“Chi sono stati davvero i Borboni, per cinque generazioni re di Napoli e di Sicilia? Che cosa è stato il loro regno sino al 1861, quando l’ultimo sovrano, Francesco 11. ha lasciato l’estremo baluardo di Gaeta, sconfitto dai garibaldini e bombardato dai piemontesi? E ancora, quale sarebbe potuta essere la storia del Sud senza l’unificazione nazionale? Per centocinquant’anni, le vicende del Mezzogiorno borbonico sono state una «storia negata»: da quando Vittorio Emanuele II è stato proclamato primo re d’Italia (e già qui dovrebbe nascere il sospetto critico: siamo forse l’unico paese al mondo in cui il «primo re si chiama «secondo»), l’immagine ufficiale del Sud è stata quella di un territorio sino ad allora mal governato, con re inetti e reazionari, un’economia arretrata e asfittica, una società ignorante e semifeudale.
Le ragioni di questa impostazione sono evidenti: per rappresentare il Risorgimento sabaudo come unica via al progresso e alla libertà, occorreva demonizzarne gli avversari e costruire una memoria strumentale del passato, che condannasse i Borboni come figure antistoriche ed esaltasse i Savoia come i principi della patria liberale. Di qui una rielaborazione mistificata che si è sedimentata nella coscienza collettiva: secondo la «vulgata nazionale», in un regno delle Due Sicilie collassato, dove è stato sparso il sangue generoso di Luisa Sanfelice, dei fratelli Bandiera e di tanti altri patrioti, giungono prima le camicie rosse di Gari baldi, poi i reggimenti di Vittorio Emanuele II e insieme portano le libertà dello statuto albertino, aprono la strada dello sviluppo, eliminano oscurantismo c repressione. Il «prima» viene azzerato e nessuno ricorda che ancora fra il 1830 e il 1840 una parte significativa de) movimento liberale immaginava che alla guida del riscatto nazionale potesse esserci la Napoli di Ferdinando II assai più che la Torino di Carlo Alberto. Il «dopo» (la drammatica guerra civile che ha insanguinato le regioni del Sud sino al 1865) viene liquidato affrettatamente e con sprezzo come “lotta al brigantaggio meridionale”. I Borboni e il loro regno scompaiono dalla storia, vittime predestinate della damnatio memoriae imposta dai vincitori ai vinti”.
Dalla prefazione di Gianni Oliva, “Un regno che è stato grande”