Politica interna

Genova. Consiglio dei ministri particolarmente teso quello di ieri sul decreto riguardante Genova e l’emergenza post crollo del ponte Morandi. La Lega e i ministri Tria e Moavero Milanesi contestano al ministro Toninelli di non aver condiviso il testo portato in consiglio. La tensione sale, Luigi Di Maio difende il collega e accende di nuovo gli animi. La notizia dello scontro rimbalza quasi in diretta anche tra i vertici dei rispettivi partiti. Mediatore è Giorgetti, che spiega come il dl vada approvato “salvo intese” – di fatto, può essere riscritto e senza neanche ripassare dal cdm – e che è meglio portare il testo all’attenzione degli enti locali. II premier Conte, che oggi sarà nella città ligure, dice “non torno a mani vuote”, ma a 30 giorni dal crollo del ponte non si sa ancora chi lo dovrà ricostruire, con quali risorse, con quale metodo e chi dovrà essere il commissario straordinario che gestirà l’operazione. Un accordo al ribasso conseguenza delle tensioni in maggioranza sul soggetto a cui affidare la ricostruzione.

Guai giudiziari Lega. Un ordine di rientro di 3 milioni di euro dal Lussemburgo, a poche settimane dal sequestro di una somma uguale dai conti della Lega, ha fatto scattare le verifiche nel Granducato dei magistrati genovesi che indagano sulla sparizione di 46 milioni dei fondi del Carroccio. Perché l’operazione gestita dalla Sparkasse di Bolzano appare pianificata per dare ossigeno alle casse del partito e questo dimostra, secondo l’accusa, che i soldi potrebbero essere stati portati all’estero proprio per essere occultati. Si ipotizza il coinvolgimento di fiduciarie e banche, ma anche di fondazioni per il transito delle risorse: tra esse la “Più Voci” del costruttore romano Luca Parnasi. Intanto un nuovo maremoto giudiziario rischia di abbattersi su Matteo Salvini, in merito ai provvedimenti con cui il suo dicastero ha proibito gli sbarchi sul territorio italiano di immigrati africani. Oltre all’indagine della Procura di Palermo, anche i pm della Corte dei Conti del Lazio avrebbero aperto un fascicolo per danno erariale sulla base dell’esposto presentato lo scorso 23 agosto dall’associazione “Possibile”.

Politica estera

Accordo Italia – Germania. Il vicepremier Matteo Salvini ha messo in stand-by l’accordo sui migranti “secondari” con la Germania, che avrebbe dovuto firmare oggi a Vienna, a margine del Consiglio dei ministri Ue dell’Interno. L’intesa sembrava ormai vicina, prima del messaggio del Viminale di ieri pomeriggio: “Non c’è alcuna firma da parte del ministro Salvini e non c’è alcun accordo con Berlino a proposito dei numeri dei cosiddetti “dublinanti” o immigrati secondari” (…); Salvini “non intende accettare alcuna intesa che possa portare in Italia anche un solo immigrato in più. L’eventuale accordo con la Germania riguarderà il futuro”. In serata dall’entourage di Salvini filtrano dichiarazioni dure: “”Ma per quale motivo dovrei fare un favore al governo tedesco e al partito della Merkel solo perché lì sono in campagna elettorale? Io non accolgo un solo immigrato in più se non prendono i nostri. I tedeschi possono aspettare, almeno fin tanto che l’Europa non si decida a risolvere il problema italiano”.

Libia. L’Onu dice no al piano francese di tenere elezioni presidenziali in Libia il prossimo 10 dicembre. La bocciatura dell’agenda Macron è stata sancita nel corso della riunione del Consiglio di Sicurezza per l’approvazione dell’estensione del mandato della missione in Libia e consolida la posizione, fra gli altri, di Italia e Stati Uniti, convinte della necessita di adeguate condizioni di stabilità per procedere alla consultazione popolare. Nel corso del dibattito, l’ambasciatrice italiana all’Onu Mariangela Zappia aveva chiarito: “C’è una data, il 10 dicembre, stabilita a Parigi in un contesto particolare. L’Italia sarebbe felicissima di rispettarla, ma preferiamo considerarla un obiettivo, certamente non in maniera prescrittiva. Se non ci sono le condizioni è difficile tenere il voto”. Il ministro della Difesa Elisabetta Trenta aggiunto: “Io credo che a decidere la data delle elezioni debbano essere i libici. Né la Francia, né l’Italia, ma i libici. Il popolo libico deve poter decidere il suo futuro in libertà e in questo senso il nostro governo vuole dare loro il massimo supporto. L’obiettivo è la stabilità dell’area e le pressioni non fanno bene”.

Economia e Finanza

Draghi. Il presidente della Banca centrale, Mario Draghi, di solito restio a intromettersi nella politica nazionale, rivolge un esplicita critica al governo italiano. Parole in libertà (sui mercati finanziari) possono avere conseguenze dannose, e a pagare il conto sono famiglie e imprese. I tassi di interesse in Italia sono saliti senza la giustificazione dei fatti, sostiene Draghi, chiamato in causa dal suo ruolo di difensore dell’unione monetaria, che un Paese importante come l’Italia può mettere in crisi. L’impennata dello spread Btp/Bund è riconducibile dichiarazioni estive di alcuni politici che, con progetti di spesa fuori controllo, hanno messo in agitazione gli investitori, già cauti per l’alto debito pubblico italiano. L’imbarazzo del M5S per le parole di Draghi è espresso bene dal silenzio di Luigi Di Maio sulla vicenda. A parlare è stato solo Salvini, che ha commentato: “Conto che gli italiani in Europa  facciano gli interessi dell’Italia come fanno tutti gli altri Paesi, aiutino e consiglino e non critichino e basta”.

Consob. Mario Nava si è dimesso dalla presidenza della Consob dopo le pressioni di Lega e 5 stelle che gli chiedevano di rinunciare al “comando” per ragioni di servizio (concesso non senza difficoltà dalla Commissione Ue) e di mettersi in aspettativa. Nava si è invece dimesso, con il collegio Consib riunito d’emergenza per accoglierne l’addio. La richiesta di dimissioni per “sensibilità istituzionale” da parte dei quattro capigruppo di Camera e Senato dei due partiti di maggioranza, ha spiegato Nava, “sono un segnale chiaro e inequivocabile di totale non gradimento politico”, che “limita l’azione della Consob in quanto la isola e non permette il raggiungimento degli obiettivi”. “Ora un servitore dello Stato e non della finanza internazionale”, commenta invece il vicepremier Di Maio. Mentre Matteo Renzi parla di “danno enorme alla credibilità dell’Italia, questo è un governo di cialtroni”.