentale strumento di prevenzione sanitaria primaria, non mi stancherò mai di ripeterlo», gli risponde la ministra della Salute Giulia Grillo, che aggiunge: «Tutte le polemiche sono solo strumentali e finalizzate a creare un circo mediatico che a me non interessa alimentare». E ricorda: «La politica “non fa” scienza (…) la politica decide quale strumento vuole utilizzare, se vuole l’obbligatorietà e in quale misura». Un botta e risposta che si conclude solo in serata con una secca frenata da parte del leader leghista che ringrazia «il ministro Grillo, sua è la competenza, condivido il suo pensiero, a questo ci atterremo e al contratto di governo». E però spiega: «Condivido l’idea che sia meglio educare ai vaccini piuttosto che obbligare». Sempre Il Corriere: “Ogni giorno Salvini smette i panni di ministro dell’Interno e si inventa una nuova agenda politica, che spesso prescinde del tutto dal Contratto, così faticosamente concordato. E’ il caso ieri di Giulia Grillo”. Eppure “non che ci sia poi una divergenza così ampia tra le posizioni della Lega e quelle del Movimento 5 Stelle sul tema. Alla fine, è probabile che si toglierà l’obbligatorietà per alcuni vaccini, e anche l’esclusione dalle scuole dei bimbi non vaccinati, pur ribadendo l’importanza dello strumento. Ma è il metodo che preoccupa, perché oltre a prendersi la scena mediatica, Salvini fa leva sulle contraddizioni M5S”. E’ stato così sui migranti ed è così sui vaccini. L’analisi di Minzolini sul Giornale: “Salvini ha conquistato la «centralità», quella condizione particolare che piaceva tanto ai democristiani, a Berlusconi o a Prodi. Il che può apparire a prima vista paradossale, per non dire assurdo: il più populista di tutti, il più estremista di tutti, che diventa centrale? Ma in realtà è la conseguenza di quanto è cambiata la società italiana”, oltre che “il portato di un’intuizione che aveva avuto in passato il Cav: «Qui i più arrabbiati sono i moderati!». E che Salvini ha coltivato. Il resto lo ha fatto una certa capacità manovriera – per non dire spregiudicatezza – del personaggio, l’insipienza del vertice grillino, l’immobilismo della supposta opposizione di Forza Italia e gli errori del Pd”.
Amministrative, i ballottaggi. Repubblica: “Regna l’incertezza nei ballottaggi di domani. Ma soprattutto, dopo circa venti giorni dall’insediamento del governo Conte, il test che riguarda 3 milioni di elettori può fornire un’indicazione sulla tenuta dell’alleanza giallo-verde. E dall’altra parte è l’irritazione degli elettori dei 5Stelle per l’egemonia di Matteo Salvini nell’esecutivo, la speranza del Pd. La Toscana, l’ultima trincea. Proprio qui, Pisa, Massa e Siena sono più che mai in bilico. Uno studio dell’Istituto Cattaneo sui ballottaggi dà quei Comuni toscani – insieme con Ragusa, Partinico, Piazza Armerina e Messina – in cima alla classifica dei ballottaggi tutti da giocare, per i quali persino fare pronostici è difficile. La fotografia politica attuale poi, è assai diversa dal voto per le politiche: i 5Stelle infatti sono sì ago della bilancia, ma in 6 Comuni su 10 le sfide sono tra centrosinistra e centrodestra (il 56,6%)”. Si segnala l’intervista a Luca Zaia oggi sul Corriere che sui territori e tema delle autonomie afferma: «Se non andasse in porto sarebbe un autentico detonatore. Il governo si gioca la credibilità». Ma c’è spazio anche per uno sguardo più ampio, su tutti l’alleanza con i 5Stelle: «Non siamo un’alleanza, condividiamo un percorso. Il contratto ci consentirà di vedere quello che davvero è stato fatto. In effetti, ora siamo gemelli siamesi: la loro vita è la nostra vita, la loro morte nostra morte, successo o insuccesso si giocano insieme». «Andando al governo ci siamo presi una grande responsabilità. Non è una parata in uniforme, bisogna buttarsi nel fango. Perché qui non si tratta di governare un Paese, ma di salvarlo. Francamente, quando sento Macron parlare di populismo come una lebbra… per prima cosa dovrebbe ricordare che la Francia è quella perché a suo tempo ci fu una rivoluzione di popolo…». Inoltre «oggi è in corso uno scontro titanico tra due realtà, quella di chi vuole rappresentare i cittadini e le istanze del popolo, e quella di chi tutto questo se lo è dimenticato. Un buon esempio è quello della nave Aquarius». Si segnala infine il Corriere sul caso Roma: “I flussi segnalano che gli elettori 5Stelle che revocano il consenso al movimento passano all’astensione o si avvicinano alla Lega. Nel calo del 3% non influisce l’inchiesta dei pm sul caso Parnasi”. “Insomma, se non è proprio un’assoluzione, sicuramente non è una condanna”.
Economia e finanza
L’altolà Ue su conti e reddito di cittadinanza. Il Sole 24 Ore: “Il Fondo sociale europeo, Fse, può essere utilizzato come fonte complementare per sostenere misure di rafforzamento dei servizi pubblici per l’impiego, la formazione, per combattere la disoccupazione giovanile. Ma non per sostituire la spesa nazionale, né per misure ordinarie o solo per politiche «passive». La commissaria Ue al Welfare, Marianne Thyssen, lo ha ricordato al ministro del Lavoro, Luigi Di Maio in un colloquio sui dossier pendenti, in occasione del Consiglio Ue sul lavoro che si è svolto ieri e l’altro ieri a Lussemburgo. È in ripida salita, dunque, la strada che Di Maio aveva indicato per finanziare il reddito di cittadinanza, così come non sarà agevole ottenere maggiore flessibilità sui conti. I ministri delle finanze riuniti all’Ecofin hanno confermato gli obiettivi di finanza pubblica per l’Italia, approvando le raccomandazioni-paese per il 2019 predisposte a maggio dalla Commissione: riduzione del debito, modernizzazione della Pa, riduzione degli Npl, riforma del mercato del lavoro. Per l’Italia l’impegno, ha ricordato il vicepresidente Dombrovskis, resta la riduzione del deficit dello 0,6% del Pil, pari a 10 miliardi di euro”. Sul reddito di cittadinanza, in particolare, scrive Il Corriere che «è una misura importante perché serve a dare stabilità sociale» e «di andare in modo un po’ più deciso verso riconversioni, ristrutturazioni, innovazione tecnologica». Sono le parole del ministro dell’Economia Giovanni Tria al termine della due giorni dell’Eurogruppo-Ecofin a Lussemburgo, con le quali condivide la proposta di Di Maio di introdurre in Italia il reddito di cittadinanza come misura non solo assistenziale, ma anche anti-disoccupazione. Di Maio: “Mentre ti formi e lo Stato investe su di te, ti do un reddito e in cambio dai al tuo sindaco ogni settimana 8 ore lavorative gratuite di pubblica utilità”. Da qui insomma partirebbe l’intervento con il reddito minimo garantito, già esiste nei principali Paesi europei, attuando quello che «è sempre stato il ruolo del welfare state». Ma per l’Osservatorio Cpi di Cottarelli la proposta di «reddito di cittadinanza» elaborata dal M5S si mostra, almeno sulla carta, decisamente più generosa: 780 euro mensili, indipendentemente dal livello della ricchezza.
Si segnala stamane la lettera al Premier Conte da parte di Giavazzi, Zingales e Lucrezia Reichlin: “La trattativa che si svolgerà durante l’incontro dei capi di governo la prossima settimana è un momento da non sottovalutare e a cui l’Italia deve partecipare con una strategia chiara”. Al centro proposte in fatto di sostenibilità del debito, bilancio dell’eurozona, assicurazione comune alla disoccupazione, fondo di stabilità, Unione bancaria e dei mercati dei capitali.
Federmeccanica: «L’industria torni al centro dell’interesse nazionale». Il Sole 24 Ore: Quando cresce l’industria metalmeccanica, cresce il lavoro, crescono i consumi, cresce l’Italia: dall’assemblea di Federmeccanica, il presidente Dal Poz si rivolge al Governo per chiedere che metta la manifattura al centro dell’interesse nazionale. Le imprese ribadiscono l’impegno a interpretare il cambiamento delineato nel rinnovo del 2017, riportando il dibattito sulla centralità della persona nella fabbrica, valorizzando il ruolo di donne e giovani, interpretando la cultura 4.0 con un approccio di sistema. Ma per raggiungere l’ obiettivo occorre ridare priorità alla manifattura, a partire dall’Ilva, la cui importanza è stata ribadita anche dal presidente di Confindustria Boccia: «È in gioco la credibilità del Paese, non è con i luna park che si costruisce il futuro». Ora «occorre lavorare sulle soluzioni – ha aggiunto Boccia – perché è finita la campagna elettorale». Si segnala l’intervista del Ministro Savona su Italia Oggi: “L’Italia è una solida potenza industriale colpita da un profondo dualismo (territoriale, settoriale, legato alle dimensioni delle imprese) che non può essere risolto con restrizioni poste sull’uso delle risorse. Le famiglie italiane sono grandi risparmiatori. Hanno asset finanziari e reali pari ad almeno quattro volte il debito sovrano. Contrariamente a quello che a volte sentiamo, potremmo dire che noi italiani viviamo al di sotto dei nostri mezzi, come dimostrato dall’eccedenza delle partite correnti del 2,7% del pil, o circa 50 miliardi di euro, che è l’importo che di fatto manca alla nostra domanda interna. Il bilancio nazionale ha un avanzo primario. Pur avendo contemporaneamente due eccedenze gemelle, un tasso di disoccupazione del 10% (quello attuale in Italia) è il paradosso logico generato dall’aver deciso che i parametri di Maastricht sono l’obiettivo dell’Unione”. C’è “la necessità di una crescita globale ben oltre i piccoli vincoli di alcuni parametri fiscali”.
Politica estera
Migranti, odissea per 224 profughi. Repubblica: “Europa a pezzi sui migranti. È forte il pessimismo sull’incontro a 16 di domani a Bruxelles e sul Consiglio di fine mese: Merkel apre a patti tra due o più Stati e vuole che sia il “falco” Seehofer a trattare con Salvini. «Il vertice si sta trasformando in un suq. E sul piatto ci saranno soldi o accordi commerciali in cambio del via libera italiano o greco a un patto per riprendersi i richiedenti asilo già registrati lì», racconta una fonte governativa. Merkel dovrà trovare a tutti i costi un’intesa con Roma o Atene. Ma mentre Alexis Tsipras, premier di sinistra, ha già espresso il suo sostegno alla cancelliera sulle questioni migratorie, i toni che vengono da Roma sono estremamente diversi. Salvini ha alimentato ieri l’impressione di non voler raggiungere alcun accordo: «Entro un anno – ha detto in un’intervista allo Spiegel – si deciderà se l’Ue ci sarà ancora oppure no». Un messaggio inquietante, ma che lascia pensare che i margini siano risicatissimi per un accordo con Merkel. Intanto, la nave ong Lifeline non ha un porto a cui attraccare”. Su La Verità parla il ministro Toninelli: «La Lifeline può portare al massimo 50 persone e ne ha a bordo oltre 200: operano nell’illegalità. Sono irresponsabili». Lifeline, dice Toninelli, «nonostante l’intervento della Guardia costiera libica che avrebbe imbarcato i 224 richiedenti asilo, ha ritenuto comunque di procedere all’imbarco di queste persone». Il ministro lo ripete più volte: «Irresponsabili, sono degli irresponsabili». Ma anche il ruolo di Malta merita di essere approfondito. Toninelli, infatti, spiega che l’Imrcc di Roma (cioè il centro di coordinamento della nostra Guardia costiera) ha inoltrato una richiesta di soccorso alle autorità maltesi, che hanno risposto negativamente. “Comportamento disumano”. La Stampa: “Il premier Conte rifinisce il piano sui migranti da presentare domani a Bruxelles: «Subito hotspot in Nordafrica». L’Italia chiederà anche copertura finanziaria. Ma Parigi alza il muro: i centri di identificazione restino in Sicilia. Lifeline ancora al largo, Malta rifiuta lo sbarco”. E il Sole oggi fa i conti sulla gestione del fenomeno migratorio: “Nel 2014-17 da 640 milioni a 2,4 miliardi, coperti solo per il 2,7% dalla Ue. I mancati ricollocamenti costano 762 milioni. Conte sente Serraj, Salvini «in arrivo»”.
Guerre commerciali. Repubblica: “L’annuncio della nuova offensiva commerciale di Donald Trump arriva via Twitter, e riguarda le auto europee: «Viste le barriere commerciali e tariffarie che da tempo l’Unione europea impone sugli Stati Uniti, sulle nostre imprese e i nostri lavoratori, se queste barriere non saranno smantellate e rimosse, colpiremo con un dazio del 20% le loro automobili che arrivano negli Stati Uniti. Producetele qui!». Ad accelerare questa resa dei conti contribuisce l’entrata in vigore delle contromisure Ue che colpiscono diversi prodotti made in Usa e che sono rappresaglie relative ad un’altra offensiva protezionista di Trump, su acciaio e alluminio europei. Il tweet di Trump contiene due elementi distinti: la minaccia dei dazi sulle auto europee; e l’invito esplicito ai produttori d’oltreatlantico a trasferirsi negli Stati Uniti fabbricando in loco i propri modelli. Nella sostanza dello scontro, stavolta di “europeo” c’è poco: la partita dell’auto riguarda la Germania. Gli italiani, Fiat Alfa e altri, esportano negli Stati Uniti poco più di cinquemila auto all’anno cioè quasi nulla. Anche l’auto francese ha una presenza modestissima. Intanto l’Opec ieri a Vienna ha raggiunto un accordo unanime sulla produzione. I 14 Paesi parte del cartello e quelli capitanati dalla Russia che non ne fanno parte aumenteranno la produzione di non più di un milione di barili il giorno. L’incremento sarà spalmato in modo proporzionale tra le varie nazioni, ma non tutte saranno in grado di estrarre più greggio, per cui il rialzo reale sarà di 600mila barili.