Politica interna

Governo – “Salvini sa che al voto non torneremo. Mattarella non lo permetterà. È questa la nostra assicurazione sulla vita. Ed è per questo che non saremo più così tolleranti con lui”. La riflessione del vicepremier Luigi Di Maio apre quella che gli stessi grillini ribattezzano la “Fase Due” del loro rapporto con la Lega, che – dice il capo grillino – “vale solo il 17 per cento”, ed “è qui il nostro potere contrattuale”. Aver attaccato la magistratura in quel modo scomposto, con quel video senza pudore istituzionale, è oltre il confine permesso ai 5 Stelle, per la loro storia. Subito dopo lo show anti-pm di Salvini, Di Maio viene subissato di telefonate, i 5 Stelle sono allibiti, in tanti si sfogano sui social e nelle chat, altri restano in attesa di un segnale dei vertici, raggelati dall’imbarazzo. Alcuni magistrati contattano il ministro della Giustizia Bonafede che vuole subito uscire con una nota dura, definitiva. Lo frenano Di Maio e il premier Giuseppe Conte. La successiva telefonata di Di Maio a Salvini (smentita da quest’ultimo) è storia nota. Il premier Conte avrebbe difeso Salvini e al tempo stesso gli avrebbe ricordato che “bisogna difendersi nel processo e non dal processo”.

Immigrazione – I migranti assiepati sulle coste libiche vorrebbero trasformare l’ultimo dramma di cui sono vittime indifese nell’opportunità di fuga in massa verso l’Italia. Sudanesi, eritrei, somali, nigeriani, ciadiani: se ne incontrano a centinaia, raggruppati di fronte alle porte delle cinque sedi dell’Agenzia Onu per i rifugiati (Unhcr) a Tripoli. “Nessuna alternativa. In Somalia non si torna, in Libia impossibile restare. L’unica possibilità è partire coni trafficanti verso le coste italiane”, dicono. L’Unhcr ne sta monitorando circa 55.000 sul suolo libico. Intanto Matteo Salvini fa i conti sui migranti che ci sono in Italia e dichiara: “Per come sono messe le cose oggi ci vorranno 80 anni per rimpatriarli tutti”. “In base alle stime i migranti da rimpatriare, quelli arrivati nel nostro Paese negli ultimi anni, sono dai cinque ai settecentomila, e noi stiamo lavorando per fare quello che in venti anni non si è mai fatto”, spiega. Salvini parla di accordi di espulsione e di rimpatri assistiti che in questi anni non sono mai stati realizzati con tutti i Paesi di provenienza dei migranti: Senegal e Pakistan, Bangladesh e Mali, Eritrea e Gambia, Costa d’Avorio, Sudan, Niger. Entro l’autunno “saprò dire quanti e di che tipo ne ho fatto”. Le prime intese saranno con Nigeria, Bangladesh e Costa d’Avorio.

Politica estera

Svezia – Socialdemocratici ancora primo partito in Svezia. II partito dell’ultradestra sale ma non sfonda. Lo vota quasi uno su sei, che nella sempre meno tollerante Svezia è già molto. E fa il previsto balzo, dal 13 a una percentuale del 17,6, sfiorando il 20% che gli predicevano i sondaggi. Ma la “nuova e prestigiosa veste istituzionale”, in cui Matteo Salvini si augurava di vedere presto nobilitato il leader dell’estrema destra svedese Jimmie Akesson, dovrà attendere. Sinistra in calo (26%). Parità tra il blocco rosso-verde e il centro destra. E per il Ppe si presenta il problema dell’ingresso nel gruppo dei populisti. “Dal voto in Svezia un colpo al processo di integrazione””, avverte l’ex premier Mario Monti.

Russia – Scontri e feriti in tutta la Russia durante le proteste per la riforma delle pensioni. In piazza Pushkin, a Mosca, migliaia di giovani e adulti scandivano slogan contro Putin e l’annunciata riforma con innalzamento d’età, quando si sono scontrati con la polizia. Oltre 300 arresti. Il governo: regia di Navalny dal carcere. Ieri si è votato per le amministrative, ma l’affluenza alle urne come previsto è stata molto bassa. “Abbasso lo zar!”, “Questo è il nostro Paese”, “Giù le mani dai nostri soldi” sono stati gli slogan gridati in manifestazioni spontanee. Le opposizioni sembrano finalmente riuscire ad intercettare il malcontento della gente e il rating di popolarità di Vladimir Putin è indicato in rapida discesa nei sondaggi.

Economia e finanza

Commercio – “Entro l’anno stop alle aperture domenicali delle attività commerciali”: è scontro sulla promessa di Di Maio, secondo cui “la liberalizzazione di Monti distrugge le famiglie” e “bisogna ricominciare a disciplinare aperture e chiusure”. Giovedì parte l’iter dei progetti di legge: il M5S pensa a 12 aperture l’anno, la Lega a 8. L’obiettivo è tomare indietro di 7 anni, a prima della riforma Monti del 2011 che liberalizzò gli orari degli esercizi commerciali (negozi di vicinato, medie e grandi strutture di vendita) e dei pubblici esercizi per la somministrazione di alimenti e bevande (bar e ristoranti). Per Confcommercio “una regolamentazione minima e sobria è una via percorribile e imprescindibile”. Plauso da parte di chi ha sempre osteggiato la liberalizzazione, come Filcams-Cgil e Confesercenti, perché “ha causato la chiusura di migliaia di negozi che non potevano sostenere aperture 24 ore su 24 e 7 giorni su 7”. Preoccupata invece la grande distribuzione organizzata: a rischio ci sarebbero 40-5omila lavoratori, avverte l’Ad di Conad, Francesco Pugliese. “Una grazia di Dio”, al contrario, per monsignor Giancarlo Maria Bregantini, arcivescovo di Campobasso.

Conti pubblici – Il ministro dell’economia Giovanni Tria ha chiuso la tre giorni del forum Ambrosetti con il messaggio più distensivo e attraente possibile verso chi fa impresa o investe. “È inutile cercare 3 miliardi in più di deficit se poi ne perdiamo altrettanti sul mercato”, con il rialzo dei differenziali tra il Btp e il bund, da metà maggio raddoppiati a 270 punti base. “Le riforme annunciate dal governo hanno una prospettiva di legislatura. Non puntiamo a farne partire una senza le altre: sarebbe una manovra squilibrata che non considera rafforzamento, stabilità sociale, avvio della riforma fiscale, lancio del grande piano di investimento come parti che si tengono. Non tutto si può fare subito”. L’intervento del guardiano dei conti pubblici mostra la faccia istituzionale dell’esecutivo in vista del bivio di fine settembre sul Def e legge di Bilancio. “Negli ultimi 10 anni – ricorda Tria – costantemente l’Italia cresce di circa 1 punto in meno della media dell’economia europea: puntiamo a dimezzare il gap già nel 2019”. Intanto Barbara Lezzi, tra i ministri di punta nella delegazione Cinque Stelle al governo, annuncia: “Nessun condono per gli evasori milionari. E la Tap non è strategica”.