Politica interna
Governo neutrale, no di Lega e M5S. Il Corriere della Sera: “Un governo «neutrale» perché «non vi è alcuna possibilità di formare una maggioranza nata da un accordo politico». Sergio Mattarella ieri sera, dopo un nuovo giro di consultazioni, ha dovuto constatare che i partiti non sono disposti a cedere. E allora li ha sferzati. Ha proposto una via d’uscita ma ha dovuto constatare che le logiche personali prevalgono sugli interessi del Paese. Quindi ha proposto un governo di «servizio» fino a dicembre e poi il voto. Ma da Lega e Movimento Cinque Stelle è arrivato un altro no: elezioni subito. In estate, a fine luglio. Sostegno invece dal Partito democratico”. Repubblica: “Fra oggi e giovedì è attesa la convocazione al Colle dell’uomo, o più probabilmente della donna, destinata a ricevere l’incarico dalle mani di Mattarella. La rosa dei ministri pare a buon punto”. Il Corriere: “Chi guiderà il «governo di servizio» evocato dal capo dello Stato (con una previsione di 12 ministri oltre il premier) potrebbe avere le settimane contate se il nuovo esecutivo non otterrà la fiducia in Parlamento. Tra i nomi che ritornano in questa caccia al civil servant c’è quello di Elisabetta Belloni, segretario generale della Farnesina con una lunghissima esperienza alle spalle, che non dovrebbe essere sgradita al mondo dei 5 Stelle anche se agli Esteri ha saputo resistere con nervi saldi pure dopo le molte nomine decise da Matteo Renzi e da Angelino Alfano. Altro profilo ricorrente per la casella del premier è quello dell’economista Carlo Cottarelli. La giudice costituzionale Marta Cartabia, nominata da Giorgio Napolitano nel 2011 e attuale numero due della Corte con la prospettiva di arrivare ai vertici della Consulta, è molto apprezzata dal presidente Mattarella. Nella rosa dei nomi tra possibili premier e possibili ministri Alessandro Pajno, presidente in carica del Consiglio di Stato, l’economista Lucrezia Reichlin, l’ex rettore dell’Università Bocconi Guido Tabellini, il dg della Banca d’Italia Salvatore Rossi, Dario Scannapieco, oggi vicepresidente della Banca europea degli investimenti (Bei)”. Repubblica: “A dicembre, poi, il “governo di servizio” saluta e se ne va, aprendo la strada al ritorno alle urne nella prossima primavera. Ma se i partiti non ci stanno e gli negano la fiducia o l’astensione per farlo nascere alle Camere, per Mattarella non resta che l’altra possibilità. Questa qui: al voto subito, «a luglio oppure all’inizio del prossimo autunno». Riaprire i seggi in piena estate, avverte però subito l’inquilino del Colle, sarebbe in pratica un azzardo, «renderebbe difficile l’esercizio del voto agli elettori». Non a caso sarebbe la prima volta nella storia dell’Italia repubblicana. L’alternativa del capo dello Stato dunque è servita, «scelgano i partiti nella sede propria, il Parlamento»”. E si registra l’incontro tra Di Maio e il segretario leghista. I leghisti la vendono come un accordo con i 5 Stelle sulla data delle elezioni. Che passa, anche, per uno sgarbo istituzionale nei confronti di Mattarella. Se ne incarica lo stesso Salvini con l’annuncio choc della data delle elezioni, che come è noto spetta soltanto al presidente della Repubblica: l’8 luglio.
Gli scenari. Il Corriere della Sera: “Il voto subito è un programma comune, tra Lega e 5 Stelle. Di Battista: «Chi vota questo governo è un traditore della patria. Al voto subito: bivaccare è ignobile». «Prenderemo un mucchio di voti – spiega un dirigente M55 -. Per la campagna punteremo sull’astensionismo degli elettori di Pd e Forza Italia». Girano sondaggi positivi. Le tendenze web, dopo il disastroso dialogo con il Pd, sono tornate positive. M5S vola al 35%. E c’è un sondaggio che dice più o meno così: «Nella prossima campagna, voteresti Di Maio o leader come Berlusconi e Renzi?». Di Maio supera II 40%. E per la campagna si useranno Berlusconi e Renzi come spauracchi. «Sarà un ballottaggio tra noi», dice Di Maio”. Ancora Il Corriere ma sul fronte leghista: “E’ il giorno dell’ira. Matteo Salvini parla ai suoi pochissimi minuti dopo che il capo dello Stato ha proposto la sua formula di governo per portare il Paese fino a dopo la legge di Bilancio: «Berlusconi ha giurato e spergiurato che mai sosterrà una cosa del genere». Nella nota diffusa da Salvini dopo le parole del presidente della Repubblica: “Non c’è tempo da perdere, non esistono governi tecnici alla Monti, contiamo che Berlusconi mantenga la parola data”. Per i leghisti, insomma, occhi puntati su Silvio Berlusconi: «Se Forza Italia vota il governo “neutrale” di Mattarella, è la volta che salta il centrodestra… ». Lorenzo Fontana intervistato dal Messaggero:
“Berlusconi avrebbe potuto fare un passettino in più. Serviva maggiore responsabilità. Salvini si è consolidato come leader. Si è dimostrato all’altezza, ha dimostrato un grande senso di responsabilità. Sicuramente la Lega otterrà un risultato superiore a quello del 4 marzo”. Repubblica sul Pd: “«Se si vota subito – profetizza Dario Franceschini – ci spazzano via». Se si esclude Matteo Orfini, tutti condividono il timore di un’ecatombe elettorale: Marco Minniti, Ettore Rosato, Graziano Delrio, Lorenzo Guerini. «Inutile sperare – ammette Andrea Orlando – prepariamoci al peggio. Prepariamoci al voto. Sarà un massacro». La previsione è di scendere sotto il 18%. Ma come salvare il renzismo?, è la preoccupazione dell’ex premier. Ha in mente una tabella di massima. Si parte dalla convocazione dell’assemblea nazionale per il 19 maggio, o al più tardi il 26. In quella sede intende eleggere un segretario pro tempore che traghetti a un congresso in autunno. Già, a chi affidare le chiavi del Nazareno e la gestione delle liste elettorali? Lorenzo Guerini è il nome più solido. O Maurizio Martina, se accetterà la logica del capo. La linea di Renzi non prevede sconti, perché è sfida per la sopravvivenza”.
Economia e finanza
Il rischio-voto su crescita e conti. Il Sole 24 Ore: “L’aut aut lanciato ieri dal presidente della Repubblica Mattarella fra la fiducia a un “governo di servizio” o il voto in autunno arriva mentre anche l’economia reale manda segnali di indebolimento del quadro, confermato ieri dall’indice anticipatore dell’Istat che per il terzo mese consecutivo mostra uno scenario di minore intensità della crescita. Mentre il corto-circuito politico rischia di appesantire il conto della legge di bilancio e rende difficile trovare davvero la strada anche per il programma minimo con il blocco dell’Iva. Il peggioramento più significativo arriva dall’indice composito sul clima di fiducia delle imprese. Segnali che potrebbero rafforzarsi con un congelamento dei piani di investimento se si consolidasse l’aspettativa di uno stop agli incentivi dell’iper e del super-ammortamento, che senza un intervento in manovra scadrebbero a fine anno. Il presidente di Confindustria Vincenzo Boccia: serve legge elettorale e sul governo si discuta di contenuti, l’attesa crea incertezza”. Il Messaggero: “Tra i nodi dell’economia il principale riguarda la necessità, su cui tutti i partiti sono d’accordo, di neutralizzare l’aumento delle aliquote Iva dal 10 all’11,5% e dal 22 al 24,2% dal primo gennaio del 2019. Una delle ragioni indicate ieri dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella, per dar vita ad un governo di servizio da tenere in vita fino al prossimo 31 dicembre, il tempo strettamente necessario per evitare che l’Italia rischi di non approvare il bilancio. Per i Cinque Stelle, che vorrebbero andare al voto a luglio, quello dell’aumento dell’Iva sarebbe solo un alibi, un bluff da andare a vedere subito proponendo un decreto legge che disinneschi immediatamente l’Iva. E nella risoluzione al Def presenteranno un quadro programmatico con le loro proposte per farlo. Ma tra decreto o manovra d’autunno, il passaggio è stretto. E delicato. Ci sono da trovare 12,5 miliardi di euro”. L’analisidi Dino Pesole sul Sole 24 Ore: “Dove recuperare 15,4 miliardi, cui andrebbero aggiunti gli eventuali interventi di politica economica e la probabile correzione dei conti, che Bruxelles per ora ha congelato ma che potrebbe chiedere da qui al prossimo autunno, per altri 3,5-5 miliardi? Il decreto legge andrebbe comunque convertito in legge entro sessanta giorni. E le coperture dovranno essere certe e strutturali con effetto pluriennale, così da incidere sui 19,1 miliardi di ulteriori clausole in agenda nel 2020. Non sembra che vi sia in questa fase piena consapevolezza della portata della posta in gioco”.
Telecom/Ania. Dal Corriere della Sera: “Tim dopo la vittoria di Elliott in assemblea. Il nuovo consiglio si è riunito ieri per gli adempimenti di rito, dopo la nomina da parte dell’assemblea avvenuta venerdì scorso. La novità è che per la prima volta tutti i poteri sono stati conferiti all’amministratore delegato. Fulvio Conti non ha voluto deleghe, se non quelle previste dalla legge e dallo statuto di Tim per il presidente. Questo per mantenere il requisito di indipendenza, architrave del piano di trasformazione di Tim in public company proposto da Elliott. Vivendi: bene la scelta del ceo. E per mantenere l’indipendenza, la delega «sensibile» sulla security è stata assegnata a un dirigente interno, Stefano Grassi, presidente di Telsy, la controllata che fornisce apparati telefonici criptati alle istituzioni e alle forze dell’ordine. La soluzione è stata comunicata preventivamente a Palazzo Chigi, dove è ancora aperto il dossier sul «golden power»”.
Repubblica: “Doccia fredda sul mondo assicurativo: le unit linked, il nuovo Eldorado delle compagnie di assicurazione, rischiano di trovarsi sul banco degli imputati, considerate alla stregua di investimenti finanziari puri e non come polizze a tutti gli effetti. Non è un rischio da poco: le polizze assicurative del settore vita, infatti, godono di un trattamento fiscale agevolato rispetto ai prodotti finanziari, inoltre non possono essere né sequestrate né pignorate. Secondo i dati Ania, nel 2017 le nuove polizze unit linked sono state un po’ più della metà rispetto alle nuove polizze tradizionali, quasi 28 miliardi. Un universo in grande espansione, che ora trema dopo una recentissima sentenza della Cassazione lo scorso 30 aprile”. “L’Ania difende le polizze vita del Ramo III, colpite dalla sentenza della Corte di cassazione di qualche giorno fa – si legge stamane sul Sole 24 Ore – «La sentenza si riferisce ad un caso specifico», affermano. E sulla vicenda è all’opera anche la Consob.
Politica estera
La guerra dei dazi e l’allarme Bce. Dal Sole 24 Ore: “A suonare la sirena dell’allarme rosso sullo scoppio di una vera e propria guerra commerciale è la Banca centrale europea in un approfondimento sulle «implicazioni di un aumento delle tensioni del commercio sull’economia globale» contenuto nel Bollettino economico in uscita questi giorni. Il Consiglio direttivo della Bce monitora da vicino i primi segnali del pericolo di un ritorno al protezionismo, per gli effetti che questo potrebbe avere non tanto negli scambi commerciali nell’immediato ma soprattutto nel modo in cui potrebbe minare la fiducia di imprese e famiglie e quindi danneggiare la crescita. Più volte il presidente della Bce, Mario Draghi, nelle sue ultime conferenze stampa, ha posto l’enfasi su questi rischi. E ora è il Bollettino economico ad analizzare i rischi potenziali. Nell’ultimo decennio – si legge – il ritmo della liberalizzazione del commercio è rallentato e il taglio dei dazi avvenuto negli anni pre-crisi ora si è fermato. E questo per la Bce potrebbe essere uno dei fattori che hanno pesato sulla crescita del commercio negli ultimi anni. Un dato: ‘Tra il 2012 e il 2016 le importazioni mondiali sono aumentate del 3% l’anno, meno della metà del tasso di crescita del ventennio precedente'”.
Usa/Iran/Russia. Il Sole 24 Ore: “La decisione americana sul futuro dell’accordo nucleare con l’Iran incombe. E oggi Trump, come ha preannunciato in un twitter, scioglierà le riserve. Il nervosismo scuote la politica e i mercati. Rinunciare all’accordo infatti rischierebbe corse ad arsenali nucleari e al riarmo di Teheran e nella regione. E ieri, davanti allo spettro di un’uscita di Donald Trump dal patto, sulle piazze delle commodities il prezzo del petrolio ha marciato verso i massimi dal 2014″. L’ex segretario di Stato degli Stati Uniti John Kerry al Corriere: «Non togliete le sanzioni, da Mosca insidie e attacchi, nessuno può essere sereno». E sull’Iran: «Se salta l’accordo sul nucleare, sarà peggio»”.
Il Corriere sulla Casa Bianca: “Melania Trump esce allo scoperto e lancia la sua campagna: «Be Best», siate migliori. La First Lady ha convocato la sua prima conferenza stampa nel Rose Garden della Casa Bianca. Al centro i bambini, il cyberbullismo. E’ un progetto ambizioso che chiama in causa i big della rete, Google, Apple, Amazon. La First Lady ha smesso da tempo di parlare delle avventure extra coniugali del consorte, accentuando, invece, la sua autonomia. E Ieri il Washington Post ha pubblicato un lungo articolo per descrivere le «vite separate alla Casa Bianca».
Il Corriere della Sera: “Vladimir Putin ha giurato per il suo quarto mandato da presidente della Russia. Al termine del quale avrà guidato il Paese per un periodo inferiore solo a Stalin. Tra le priorità, dopo l’economia, ridisegnare il rapporto tra Mosca e l’Europa con i segnali da lanciare alla Germania”.