Rilancio degli investimenti, una politica industriale nazionale specifica per il Sud, fiscalità di compensazione, Sono alcune delle proposte di policy che la SVIMEZ avanza nel Rapporto 2014 sull’economia del Mezzogiorno presentato oggi a Roma.
Di fronte all’emergenza sociale con il crollo occupazionale e a quella produttiva, con il rischio di desertificazione industriale, serve una strategia di sviluppo nazionale centrata sul Mezzogiorno con una “logica di sistema” e un’azione strutturale di medio-lungo periodo fondata su quattro drivers di sviluppo tra loro strettamente connessi in un piano di “primo intervento”: rigenerazione urbana, rilancio delle aree interne, creazione di una rete logistica in un’ottica mediterranea, valorizzazione del patrimonio culturale.
I numeri del Rapporto
Un Sud a rischio desertificazione umana e industriale, dove si continua a emigrare (116mila abitanti nel solo 2013), non fare figli (continuano nel 2013 a esserci più morti che nati), impoverirsi (+40% di famiglie povere nell’ultimo anno) perché manca il lavoro (al Sud perso l’80% dei posti di lavoro nazionali tra il primo trimestre del 2013 e del 2014); l’industria continua a soffrire di più (-53% gli investimenti in cinque anni di crisi, -20% gli addetti); i consumi delle famiglie crollano di quasi il 13% in cinque anni; gli occupati arrivano a 5,8 milioni, il valore più basso dal 1977 e la disoccupazione corretta sarebbe del 31,5% invece che il 19,7%.
Di fronte all’emergenza sociale con il crollo occupazionale e a quella produttiva, con il rischio di desertificazione industriale, serve una strategia di sviluppo nazionale centrata sul Mezzogiorno con una “logica di sistema” e un’azione strutturale di medio-lungo periodo fondata su quattro drivers di sviluppo tra loro strettamente connessi in un piano di “primo intervento”: rigenerazione urbana, rilancio delle aree interne, creazione di una rete logistica in un’ottica mediterranea, valorizzazione del patrimonio culturale.
“Nel corso degli ultimi anni, si legge nell’Introduzione e sintesi del Rapporto, si è privilegiato un approccio di politica economica attento solo al risanamento dei conti pubblici. Ma le condizioni e le sfida per la ripartenza del Paese possono trovare risposta solo nel campo dello sviluppo, presupposto di qualsiasi ipotesi di crescita. Ciò che serve, dopo diversi decenni, è tornare a riproporre con forza una “logica di sistema” sia dal punto di vista dei soggetti che dei territori, che richiede investimenti strategici anche a redditività differita e una progettazione a lungo termine. Un primo passo in questa direzione sarebbe l’effettivo, rapido sblocco dei 300 miliardi promessi dal nuovo Presidente della Commissione europea, che siano davvero aggiuntivi rispetto all’attuale esiguo budget Ue a favore di grandi investimenti pubblici. In ambito europeo l’Italia e il Sud, stanno subendo uno svantaggio concorrenziale, conseguenza delle “asimmetrie sistematiche” derivanti dalla non ottimalità dell’area euro, acuitesi con l’ingresso nell’Ue nel 2004 dei Paesi dell’Est, che godono di regimi fiscali molto più vantaggiosi.
Lo sviluppo del Sud non può essere interamente delegato alle politiche di coesione, che peraltro necessitano di un maggiore sforzo strategico. E le risorse ordinarie devono smettere di essere un vero e proprio “buco nero” nello sviluppo del Mezzogiorno. È cruciale dare un’impronta meridionalistica alle politiche generali nazionali, con interventi che vanno dal funzionamento della PA a servizi essenziali come la scuola, la sanità e la giustizia, fino ad arrivare a una nuova politica attiva del lavoro e politiche di welfare non solo redistributive” Fiscalità di compensazione, rilancio degli investimenti ed esclusione del cofinanziamento nazionale per le spese di investimenti dal computo del rapporto deficit/PIL – Secondo la SVIMEZ va aperto un confronto in sede europea sulla base di tre proposte:
1) predisporre strumenti di fiscalità di compensazione da attuare in attesa di politiche fiscali più armoniche; 2) rilanciare gli investimenti pubblici e privati, guardando con attenzione ai nuovi stanziamenti previsti in sede europea; 3) escludere dal computo del rapporto deficit/PIL il cofinanziamento nazionale per le spese di investimenti.
Una politica industriale nazionale specifica per il Sud
Secondo la SVIMEZ occorre una politica industriale nazionale adeguatamente articolata a livello territoriale e regionale, che torni ad essere componente centrale della politica di sviluppo e coesione, in cui siano privilegiate misure attive e fortemente selettive; sostegno alle grandi imprese attive nei comparti produttivi con importanti vantaggi competitivi; sostegno alle piccole e medie imprese, destinando a quelle meridionali una quota prefissata degli interventi del Fondo Italiano di Investimenti per le Pmi, specifici fondi di private equity, specifici canali di finanziamento per il credito all’export e inserendo nei Contratti di rete misure aggiuntive a favore delle reti di imprese nei POR delle regioni del Sud per il prossimo ciclo 2014/2020; prolungamento temporale del Piano per il Sud del triennio 2013-2015 ed estensione delle misure a favore dell’export a tutte le Regioni del Mezzogiorno, non solo quelle della Convergenza; introduzione di misure di fiscalità di vantaggio per gli investimenti soprattutto esteri.
Lavoro, migliorare la specializzazione del nostro sistema produttivo
La priorità per il lavoro resta una politica economica complessiva che favorisca l’aumento della domanda e il miglioramento del modello di specializzazione del nostro sistema produttivo con un impegno specifico per le regioni del Sud, unita a una rinnovata strategia di politiche attive del lavoro e della formazione, anche continua e per adulti: agevolare la transizione scuola-lavoro; rilanciare l’istruzione tecnico-professionale e i contratti di tirocinio formativo e di apprendistato; rendere effettiva la riforma dei servizi pubblici per l’impiego. Per proteggere dalla povertà persone e famiglie a rischio secondo una valutazione SVIMEZ lo strumento universale di contrasto alla povertà (SIA) allo studio del Ministero del Lavoro dovrebbe costare circa 5,6 miliardi l’anno, interessare 1,3 milioni di famiglie, di cui il 52% residenti nel Mezzogiorno.
Credito, ricapitalizzazione e Bad bank
Per agevolare l’accesso al credito nel Mezzogiorno occorre agire sia dal lato delle imprese che delle banche. Riguardo alle prime andrebbe sostenuto il processo di ricapitalizzazione, da avviarsi con il concorso sia di capitali pubblici che privati, soprattutto in quelle aziende attive nei settori a maggiore potenziale; quanto alle banche, andrebbero smobilizzati i crediti in sofferenza, attraverso l’adozione di un organismo simile alla Bad Bank in grado di rilevare le partite in sofferenza convertendole in liquidità per gli istituti di credito.
Le proposte: i quattro drivers
Secondo la SVIMEZ occorre mettere in campo una strategia di sviluppo nazionale centrata sul Mezzogiorno, un’azione strutturale di medio-lungo periodo fondata su quattro drivers di sviluppo tra loro strettamente connessi in un piano di “primo intervento”: rigenerazione urbana, rilancio delle aree interne, creazione di una rete logistica in un’ottica mediterranea, valorizzazione del patrimonio culturale.
Rigenerazione urbana
Il settore della rigenerazione e infrastrutturazione urbana e’ uno dei drivers decisivi per riprendere il cammino della crescita. Nelle città meridionali infatti si presentano in forma acuta tre aspetti critici della condizione urbana europea: tassi di disoccupazione più elevati, espansione urbana incontrollata, dissesto idrogeologico. Pur essendo città costiere e portuali con ampi retroterra da valorizzare per migliorare l’attrattivita turistica, le città metropolitane del Mezzogiorno (Napoli, Bari, Palermo, Catania, Messina, Reggio Calabria, Cagliari) continuano a perdere popolazione e a non attrarre, a causa della mancanza di lavoro, popolazione. Diventano luoghi dove aumentano le diseguaglianze di reddito e viene sempre di più meno la capacità di inclusione sociale.
Secondo la SVIMEZ occorre rafforzare le strutture nazionali preposte all’attuazione delle politiche per le città, istituendo un soggetto strutturato che abbia capacità di spesa dei fondi europei e di selezione di progetti e attuazione strategica. Serve inoltre un “Programma nazionale per le città” che unisca investimenti infrastrutturali, recupero e bonifica di aree dismesse o sottoutilizzate, interventi di natura fiscale e amministrativa (zone franche, zone economiche speciali, ecc) che attraggano imprese e capitali, con specifico riferimento al Mezzogiorno, capaci di far tornare l’area urbana luogo di opportunità, con attenzione specifica alle caratteristiche del contesto produttivo e sociale, anche con leggi e interventi straordinari, come nel caso di Napoli. Un grande progetto per Napoli dovrebbe basarsi sulla valorizzazione del giacimento di energia geotermica presente nel sottosuolo per attivare il miglioramento energetico degli edifici pubblici e privati, avvantaggiando intere filiere industriali (allevamento, serri coltura, acquacoltura, florovivaismo) oltre a quella di produzione, installazione e gestione degli impianti, così da contrastare l’immagine degradata di cui si è occhiata negli ultimi anni. Serve un “Piano di primo intervento” incentrato sulla rigenerazione urbana promosso dal centro d’intesa con le Regioni capace di riattivare il ciclo economico della riqualificazione edilizia, con la ripresa dell’occupazione; promuovere innovazione tecnologica nello sviluppare tecniche di intervento su edifici da riqualificare; generare innovazione sociale con la partecipazione attiva delle giovani generazioni; stimolare la nascita di nuove imprese per la gestione di aree verdi e urbane riqualificate.
Aree interne
Le aree interne costituiscono un patrimonio territoriale di grandissima rilevanza dal punto di vista ambientale e culturale, come serbatoio di aree agricole, forestali e di risorse idriche. Sono particolarmente diffuse nel Mezzogiorno: dei 13,5 milioni di italiani residenti nelle aree interne il 52% vive nel Mezzogiorno. Secondo il DPS oltre il 74% della popolazione lucana abita nelle aree interne, oltre il 52% della popolazione sarda e siciliana. Secondo la SVIMEZ occorre puntare sulla rigenerazione dei borghi con idonei investimenti e agevolazioni fiscali e contributive, promuovere la creazione di filiere energetiche locali strettamente integrate con il processo di riqualificazione, attraverso anche il coinvolgimento di capitali privati, sostenere una strategia di sviluppo della green economy che unisca il mantenimento degli ecosistemi fluviali, la valorizzazione turistica dei territori, la produzione di servizi agricoli ambientali, affiancando alle indicazioni strategiche una solida visione economica, a iniziare da un programma sovraregionale specifico per l’Appennino.
Logistica
L ‘area euro mediterranea si va configurando come una zona di libero scambio e spazio unico di produzione. Per posizione geografica, porti e tradizione armatoriale, l’Italia può svolgere un ruolo determinante nelle attività logistiche legate agli scambi internazionali. A differenza del Centro-Nord, le aree meridionali negli ultimi anni e’ mancato un disegno di policy dei trasporti e della logistica orientato all’incentivazione degli investimenti di poli logistici retro portuali aderenti ai porti. Occorre quindi secondo la SVIMEZ una vera e propria rivoluzione logistica del sistema produttivo basata sull’incentivazione delle FTL, filiere territoriali logistiche: una rete di imprese, soggetti ed attività economiche appartenenti a una determinata area vasta legate verticalmente e connesse da funzioni logistiche avente per obiettivo l’esportazione, soprattutto su mare, di produzione di eccellenze e i,pirata zio e elaborazione di beni intermedi per la riesportazione di prodotti finiti. La SVIMEZ ha inoltre individuato delle Aree Vaste specifiche nel Mezzogiorno: la Torrese-stabiese-nocerina, la catanese, l’Abruzzo meridionale, il basso Lazio, l’alto casertano, la pugliese, la piana di Sibari e del Metapontino, la Sardegna settentrionale e meridionale. Serve inoltre una riforma di legge strategica delle leggi per i porti e gli interporti così da mettere a sistema le due componenti del sistema logistico nazionale.
Industria culturale
Negli ultimi Rapporti la SVIMEZ ha evidenziato come il patrimonio territoriale e culturale del Mezzogiorno possa diventare componente chiave dello sviluppo del territorio, attraverso la creazione di un’adeguata offerta di strutture, servizi per l’accoglienza a sostegno dei già presenti musei e beni culturali e altre attività che possano spaziare dall’enogastronomia al folclore. Continua però a essere molto diffusa in alcune regioni meridionali la considerazione secondo cui la cultura sia un “lusso” che non produce reddito. Non a caso, secondo un’indagine SVIMEZ svolta sulla base dei Conti Pubblici Territoriali, la spesa in conto capitale nel settore tra il 2000 e il 2011 è crollata al Sud del 47,5%; negli anni di crisi 2007-2011 è discesa ancora fino al -54,7%, con punte di circa il -55% in Campania e Puglia e addirittura -73% in Sicilia.
Il fuoriprogramma
A interrompere il convegno un gruppo di Vigili del Fuoco precari che manifestavano a Montecitorio. Hanno fatto irruzione nella sala dove si svolgeva il convegno protestando contro l’assenza di risposte da parte delle istituzioni. Un fuoriprogramma durato pochi minuti e che ha costretto le forze dell’ordine a intervenire. Poi il convegno è ripreso senza ulteriori intoppi.