Politica Interna
Migranti. Il forte calo degli immigrati sbarcati in Italia (meno 82,8% nel primi 5 mesi dell’anno) in realtà è iniziato un anno fa quando al Viminale c’era Marco Minniti del Pd. E ora, con Matteo Salvini (Lega) ministro dell’Interno, il decremento potrebbe essere anche più consistente. La controprova di questa tendenza sarebbe la riscoperta dall’inizio dell’anno di due rotte alternative alla «via libica»: quelle con approdo finale in Spagna e in Grecia. Nei primi 5 mesi dell’anno (fino al 10 giugno), sono raddoppiati gli immigrati giunti in Spagna via mare, con un’impennata drammatica delle persone annegate durante il viaggio nel Mediterraneo Occidentale. Ma, nell’ultimo anno, la direttrice Senegal-Mauritania-Marocco sembra essere di nuovo «concorrenziale» rispetto a quella che attraversa Niger, Ciad e l’inferno libico. In Grecia, lungo la via Orientale dei migranti, gli arrivi sono aumentati del 40% rispetto allo stesso periodo del 2017. Ma ormai è polemica quotidiana, e Matteo Salvini mostra di non avere alcuna intenzione di chiuderla. Anche ieri infatti il ministro dell’Interno è tornato a più riprese a parlare dell’immigrazione clandestina, di come fermare le navi pronte a sbarcare in Italia, con toni di sfida nei confronti dei Paesi Ue che a suo giudizio hanno fatto poco e niente per aiutare l’Italia. Richiesta, quella di un intervento globale, che arriva anche dal segretario di Stato Vaticano Pietro Parolin e dal Papa, con un appello «ai leader e alle coscienze» perché sul tema migranti «urge un patto mondiale».
Lo Stadio della Roma. Le carte sull’inchiesta Tor di Valle svelano il grande bluff sulle infrastrutture che avrebbero dovuto rendere la colossale operazione immobiliare legata al nuovo stadio «di interesse pubblico». Ma emerge anche come Luca Parnasi curasse le relazioni pubbliche non solo con tangenti, ma anche con piccoli favori, come i biglietti per le partite di calcio, regalati solo a chi potesse essere utile per il “progetto”. Tanto da non offrirli all’amico Matteo Salvini, ma pensare di concederli a Francesco Boccia, deputato del Pd componente della commissione Bilancio alla Camera. «Si deve fare per forza, verrà uno schifo ma si fa», dice invece a proposito di Tor di Valle, nel settembre 2017, un dirigente di palazzo Chigi. Diceva Luca Parnasi, al telefono con un imprenditore suo amico: «Io pago tutti. Vi scandalizzo?».
Politica Estera
Il premier Conte a Berlino. Faccia a faccia Merkel-Conte, ma con due convitati di pietra. Quando nel tardo pomeriggio la Cancelliera e il presidente del Consiglio italiano saranno seduti l’uno di fronte all’altro sulla Willy-Brandt-Straße 1 di Berlino, con loro saranno virtualmente presenti anche i rispettivi ministri dell’Interno, Horst Seehofer e Matteo Salvini. E saranno due sagome ingombranti. Gli oltranzisti della linea dura sulle politiche migratorie, che puntano a dettare la linea, anzi a sovvertire la strategia dell’Unione in quella materia già nel Consiglio Ue del 28 e 29 giugno, sono le spine nel fianco per i capi dei due governi. Infatti è una cancelliera nella tormenta, quella che accoglie questa sera Giuseppe Conte. Quello che doveva essere il primo colloquio di lavoro con il nuovo presidente del Consiglio, è diventato un passaggio cruciale nel «forcing» di Angela Merkel per disinnescare la crisi politica interna, aperta dalla Csu sul tema dei respingimenti.
Macedonia del Nord. Il rebus della Macedonia, alla fine, è stato risolto. Grecia e Fyrom, dopo quasi tre decenni di braccio di ferro, hanno sciolto le riserve: la Former Republic of Macedonia (Fyrom) si chiamerà Repubblica del Nord Macedonia. E Matthew Nimetz, che da 24 anni (con uno stipendio da un dollaro al mese) fa da mediatore tra Atene e Skopje può finalmente cantare vittoria. «Oggi compio 79 anni – ha detto ieri l’ex inviato speciale di Bill Clinton mentre Nikos Kotzias e Nikola Dimitrov, i ministri degli Esteri dei due Paesi, siglavano l’accordo sulle rive del lago Prespa -. Alla mia famiglia ho detto che non aspetto niente: questa firma è il miglior regalo della mia vita». Lui, nessuno ne dubita, è il padre putativo – almeno a livello linguistico – dello storico compromesso che spalanca a Skopje le porte di Ue e Nato. La patata bollente gliel’ha consegnata nel 1994 Clinton. La situazione, allora, sembrava irrecuperabile. Dopo quasi trent’anni di bisticci linguistici, greci e macedoni si sono accordati sul nome della terra che ha dato i natali a Filippo e soprattutto a suo figlio Alessandro: l’allievo di Aristotele che conquistò una grande parte del mondo conosciuto sino al subcontinente asiatico e passò alla storia come il «re dei re».
Economia e Finanza
Lavoro. Ne ha fatto un simbolo da subito. Quei ragazzi che consegnano cibo in bicicletta, i rider, sono stati i primi che ha voluto incontrare al ministero del Lavoro, «simbolo di una generazione abbandonata che non ha né tutele e a volte nemmeno un contratto». E Luigi Di Maio, ministro di due dicasteri lo ha ribadito anche ieri, sulla sua pagina Facebook: «I rider oggi sono il simbolo di una generazione abbandonata dallo Stato: ho il dovere di tutelare i ragazzi che lavorano in questo settore». Per i quali, Di Maio, non accetta «ricatti». L’alzata di scudi a difesa dei rider è arrivata come risposta alle critiche avanzate ieri — in un’intervista al Corriere della Sera — dall’amministratore delegato di Foodora Italia, Gianluca Cocco. A suo dire il cosiddetto decreto dignità di Di Maio avrebbe come unico risultato «l’abbandono dell’Italia da parte delle piattaforme digitali: gli operatori saranno costretti ad assumere tutti i collaboratori, chiuderanno i battenti e trionferà il sommerso». E’ passato anche un anno senza voucher ed è soprattutto un anno di mancate occasioni di lavoro: sono infatti centinaia di migliaia i «contrattini» andati in fumo a causa dello stop ai buonilavoro. A farne le spese tantissimi giovani e meno giovani che, soprattutto d’estate, riuscivano a trovare un’occupazione temporanea e fare qualche soldo.
‘Pace fiscale’. Tra il “saldo e stralcio” e la “riscossione amica”, entrambi citati nel fatidico contratto di governo gialloverde, è quest’ultima la strada che l’esecutivo sembra in procinto di imboccare. Dopo la reazione dei mercati, dell’Europa e di molte istituzioni economiche, l’opzione di un condono tombale, come quello del 2003 di Tremonti che fruttò quasi 20 miliardi, sembra accantonata. Troppo l’azzardo morale implicito e molte le difficoltà sul piano politico soprattutto dalle frange grilline che si attestano sulla difesa della legalità. Senza contare due obiezioni tecniche fondamentali: la prima dice che il condono è una entrata una tantum e non può essere utilizzata per finanziare misure pluriennali come la fantomatica flat tax; l’altra riguarda il gettito che nel 2002 fu consistente perché non si facevano sanatorie da molti anni ma che oggi sarebbe molto più basso (non più di 4-5 miliardi). Non era neanche un condono, come non lo è la «pace fiscale», la Rottamazione bis, arrivata alle battute finali e che spinge i contribuenti a pagare per intero imposte e multe non pagate evitando la sanzione.