Politica interna
Sequestro fondi della Lega. Il Corriere della Sera: “Mercoledì prossimo il Tribunale del Riesame di Genova è chiamato dalla Cassazione (alla quale si era rivolta la Procura) a pronunciarsi sul sequestro di 49 milioni di euro considerati il prezzo della truffa sui rimborsi elettorali perpetrata negli anni 2008-2010 ai danni dello Stato, quando il capo del Carroccio era Umberto Bossi. Vicenda per la quale il 24 luglio 2017 lo stesso Senatur e l’ex tesoriere Francesco Belsito erano stati condannati in primo grado. Nel decidere il da farsi (il pronunciamento potrebbe non essere immediato) i magistrati dovranno tener conto di un principio stabilito dalla Corte Suprema: si possono confiscare anche le entrate successive a quel periodo, fino alla concorrenza dei 49 milioni. Il Procuratore Francesco Cozzi: «Si procederà con i sequestri fino a quando ci saranno somme disponibili sui conti della Lega». «Ma se viene creato un nuovo partito non potremmo aggredire i versamenti futuri». «Di fronte a un nuovo soggetto giuridico completamente autonomo, non potremmo fare nulla rispetto ai versamenti futuri. Anche se il neonato partito è erede del precedente dal punto di vista ideologico e politico. Bisogna sempre valutare la continuità giuridica per procedere e in questo caso salterebbe»”. La Stampa: “A conti fatti, il D-Day del 5 settembre, quando il tribunale del Riesame di Genova deciderà sul sequestro a tappeto di tutti i conti della Lega, non è quello che impensierisce di più i vertici del Carroccio. Certo, fonti leghiste confermano il «pessimismo» sull’esito della vicenda, ma in fondo la morte della vecchia Lega per mano giudiziaria non farebbe altro che accelerare la nascita del partito nazionale, la «Lega per Salvini premier» che giuridicamente è già nata prima del 4 marzo, con tanto di sede in via delle Stelline a Milano. Il timore, semmai, è quello di un «accerchiamento» giudiziario attorno al leader Salvini, che è già indagato per il caso della nave Diciotti. C’è il rischio che una nuova indagine, e stavolta su un fatto non politico come i migranti ma di conti, possa far saltare il tappo dentro il M5S. Ma Giorgetti rassicura: «La vicenda dei conti non avrà ripercussioni sul governo»”.
Opposizioni. Il Corriere della Sera: “Il Partito democratico ora prova a ripartire dalla piazza. E lo fa, fissando una manifestazione nazionale contro il governo per il 29 settembre a Roma. «Sarà un appuntamento tra intimi, come alle elezioni del 4 marzo», ironizza il sottosegretario agli Esteri Manlio Di Stefano. Ma il segretario Maurizio Martina gli risponde per le rime: «Stanno anche diventando arroganti». Nel frattempo il Pd continua a dilaniarsi: sul possibile cambio di nome, sull’identikit del candidato segretario gradito alla maggioranza renziana da contrapporre al governatore Nicola Zingaretti già in pista e, di conseguenza, sulla data del congresso. ll tempo stringe, con la Lega e il M5S che non hanno mai chiuso la campagna elettorale. Così il segretario Martina ha annunciato che «il 29 settembre si terrà a Roma una grande manifestazione perché è arrivato il momento di chiamare a una mobilitazione nazionale gli italiani che non si rassegnano a vedere questo Paese in preda ai seminatori di odio»”. Repubblica: “Ieri Dario Franceschini a Cortona ha cercato di dissuadere Zingaretti e Martina dal candidarsi entrambi alle primarie per la segreteria dem in una disfida che avrebbe come unico effetto di fare vincere il candidato renziano. Candidato che per la verità i renziani ancora non hanno trovato. Ma sperano sempre in Graziano Delrio, la figura più popolare nelle loro file. Nel complicato puzzle del Pd, oltre alle fibrillazioni sul nome del partito: cambiarlo oppure no – è già sfida tra i leader. Tra i franceschiniani molte simpatie vanno a Zingaretti. Altri hanno qualche remora, punterebbero piuttosto su Paolo Gentiloni ma Martina rivendica il lavoro che sta facendo”. «Dobbiamo darci una mossa, l’Italia è a rischio, non ci sono i tempi per un congresso infinito, posizionamenti tattici, Leopolde e altre amenità. Dobbiamo porre un argine al rischio mortale a cui Lega e 5 Stelle ci stanno esponendo, ed è assurdo dividersi sull’opportunità di discutere con gli autori di questo disastro. Così Carlo Calenda, ex ministro dello Sviluppo economico, in un’intervista al Corriere.
Dal fronte FI, invece, sempre il Corriere intervista Tajani: «Ho sentito alcuni imprenditori che sono talmente disperati da minacciare una serrata. Se si costringesse un pezzo del tessuto produttivo del Paese addirittura a scendere in piazza, io in quella piazza ci starei. Con gli imprenditori e con i loro operai». Antonio Tajani ripete in continuazione che «non ce l’ho con Salvini, con Giorgetti, con la Lega», che «non stiamo qui a fare l’opposizione disfattista», che «Forza Italia vorrebbe, in vista del grande dibattito sulla legge di Stabilità, avere un atteggiamento costruttivo». Ma lancia, «da presidente del Parlamento europeo, da esponente politico e da cittadino», più di un allarme rispetto a quello che vede dal suo osservatorio di Bruxelles.
Economia e finanza
Legge di bilancio. Repubblica: “In vista del vertice che getterà le basi della manovra di Bilancio, Lega e M5S lavorano ai loro dossier separatamente. E spingono l’acceleratore, e le richieste nei confronti del ministro dell’Economia, in direzioni opposte. Il vicepremier Matteo Salvini ha convocato i suoi per martedì per capire quanto avanti potranno spingersi con la flat tax, senza violare quegli impegni europei di cui il ministro Tria ha parlato a Pechino nel tentativo di rassicurare gli investitori. Per il M5S si parla invece di reddito di cittadinanza: c’è l’obiettivo di portarlo a casa nella manovra di Bilancio, trovando tutte le coperture e votandolo attraverso un ddl collegato. Gli uffici di via XX settembre sono già al lavoro su questo e le risorse, dicono da Palazzo Chigi, ci sono, mentre sarebbe molto più oneroso far partire subito la flat tax. Poi c’è la contrattazione sullo sforamento del 3 per cento del rapporto deficit-Pil, «che però non riguarda noi – dicono dal partito di Salvini – è una questione cha va discussa con tutti, con i 5 stelle, col premier Conte, col ministro Tria». Non è messa da parte, insomma, nonostante gli avvisi arrivati forti e chiaro dalle agenzie di rating e dall’ultima asta sui titoli di Stato”. Repubblica intervista il ministro Tria: “L’Italia non è fragile, non è il malato d’Europa. Il governo ha ribadito che le riforme verranno portate avanti nell’ambito dell’equilibrio dei conti pubblici e a fine mese, quando questo impegno diventerà un fatto con la Nota di aggiornamento del Def, lo spread si sgonfierà”. Così il ministro dell’Economia Giovanni Tria, oggi in un’intervista a Repubblica, anche in riferimento al giudizio di Fitch. Sulla missione in Cina: che vi fossi “per vendere i titoli di Stato era una fake news”. Sulle misure “costose” di Lega e M5s: “Il governo ha già una intesa sui confini di bilancio da rispettare”. Sul programma di acquisto di titoli della Bce: “L’intervento della Bce non era un supporto al debito italiano, ma alle dinamiche di trasmissione monetaria dell’area euro. L’acquisto di titoli ha riguardato in modo proporzionale tutti i Paesi, e quando cesserà subiremo un contraccolpo come gli altri, con la differenza che da noi la crescita è meno forte”. Sul Corriere parla il commissario Ue al Bilancio Oettinger: «L’obbligo di mantenere finanze pubbliche sane è europeo, ma anche di ciascun Paese di fronte a se stesso». Ma «meglio aspettare, il termine per presentare il bilancio è il 15 ottobre. Ora tocca al governo italiano e agli altri presentare la loro legge di Stabilità. Bisogna disegnare il bilancio in modo da ridurre i livelli di debito in modo credibile».
Previdenza/Reddito di cittadinanza. Dalla prima del Sole 24 Ore: “Sulla previdenza nei prossimi giorni il governo quantificherà con più chiarezza i fondi disponibili per l’operazione «quota 100»: tra le ipotesi, destinare a tale misura dai 2 ai 2,5 miliardi solo per un intervento selettivo, dato che l’uscita anticipata per tutti costerebbe 7-8 miliardi l’anno. Due opzioni sul tavolo: quota 100 come ulteriore strumento per la gestione modulabile degli esuberi; o rendere possibile l’uscita a una platea più ampia. Il ministro Tria da Shanghai conferma la strategia della prudenza dopo il verdetto Fitch sull’outlook del rating italiano. «Tra poco non ci sarà più il problema di convincere su azioni future, ci saranno le azioni». «Abbiamo impegni europei e vanno rispettati»”. Sul fronte reddito di cittadinanza invece Il Corriere riferisce che “secondo il sottosegretario all’Economia Laura Castelli per varare il reddito di cittadinanza siamo «già in zona Cesarini» e per questo la squadra di governo dei Cinque Stelle «sta affinando il lavoro». Castelli ha confermato che la copertura prevista dal progetto di legge originariamente era di «17 miliardi di euro» ma, come vedremo, è possibile che la cifra venga limata. Per le risorse necessarie il sottosegretario ha dichiarato che si pescherà «all’interno del bilancio dello Stato e ci sono le risorse che servono, senza bisogno di nuove tasse»”. “I fondi da 80 euro e spesa sociale”, è quanto si legge. Intanto fa sapere Il Messaggero che “il ministro dell’Economia Giovanni Tria in vista della legge di Bilancio ha chiesto ai ministeri di bloccare tutte le spese allo scorso anno, che di fatto significa tagli”. “Cresce intanto la protesta degli imprenditori”.
Politica estera
Usa. Il Sole 24 Ore: “Nelle elezioni di midterm, dice la storia americana recente, il partito del presidente perde sempre. È avvenuto nelle ultime tre tornate elettorali: nel 2010 e nel 2014, con Barack Obama alla Casa Bianca, vinsero i repubblicani. Nel 2006, con George W. Bush, ebbero la meglio i democratici. Trump spera di invertire il trend. Nei prossimi due mesi vuole girare per gli States «sei giorni su sette», più di quanto non fece Obama nel 2010. «Sarà la più aggressiva campagna nella storia presidenziale recente», avverte il consigliere John DeStefano. Più dell’80% degli americani che ritengono di stare meglio ora rispetto a un anno fa sono propensi a votare i repubblicani. Certo è che Trump è aiutato nella campagna elettorale da un fiume di donazioni”. Sempre Repubblica sui funerali di McCain: “L’America si è fermata per il funerale di John McCain e per ascoltare la lezione morale di Barack Obama: una lunga requisitoria contro l’imbarbarimento dell’era Trump, senza mai citare il presidente in carica, il grande assente, l’innominabile escluso nella giornata del lutto nazionale. Dentro la National Cathedral le parole di Obama vengono ascoltate dall’establishment riunito: prima di lui hanno parlato i repubblicani George W. Bush e Henry Kissinger, i notabili del Grand Old Party si mescolano ai coniugi Clinton e Al Gore. Donald Trump è lontano: sta giocando a golf”.
Libia/Servizi segreti italiani. Repubblica: “Continua violenta e confusa la guerra di milizie a Tripoli. Uno scontro che minaccia il governo del presidente Fayez Serraj come mai era accaduto in passato. Nel caos generalizzato ieri un paio di razzi “Grad” sono stati lanciati anche verso l’ambasciata d’Italia e contro l’ufficio del presidente libico Fayez Serraj. II missile scagliato verso la sede diplomatica è esploso contro l’albergo Al Waddan: il grosso edificio è adiacente all’ambasciata e nelle sue stanze per mesi hanno dormito molti diplomatici italiani. E’ una sfida a chi si batte per la stabilizzazione”.
Il Corriere della Sera: “Già domani il governo avvierà la procedura per il cambio ai vertici dei servizi segreti. Via il direttore del Dis Alessandro Pansa e via il capo dell’Aise, l’agenzia per la sicurezza esterna, Alberto Manenti. Resta al suo posto il direttore dell’Aisi Mario Parente. Pansa e Manenti pagano la proroga dall’esecutivo di Gentiloni, e pagano soprattutto l’ostilità del ministro dell’Interno Salvini. E non è escluso che dopo il caso Diciotti, la nave bloccata per dieci giorni a Catania con 140 migranti, possa essere avvicendato il comandante della Guardia costiera, l’ammiraglio Giovanni Pettorino”.