Politica interna
Salvini strappa, intesa con Di Maio. «Per uscire dal pantano abbiamo votato Anna Maria Bernini», ha annunciato alle 17.58 Matteo Salvini, sbaragliando l’alleanza con Forza Italia e Fratelli d’Italia che invece, fino quel momento, davano per scontato che il candidato del centrodestra al Senato fosse il capogruppo azzurro Paolo Romani, blindatissimo da Silvio Berlusconi. La reazione del Cavaliere è stata furiosa: «I voti ad Anna Maria Bernini, strumentalmente utilizzata, sono da considerarsi un atto di ostilità a freddo della Lega». È un terremoto devastante, i cui danni permanenti sono ancora da valutare: perché, poi, alle 21.30 La Lega ha sparato un altro missile contro l’offerta di mediazione di Forza Italia («Gasparri al Senato e un leghista alla Camera») che ha chiesto all’alleato di rompere l’asse con i grillini: «Alla Camera, appoggeremo il candidato del M5S», ha replicato il segretario della Lega. La soddisfazione nel M5S è palese, condita solo con qualche cautela d’obbligo, visto il dinamismo esuberante e imprevedibile di Matteo Salvini. Ma Luigi Di Maio, parlando ai suoi, va oltre: «Certo sono due cose diverse, le Camere e il governo. Ma questo di Salvini è un segnale chiaro anche per l’esecutivo». «Per la presidenza del Senato siamo disponibili a sostenere Anna Maria Bernini o un profilo simile». Perché, si spiega poi, «abbiamo detto che una Camera va a noi e un’altra all’altro vincitore. Che non è la coalizione, ma è la Lega. Se loro scelgono una di Forza Italia, ci va benissimo». E se invece si ricompattano con Forza Italia? «Purché non lo facciano con Paolo Romani». L’importante, aggiungono, è che «ci diano garanzie che voteranno il nostro alla Camera». E qui la svolta nella notte: il Movimento annuncia che per Montecitorio presenterà Riccardo Fraccaro e non Roberto Fico, che non era ben visto dalla Lega. Per Stefano Folli, Su Repubblica, “Berlusconi, non può non sapere che un ballottaggio fra Romani e Anna Maria Bernini, nel momento in cui rende plateale e non più rimediabile la fine del centrodestra, consegnerebbe di sicuro la vittoria alla seconda, lungo l’asse Lega-M5S. Dopodiché sarebbe un’altra storia, senza che il vertice di Forza Italia — o ciò che ne rimane — sia in grado di inaugurare un “secondo forno” in tempi brevi. Il “forno”, ossia l’alleato alternativo, può essere solo Renzi, l’altro perdente del 4 marzo. Ma non è prevedibile una rapida convergenza fra i resti berlusconiani e il fronte renziano. Prima occorre immaginare una scissione del Pd che oggi non è alle viste”
Pd, alt di Renzi alle mosse su Bonino e Delrio. Renzi è impegnato a giocare di sponda con Silvio Berlusconi in una sfida contro l’asse populista grillo-leghista. E a tirarsi fuori da ogni accordo possibile. Una battaglia che il “senatore di Scandicci” combatte per piegare i suoi nemici interni, oltreché naturalmente gli avversari della Casaleggio associati. «Io sto all’opposizione e ci resto – detta la linea. I Cinquestelle stanno giocando di sponda con franceschiniani e orlandiani per piazzare Delrio alla Presidenza della Camera, oppure Bonino al Senato. Non esiste, con me questo giochetto non funziona». È un patto di ferro col berlusconismo, almeno quello “tendenza Gianni Letta”. I contatti tra i due mondi sono talmente frequenti che è quasi impossibile stare dietro a telefonate e riunioni riservate. Per Renzi è prioritario spingere Matteo Salvini nelle braccia di Beppe Grillo e Luigi Di Maio. «Magari finisse così…», scherza ma non troppo Ettore Rosato. Certo è che per i renziani l’opposizione a quel patto giallo-verde è l’unica possibilità di rinascita. Non a caso, l’input del leader è secco: respingere ogni avance dei Cinquestelle. Renzi e Orfini premono affinché oggi il Pd tenga la linea della scheda bianca, la linea del «tocca a loro», del «né con la destra, né con i Cinquestelle». Anche se non è un mistero che con il centrodestra i contatti si sprecano: Marcucci parla con Ghedini e con la Casellati, altra possibile candidata di Forza Italia, sulla quale il Pd non farebbe certo le barricate, pur tenendo la posizione di scheda bianca. Ma è la possibilità che i grillini vengano a votare in Senato per Luigi Zanda a preoccupare di più le fila renziane. E il collasso in serata del fronte Berlusconi-Salvini non fa che allargare la faglia nel Pd. Lo scompaginamento agli occhi del Pd riapre di fatto molti giochi e mezzo partito è pronto a sposare una linea che non è quella tenuta fin qui. «Dobbiamo giocare la partita incuneandoci nelle contraddizioni degli altri», è la posizione di Dario Franceschini e Andrea Orlando, che sulla questione la pensano alla stessa maniera. «Se i grillini ci propongono un nome nostro da votare al Senato, bene, vorrà dire che noi qui alla Camera voteremo per Fico», si sbilancia Orlando a metà pomeriggio in Transatlantico. Caldeggiando il nome della Bonino, mentre continua a circolare quello di Zanda, che in questa fase è come gettare fumo negli occhi di Renzi.
Politica estera
Francia, uccisi 3 ostaggi. Torna il terrorismo Isis. Per la prima volta dalla fine dello stato di emergenza il terrorismo islamico torna a colpire la Francia, per mano di un ragazzo nato in Marocco e cresciuto nel gioiello medievale di Carcassonne. Il bilancio è di tre morti più l’attentatore, 16 feriti tra i quali due gravissimi. L’Isis ha rivendicato l’attentato con grande rapidità, indicando che «un soldato dello Stato islamico» aveva seguito l’ordine di colpire i Paesi della coalizione. Il soldato dello Stato islamico si chiamava Redouane Lalcdim, avrebbe compiuto 26 anni il prossimo aprile. Prima di essere ucciso dalle forze speciali, il terrorista ventenne del Super U ha provato a chiedere la liberazione del terrorista superstite degli attentati del 13 novembre in cambio del rilascio degli ostaggi. Abdeslam, chiuso nel mutismo più assoluto nell’isolamento del carcere alla periferia di Parigi, è diventato una sorta di icona per i jihadisti. La nuova generazione di combattenti islamici cresciuta in Francia ha ormai un pantheon dell’odio, con i suoi idoli macabri. Eppure poco accomuna l’assalitore di ieri, piccolo criminale mai addestrato in Siria, con il terrorista del Bataclan che non è morto da martire ma ha pianificato per mesi con decine di altri complici del Califfato un’operazione commando nel cuore della capitale con 130 vittime. «Da anni paghiamo con il prezzo del sangue la minaccia terrorista», ha detto Emmanuel Macron, costretto a gestire l’assalto a Trèbes da Bruxelles, che proprio due giorni fa aveva commemorato gli attacchi del 22 marzo 2016. Il giovane presidente è tornato in urgenza a Parigi, mostrandosi poi davanti alle telecamere mentre faceva il punto nella situation room del ministero dell’Interno tra poliziotti e funzionari dei servizi segreti. Redouane è il volto della nuova minaccia che pesa sulla Francia, quella che in gergo i servizi segreti chiamano “endogena”. Mai come adesso, con la sconfitta militare del Califfato, il pericolo viene dall’interno, non solo dalle banlieue, dai ghetti, ma anche dalle campagne, dai sobborghi di provincia.
Passo dell’Europa: Pronti a espellere i diplomatici russi». Sale la tensione tra l’Unione Europea e la Russia. II Consiglio dei 28 capi di Stato e di governo ha fatto richiamare l’ambasciatore dell’Ue a Mosca e ha appoggiato la premier britannica Theresa May nelle sue accuse di responsabilità del Cremlino di Vladimir Putin nell’attentato con gas nervino all’ex spia russa Sergej Skripal e a sua figlia Yulia su territorio inglese. La cancelliera tedesca Angela Merkel e il presidente francese Emmanuel Macron, in una conferenza stampa congiunta al termine della due giorni di vertici a Bruxelles, hanno annunciato per i prossimi giorni anche «misure coordinate e proporzionate» nazionali contro la Russia. Vari Paesi membri stanno considerando di espellere i diplomatici russi, come ha già fatto May (e subito dopo Putin con le feluche britanniche a Mosca). II premier Paolo Gentiloni ha dato il suo «assenso» alla «condanna» contro il Cremlino sul caso del gas nervino. Ma ha chiesto che non provochi una «escalation» e «non chiuda i necessari spazi di dialogo con la Russia». L’Italia potrebbe essere presto chiamata a decidere se espellere alcuni diplomatici russi, adottare altre misure di protesta verso Mosca oppure stare nel gruppo degli Stati membri dell’Unione Europea che si rifiuteranno di aderire alle richieste avanzate dalla Gran Bretagna. Anche in mancanza di un nuovo governo i risultati delle elezioni del 4 marzo, con le affermazioni di 5stelle e centro-destra, inducono a escludere che il nostro Paese si troverà in una posizione di avanguardia in una rotta di collisione con il Cremlino già sgradita negli ultimi anni al Partito democratico. Tenderà a frenare, quantomeno .A Mosca i risultati elettorali di Lega, Forza Italia e 5Stelle, più che disponibili verso Putin, sono stati accolti con soddisfazione.
Economia e Finanza
Conti pubblici, manovra da almeno 30 miliardi – Manovra «obbligata» da 30 miliardi. Aumenti Iva che tutti vogliono bloccare, e che costano 12,5miliardi; 12 miliardi di riduzione del deficit per rispettare gli obiettivi di finanza pubblica; e poi un altro rinnovo dei contratti del pubblico impiego (quelli appena firmati scadono a fine anno), la stabilizzazione degli aumenti e le spese indifferibili per un pacchetto che vale almeno 5 miliardi. La rottura vissuta ieri a Palazzo Madama dal centro-destra aggiunge un’altra variabile al già complicato gioco delle alleanze alla ricerca di una maggioranza. Ma l’agenda «obbligata» di politica economica mette un’ipoteca pesante sui programmi dei partiti, tutti giocati sui tagli fiscali (Flat Tax di Lega e Forza Italia, assegno ai figli del Pd) o più spese (dal reddito di cittadinanza dei Cinque Stelle ai ripensamenti della legge Fornero comuni a molti programmi). E lo stallo politico non aiuta le trattative con la commissione alla ricerca di nuovi sconti. «Non vedo allarme sull’Italia», spiega il premier Gentiloni dal Consiglio europeo di Bruxelles. Ma «lo stato incoraggiante dell’economia- aggiunge ilpremier- non significa che la situazione sia immutabile». Intanto dal Forum di Cernobbio la Confcommercio, l’organizzazione guidata da Carlo Sangalli, mette in guardia le forze politiche: serve al più presto un governo responsabile. «In grado di mettere in sicurezza la crescita». Tradotto: un esecutivo che disinneschi l’aumento dell’Iva da 12,4 miliardi previsto dal 2019. Per poi affrontare riforma del Fisco e snellimento della burocrazia. E presidiare in Europa il negoziato sui fondi europei 2021-2027. Nonostante l’Ue stimi per l’Italia nel 2018 una crescita del Pil dell’1,5% il centro studi di Confcommercio ha confermato ieri le previsioni dello scorso ottobre: più 1,2%. Inoltre ha rivisto al ribasso la crescita dei consumi per l’anno in corso: da più 1,1 a più 1% tondo.
La Ue agli Usa: sui dazi servono esenzioni permanenti. Se i rapporti tra Unione Europea e Russia si fanno sempre più tesi, a Bruxelles non migliora neppure il clima nei confronti degli Stati Uniti. «Il Consiglio europeo si rammarica della decisione americana di imporre dazi sull’acciaio e l’alluminio», si legge in un comunicato pubblicato ieri. Nella notte tra giovedi e venerdì, l’amministrazione Trump ha annunciato nuove tariffe commerciali a tappeto, esentando alcuni Paesi tra cui quelli della Ue, ma solo fino al 1 maggio. Il presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker ha notato che la notizia è «buona e cattiva». Buona perché l’Unione è stata considerata da Washington un blocco unico. Cattiva perché l’esonero è solo temporaneo. «Abbiamo cinque settimane di negoziati dinanzi a noi. Saremo determinati», ha detto l’ex premier lussemburghese. Saranno negoziati «con una pistola alla tempia», ha osservato, chiaramente infastidito, il premier belga Charles Michel. Netto anche il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni: «Consideriamo un errore la decisione e ce ne rammarichiamo, pensiamo sia sbagliata. Stiamo parlando di argomenti che certamente non si risolvono in un periodo breve. Pensiamo che l’introduzione di dazi e barriere sia un rischio e possa incrinare la congiuntura economica». Per il presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia «occorre che la Ue intervenga alla svelta a protezione dei settori siderurgico e metallurgico europei, che rischiano di essere colpiti dagli effetti delle decisioni statunitensi». Preoccupazioni per i dazi anche dalla Bce. Il presidente Mario Draghi ha menzionato le «preoccupazioni» del Consiglio direttivo nella conferenza stampa di gennaio e poi ancora a marzo ha detto chiaramente che le decisioni unilaterali sono «pericolose», che le dispute vanno risolte in sedi multilaterali. La preoccupazione maggiore è verso tutto ciò che può insidiare la WTO e mirare allo smantellamento di un sistema multilaterale per il commercio mondiale che funziona da tre decenni, dando regole e un arbitrato equo.