Politica interna
Sira. Gentiloni: ora niente escalation. Gentiloni ha fissato in stretto collegamento telefonico con il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, alcuni paletti in tema di condanna degli attacchi chimici «a cento anni dalla fine della prima guerra mondiale». Gentiloni ha ricordato che «il supporto logistico che forniamo tradizionalmente ai nostri alleati e agli Stati Uniti in particolare, in questo caso non si è tradotto nel fatto che dal territorio italiano partissero azioni direttamente mirate a colpire la Siria». Secondo Gentiloni, comunque, «non è il momento dell’escalation, è il momento di mettere al bando le armi chimiche, della diplomazia e del lavoro per dare stabilità e pluralismo alla Siria». Tra le prime reazioni politiche quelle del leader della Lega Matteo Salvini con un tweet molto poco diplomatico e a favore della posizione russa: «Stanno ancora cercando le armi chimiche di Saddam – ha scritto Salvini – stiamo ancora pagando per la folle guerra in Libia, e qualcuno col grilletto facile insiste coi missili intelligenti, aiutando per altro i terroristi islamici quasi sconfitti. Pazzesco, fermatevi». Più cauto il leader e candidato premier dei Cinque stelle Luigi Di Maio: «Restiamo al fianco dei nostri alleati». Il leader di Forza Italia Berlusconi in un intervento pubblicato sul Corriere della Sera sostiene che “si fronte a una situazione complessa e drammatica come quella che si è determinata in Siria non si tratta di schierarsi da una parte o dall’altra, ma di ragionare e di agire su una possibile soluzione per evitare l’ulteriore aggravarsi della situazione. Per questo l’Italia avrebbe bisogno al più presto di un governo nella pienezza dei suoi poteri: non un governo qualsiasi, con una qualsiasi maggioranza parlamentare, ma un governo autorevole sul piano interno e internazionale, interlocutore riconosciuto e capace di farsi ascoltare delle maggiori potenze. Oggi non è realistico pensare di sostituire Assad, ma va messo in condizione di non nuocere. Questo si ottiene coinvolgendo proprio la Russia, che è il solo Paese in grado di condizionare le scelte del dittatore di Damasco e che rischia di apparire come il vero destinatario degli attacchi punitivi dei Paesi occidentali nei confronti di Assad”. Marcello Sorgi scrive sulla Stampa che “il solo a occuparsi seriamente dei problemi generati dalla brusca escalation dell’altra notte, dall’uso delle basi militari italiane al grado di «supporto» delle nostre Forze armate agli alleati, è rimasto il premier dimissionario, e in carica per l’ordinaria amministrazione, Gentiloni. Centrodestra e 5 Stelle, sbloccando lo stallo e abbandonando i veti che li dividono, avrebbero dato prova di senso di responsabilità. Il Pd, rimettendosi in gioco, avrebbe trovato il modo di liberarsi per un po’ delle proprie beghe interne.
Intervento in Sira e scenari di governo. Le dimissioni formali di Gentiloni – scrive Eguenio Scalfari su Repubblica – sono state ovviamente accettate da Sergio Mattarella il quale lo tiene in carica come avviene in casi del genere per l’ordinaria amministrazione in attesa che il nuovo governo possa sorgere. Ma non sorge affatto. Vedremo chi dei due Salvini-Di Maio cederà all’altro la posizione di capo del governo, in realtà il vero impaccio non è questo ma piuttosto la natura di centrosinistra e quella di destra dei due che si contendono la carica più importante della politica. La destra vincerebbe rispetto alla sinistra. È vero che se Forza Italia di Berlusconi viene sommata a Salvini e Meloni arrivano al 35 per cento e quindi superano il 32 di Di Maio ma lo superano con Berlusconi dal quale ci si può aspettare tutto e il contrario di tutto: non è certo di sinistra Berlusconi, ma neppure di destra. Berlusconi è Berlusconi. Il che vuol dire che la destra guidata da Salvini non è al 35 ma è al 21, più o meno numericamente equivale al Partito democratico. Il che significa che dal punto di vista numerico Di Maio potrebbe allearsi con il Pd chiedendo di presiedere il governo al posto di Gentiloni, conservando Gentiloni come ministro degli Esteri e alcuni dei ministri attuali, estremamente competenti ciascuno nel suo settore, e mettendone dentro altri che provengono dai Cinque Stelle. È molto probabile che il presidente Mattarella accoglierebbe con favore questa soluzione ed è altrettanto probabile che il Partito democratico a cominciare da Gentiloni l’accetterebbe”. Nella crisi siriana Di Maio mostra l’affidabilità dei Cinque stelle, punta a rassicurare il Colle e i partner internazionali. È cambiato lo schema di gioco, nel quartier generale della Casaleggio associati. E il Pd, almeno nelle ore frenetiche della crisi siriana, diventa un interlocutore vero. Lo sa Dario Franceschini, che a nome del “club dei ministri” valuta l’accordo con i pentastellati a portata di mano. Ne è certo anche Matteo Renzi, che scongelerà i dem soltanto a determinate condizioni, ma lo farà. E ha elaborato il concetto anche il leader di Pomigliano, consapevole che lo scenario internazionale avvicina a rapidi passi i Cinque stelle al Nazareno. È vero, un patto tra nemici resta il fulcro di un piano B, ma che prende forza in queste ore. E che quasi certamente costerebbe un passo indietro proprio a Luigi Di Maio, a favore di Roberto Fico. «Io posso anche farlo – è il ragionamento attribuito in queste ore al candidato premier pentastellato – ma soltanto se me lo chiede Mattarella».
Politica estera
Siria. Gli Usa «Pronti a colpire ancora» «Missione compiuta!». Donald Trump non si mostra scaramantico o non si ricorda di quanto infelice risultò il medesimo proclama lanciato da uno dei suoi precedessori, George W. Bush, che nel 2003 risultò troppo ottimista nel dichiarare la sostanziale fine della guerra in Iraq. Il presidente americano ha affidato a Twitter -il messaggio con cui rivendica il successo dell’attacco effettuato poche ore prima, «perfettamente eseguito» in coordinamento con Francia e Regno Unito di cui la lodato la «saggezza» e «la potenza delle loro ottime forze militari». Alle 4.30 del mattino, ora di Damasco, oltre un centinaio di missili ha colpito obiettivi utilizzati per ricerca, produzione o stoccaggio di armi chimiche nelle vicinanze di Damasco e a Homs (più un centro di comando) nel primo assalto coordinato tra potenze occidentali contro il regime di Bashar al Assad nei sette anni della guerra di Siria: il fine dichiarato è quello di punire il regime e scoraggiarlo dall’utilizzare ancora armi chimiche, come accaduto il 7 aprile a Douma provocando dozzine di vittime civili, ma non di provocare un cambio di regime. Il mondo ha finito per tirare un sospiro di sollievo in quanto non si sono avverati i peggiori timori innescati dal precedente avvertimento-minaccia di Trump alla Russia e dall’immediata replica del Cremlino su eventuali risposte militari: forze russe non sono state colpite né sono intervenute, il che lascia spazi per evitare una pericolosa escalation del conflitto. Trump ha però promesso nuovi raid se Damasco dovesse utilizzare ancora sostanze chimiche. Da Mosca, la prima reazione ai raid in Siria è venuta dal ministero della Difesa: neanche uno, tra i missili lanciati, è entrato nel raggio d’azione dei sistemi di difesa antimissile russi, attorno alle basi di Tartus e di Hmevmim. Come dire che la Russia non avrebbe risposto militarmente. Ma risponderà. C’è un altro conto in sospeso, del resto: i russi sono al lavoro per preparare le ritorsioni contro il business americano.
Siria 2: Franca e Gran Bretagna. Tornare in Medio Oriente. Da protagonista. L’obiettivo della Francia, in questo attacco contro le armi chimiche di Assad, è evidente: Parigi vuole ritrovare un ruolo nell’area. Quale migliore occasione di queata? La Siria è l’unico Paese della regione su cui la Francia ha esercitato un mandato coloniale (esteso al Libano),e quindi l’unica porta, socchiusa, attraverso la quale può accedere alla regione. La reazione russa sull’attivismo diParigi è allora emblematica. Dopo una formale “messa in guardia” della Francia, al termine della telefonata di venerdì tra Vladimir Putin e Macron ieri c’è stato addirittura il maldestro tentativo di negare la partecipazione francese: secondo alcune notizie, il comandante operativo dello Stato maggiore russo, Sergej Rudskoy avrebbe affermato di non aver intercettato attività militari francesi. Accrescere il ruolo della Francia in Medio Oriente è però da sempre un obiettivo di Macron, che vede nel relativo disimpegno degli Usa – costretti a concentrarsi sempre più nel Mar della Cina – un’opportunità importante. Già nel suo manifesto elettorale, il libro «Révolution», Macron aveva lamentato che «in Siria la Francia si è presa le sue responsabilità sul piano diplomatico e militare ma è stata progressivamente isolata, per ragioni differenti, da russi e americani», mentre assumevano un ruolo maggiore Turchia, Iran e Paesi del Golfo; e aveva auspicato un «giusto equilibrio». Il riequihbrio è l’obiettivo dell’attacco. Diverso il caso della Gran Bretagna. La decisione di Theresa May di autorizzare gli attacchi aerei sulla Siria è strettamente collegata al tentato omicidio con un agente nervino dell’ex spia russa Serghej Skripal e della figlia Yulia nella cittadina inglese. Il legame è stato sottolineato ieri dalla stessa premier britannica.«Anche se questa azione è stata diretta al regime siriano, invierà un chiaro segnale a chiunque altro creda di poter utilizzare armi chimiche impunemente» ha detto. Le bombe vogliono quindi essere un monito per Mosca.
Economia e Finanza
Fisco: pieno di dati per lo spesometro. La compliance riparte da 1,3 miliardi di dati in più. E il bilancio dell’operazione spesometro conclusasi lo scorso 6 aprile: termine entro il quale andavano inviati i dati del secondo semestre 2017 e si poteva rimediare a errori e omissioni commessi nella trasmissione scaduta il 16 ottobre relativa al primo semestre 2017. Un bilancio che tiene conto anche degli eventuali reinvii dei file non accettati dopo la scadenza del 6 aprile. I dati delle fatture comunicati serviranno ad alimentare l’archivio di informazioni delle Entrate e potranno essere utilizzati in chiave antievasione e di promozione dell’adempimento spontaneo. Una strada già segnata dalla crescita sostenuta delle lettere di compliance relative proprio all’incrocio dei dati fatture che hanno visto quasi triplicare il numero nel giro di un anno, passando dalle poco meno di 2omila del 2016 e alle oltre 58mila del 2017. Questi alert hanno contribuito, insieme alle altre tipologie inviate, a un recupero di circa 1,3 miliardi di euro ascrivibile proprio alla voce compliance. Intnato da una ricerca del Centro studi di emerge che Roma, Torino, Napoli, Genova, Bologna, Ancona e Campobasso sono le città «più tassate» d’Italia. Tre dei quattro tributi locali presi in considerazione dall’unione delle piccole imprese in queste città sono ai livelli massimi.
Patuelli: bene l’arrivo di Mifid2. E Nava si insedia in Consob. Il presidente dell’Abi Antonio Patuelli ha ribadito come sia necessaria, alla luce dei cambiamenti degli ultimi anni e delle attuali condizioni che favoriscono gli investimenti una maggiore cultura finanziaria e del rischio: «Ci deve essere, anche da parte del cliente, maggiore responsabilità di ciò che fa – ha ribadito Patuelli -; l’investitore deve avere la stessa diligenza e controllo di quando, ad esempio, si acquista una casa. Ben venga in questo senso la Mifid2, nuova frontiera di trasparenza e di consapevolezzadi chi investe». Patuelli è intervenuto anche sul ruolo del Fondo Interbancario, mai come in questi anni strumento di sostegno per risolvere le situazioni di crisi. Novità sul fronte Consob. Mario Nava, funzionario della Commissione europea ad alto livello nonché uno dei “padri” delle riforme bancarie nell’Eurozona da domani si insedia ufficialmente alla guida della Consob. E non ha fatto mistero del ruolo che — a suo parere — dovrà avere l’Autorità italiana per la vigilanza dei mercati finanziari: «Dovrà riuscire il più possibile a passare da un’azione ex post a un’azione ex ante, perché e questa che funziona nei mercati per produrre ricchezza». Se non la si vuole interpretare come una critica alle gestioni del passato, di sicuro la si può leggere come un manifesto per il futuro. Molto pratico: perché come ha già avuto modo dichiarare, Nava sposa la linea di una «vigilanza dinamica e integrata». Per esempio vuole una «sinergia strettissima», con le altre Authority, in primis Bankitalia e Ivass (assicurazioni), ma anche con il Tesoro. Perché il suo obiettivo è «fare il presidente di una Consob che sia il motore del cambiamento e che permetta ai mercati finanziari di funzionare».