Politica Interna

Lite Lega – M5S. Luigi Di Maio e Matteo Salvini hanno iniziato la partita a scacchi che si concluderà con la nomina di un nuovo governo. Il leader dei 5 Stelle: «Il premier deve essere espressione della volontà popolare». Tradotto: chi ha preso più voti. Ergo, i pentastellati. Salvini replica: «Se Di Maio dice “o io o nessuno al governo” sbaglia, così salta tutto. No a veti su Forza Italia e sul premier». I due si incontreranno la prossima settimana al Senato o alla Camera. E tra cinque giorni inizieranno le consultazioni al Quirinale. Come era prevedibile, l’incontro o addirittura l’alleanza fra Lega e Cinque Stelle presenta una serie di incognite che emergono inesorabili. Per cui non ci si può stupire quando dal cerchio magico di Di Maio si fa sapere che “o sarà lui il premier o non si farà il governo”. Non perché questa affermazione vada presa alla lettera, ma perché esprime in maniera esplicita la difficoltà di passare dalla dimensione elettorale a quella politica e istituzionale. Finora il successo dei Cinque Stelle nelle istituzioni si chiama Fico, il presidente della Camera che è già un personaggio mediatico.

Consip. Tre giudici del tribunale del Riesame sconfessano la Procura di Roma e il giudice dell’indagine preliminare che avevano sospeso dal servizio l’ex capitano del Noe dei carabinieri Gianpaolo Scafarto, inquisito per falso, depistaggio e violazione di segreto nell’inchiesta sugli appalti Consip. Non c’è alcuna prova che l’ufficiale dell’Arma (nel frattempo promosso maggiore per un automatismo di carriera) abbia manipolato l’informativa indirizzata ai magistrati per danneggiare Tiziano Renzi e di conseguenza suo figlio Matteo; ha commesso degli errori, come tante volte accade, senza la volontà di nuocere all’ex premier. Né è dimostrato che abbia voluto eliminare le tracce del proprio comportamento con la manomissione del telefonino del suo superiore. Così il maggiore del Noe torna al Comando regionale di Napoli. Ma la portata della posizione assunta dal Riesame ha conseguenze soprattutto sul capitolo “complotto”, arma dei renziani, che per mesi hanno parlato di un’inchiesta creata ad hoc per colpire Matteo Renzi, dando poco conto alle accuse mosse al padre nel frattempo indagato per traffico di influenze insieme all’imprenditore, suo amico, Carlo Russo.

Politica Estera

La minaccia Jihad. «Abbiamo segnalato tutto al tribunale dei minorenni. Se i genitori sapevano, bisognerà prendere dei provvedimenti». A Foggia una dozzina di bambini dai quattro ai dieci anni, che vivevano in città e frequentavano regolarmente le scuole materne ed elementari, ogni settimana venivano sottoposti a lezioni di jihad da un cittadino italiano. In Italiano veniva spiegato loro che «dobbiamo tagliare le teste a chiunque voglia destabilizzare la nostra comunita» e «immolarsi non è una privazione ma un omaggio a Dio». Il tutto era registrato in presa diretta dalle cimici della Digos di Bari e dell’Ucigos che ieri hanno arrestato Mohy Eldin Mostafa Orner Abdel Rahman, 59 anni egiziano, sposato con una 79enne italiana grazie alla quale aveva preso la cittadinanza del nostro paese. Il quadro che è venuto fuori dall’inchiesta sull’imam di Foggia «non ha eguali in Occidente». Gli investigatori italiani sono riusciti a penetrare un «cuore di tenebra» del terrorismo islamico, che aveva trasformato un centro culturale in una madrasa di Raqqa. Di questo parla il ministro Marco Minniti in un’intervista e di quello che lascerà in eredità al suo successore: dal patto per l’Islam, all’antiterrorismo fino al «modello» di gestione dei flussi migratori dal Nord Africa.

Russia. Vladimir Putin ha proclamato per oggi una giornata di lutto nazionale. Dall’estero, le condoglianze arrivano insieme agli annunci di nuove espulsioni, con la Nato che si è aggiunta alla lista dei Paesi che hanno ordinato la partenza di ormai 151 diplomatici russi in risposta al caso Skripal, in solidarietà con la Gran Bretagna convinta che ci sia la mano di Mosca nel tentato omicidio dell’ex agente dei servizi militari russi a Salisbury. Ma si è aggravato anche il bilancio della tragedia di Kemerovo, la città siberiana dove domenica il centro commerciale “Ciliegia d’inverno” è andato in fiamme: delle 64 vittime, 41 sono bambini. Ci sono ancora decine di dispersi. Sotto attacco su due fronti, Putin ha dato la priorità a quello interno: sulla guerra diplomatica dichiarata alla Russia non si è ancora pronunciato. Ma per Mosca le espulsioni di massa dei diplomatici russi decise da 25 governi sono il frutto di «ricatti e pressioni» degli Stati Uniti. Ne è convinto il ministro degli Esteri Lavrov, secondo cui alcuni Paesi avrebbero da un lato deciso di cacciare i russi e dall’altro «sussurrato nelle orecchie le proprie scuse».

Economia e Finanza

Moscovici ‘avverte’ Italia. Mentre proseguono a strappi i confronti per la formazione di una nuova maggioranza, arriva da Bruxelles l’ennesima allerta sui conti pubblici italiani. Un’allerta “rispettosa”, quella lanciata ieri dal commissario Ue agli Affari economici Pierre Moscovici nel corso dell’audizione al Parlamento europeo, ma ferma: «Visto il livello di debito elevato l’Italia deve condurre politiche di bilancio responsabili», anche perché il nostro Paese «è la terza economia europea e uno dei Paesi fondatori dell’Unione, e deve applicare le regole comunitarie che ha contrbuito a forgiare». E da Milano si appella alla «responsabilità» anche il presidente di Confindustria Vincenzo Boccia, secondo cui all’Italia serve «un premier e un governo responsabile e competente che faccia tesoro delle criticità del Paese e in un tempo medio le risolva con un atto di realismo e onestà intellettuale». Non è con sorpresa che Sergio Mattarelia ha letto le dichiarazioni del commissario Ue agli Affari economici in cui ricordava all’Italia l’alto livello del debito e quindi la raccomandazione a «politiche di bilancio responsabili». Forse chiamarlo “avvertimento” è sbagliato, può darsi che sia un gradino sotto, ma quello che è certo è che i destinatari di Pierre Moscovici erano la Lega e i 5 Stelle, cioè coloro che a oggi si candidano a governare il Paese con un programma che trascura – anche volutamente – l’aspetto del deficit.

Def. Il governo Gentiloni è orientato a non presentare in Parlamento il Def, il documento che traccia le politiche economiche dei prossimi tre anni: il compito spetterà al nuovo esecutivo. «Nessun golpe», ha fatto sapere ieri l’esecutivo. La decisione oggetto di accurata riflessione è maturata nelle ultime ore. La Commissione dei 65, di cui oggi il presidente della Camera Fico, dovrebbe nominare il presidente, non sarebbe dunque chiamata ad esaminare il Def ed ad esprimersi con una risoluzione. Solo se la crisi politica dovesse protrarsi per più settimane senza dare segnali concreti di sbocco, la decisione potrebbe essere rivista. Intanto ci sono “prove di intesa” tra Lega Nord e Movimento 5 Stelle sull’agenda economica e la politica di bilancio. Sulle misure da varare la distanza è ancora molto ampia, ma in vista del Documento di economia e finanza, che il governo Gentiloni dovrebbe consegnare al Parlamento la prossima settimana, i due partiti usciti vincitori dalle elezioni cercano almeno un linguaggio comune.