Politica Interna

Ricostruzione Ponte Morandi. Alta tensione alla Camera nel dibattito sul crollo del Ponte Morandi, proprio nel giorno in cui a Genova è esplosa l’ira degli sfollati, la cui protesta davanti alla sede della Regione ha innescato una lite fra il vicepremier Luigi Di Mario e il governatore della Liguria, Giovanni Toti. Danilo Toninelli, ministro alle Infrastrutture e ai Trasporti, ieri è intervenuto a Montecitorio ribadendo la linea dell’esecutivo. «Non sarà Autostrade a ricostruire il ponte, il governo è compatto. La ricostruzione sarà affidata a un soggetto pubblico, ma a pagare i costi sarà Autostrade ed è solo una minima parte del risarcimento dovuto» ha detto, aggiungendo di aver ricevuto «pressioni interne e esterne» per cercare di bloccare la pubblicazione (poi avvenuta) dei dettagli economici della concessione. Le parole del ministro hanno scatenato la reazione compatta delle opposizioni nel dibattito seguito alle comunicazioni del governo: «Se ha subito pressioni, faccia nomi e cognomi». Il Pd ha chiesto al presidente della Camera, il pentastellato Roberto Fico, di inviare alla procura i verbali con le rivelazioni del ministro.

Caso Giarrusso. La polemica è esplosa ieri pomeriggio dopo un post che Lorenzo Fioramonti ha messo sul suo account di Facebook: «Sarà Dino Giarrusso a dirigere il nostro osservatodo sui concorsi nelle università e negli enti di ricerca. Chi meglio di una ex Iena per farlo?». La domanda del sottosegretario all’Istruzione non raccoglie quel plauso che il politico pentastellato aveva evidentemente sperato di avere. Gli strali sono partiti a raffica dalle fila dei democratici («film horror», «pagliacciata»,«offesa per i ricercatori») ma si sono diffusi anche negli ambienti universitari. Sono in tanti che non riescono a convincersi che un giornalista che ha lavorato come Iena in televisione possa occupare un posto tanto delicato in un ministero come il Miur. Stiamo parlando di Dino Giarrusso, nato a Catania 44 anni fa, che ha avuto un passato nel cinema come aiuto regista e anche come regista prima di approdare in televisione al programma cult di Italia Uno.

Economia e Finanza 

Manovra economica. Flat tax per piccole imprese e professionisti a tre aliquote. E quota 100 dal 2019 per un’ampia platea di pensionandi. Sono le due priorità indicate dalla Lega per la prossima manovra, al termine del vertice di ieri dello stato maggiore del Carroccio, che si devono saldare con l’immediato avvio del reddito di cittadinanza su cui continua a puntare con forza il M5S, come ha sottolineato ieri Luigi Di Maio. Ma la buona riuscita di questa operazione dipende dalla collocazione dell’asticella del rapporto deficit-Pil su cui prosegue il confronto all’interno del Governo e tra l’esecutivo e Bruxelles. Il ministro dell’Economia, Giovanni Tria, continua a mostrare prudenza per rassicurare i mercati e alla luce del peggioramento del quadro macroeconomico rispetto al Def di aprile. La Lega Nord ha scelto la linea: il programma di governo, dalle tasse, alle pensioni, si applicherà gradualmente, nell’arco dei 5 anni della legislatura. Senza forzature sul deficit, anche se l’intenzione è quella di chiedere un margine di manovra aggiuntivo. Ma il commissario Ue al Bilancio, Günther Oettinger, da Bruxelles attacca il governo italiano: «Vuole indebolire o distruggere l’Europa». Nessuno strappo sui vincoli europei. Il vicepremier e ministro dell’Interno Matteo Salvini assicura al Sole 24 Ore che il govemo rispetterà i parametri imposti da Bruxelles

Accordo su Ilva. L’accordo per salvare Ilva è molto vicino (dal punto di vista tecnico), la differenza ora la faranno l’unità di intenti del sindacato e la posizione finale del ministro dello Sviluppo economico, Luigi Di Maio. Fonti vicine al dossier descrivono così la situazione a meno di 24 ore dal tavolo convocato al ministero dello Sviluppo. L’incontro, al quale parteciperà direttamente Di Maio, metterà di fronte ArcelorMittal (l’aggiudicatario), i commissari Ilva e i sindacati in quello che potrebbe essere l’ultimo passaggio utile per un’intesa. L’11, in assenza di una svolta da parte del governo, si terrebbe lo sciopero sindacale, con Confindustria che ieri ha confermato di essere pronta a dare il suo sostegno alla manifestazione.

Politica estera 

Tregua in Libia. Un accordo in sette punti, firmato davanti all’inviato dell’Onu Ghassan Salamé, lascia sperare che gli scontri più violenti fra le milizie di Libia possano essere archiviati. Ma la cronaca di questi ultimi anni di guerra civile nel Paese che fu di Gheddafi insegna che spesso gli accordi durano poche ore. Se non sono il riconoscimento concreto di un nuovo status quo, di un nuovo equilibrio raggiunto fra le parti in lotta. Rispetto ai suoi interessi, la Settima Brigata di Tarhuna, la milizia che dal 27 agosto ha scatenato la nuova battaglia di Tripoli, ancora non ha ottenuto molto. Vedremo quanto durerà la tregua, anche se in serata la Settima con un comunicato ha annunciato che rispetterà il cessate-il-fuoco. Intanto, c’è anche una pista che porta in Turchia dietro al caos libico riesploso a Tripoli. L’attacco della Settima Brigata del comandante Abdel Rahim AlKani contro le milizie fedeli al premier Fayez al-Serraj è coinciso con il ritorno nella capitale di uno dei più controversi personaggi della guerra civile che nel 2011 ha rovesciato Muammar Gheddafi. È Salah Badi, uomo di Misurata, con una vasta rete di appoggi che da Tripoli si estende fino a Istanbul.

Scontro Tprum-Putin. Il presidente Trump intima ad Assad, ai russi e agli iraniani di non attaccare Idlib, ma poche ore dopo gli aerei di Mosca bombardano la regione. L’inviato dell’Onu, Staffan de Mistura, dice che Damasco ha stabilito il 10 settembre come scadenza per lanciare l’offensiva finale, sollecita Mosca ed Ankara a trovare una soluzione diplomatica che risparmi i civili prima dell’ultimatum, e avverte che tanto le forze governative, quanto i ribelli, hanno la capacità di produrre e usare armi chimiche. Idlib è l’ultima parte della Siria rimasta sotto il controllo dei ribelli. Secondo le stime Onu, nella regione vivono circa 3 milioni di civili, ma anche 30.000 ribelli, di cui 10.000 appartenenti al gruppo jihadista Hayat Tahrir al-Sham (HTS), già legato ad al Qaeda e noto in passato come al-Nusra.